Morivano il 12 agosto il poeta inglese William Blake e lo scrittore tedesco Thomas Mann.
Correva l’anno 1827 quando a Londra si spegneva una delle massime voci della poesia anglosassone, nonché pittore e incisore. Figura particolare ed eccentrica – pazzo secondo alcuni, anche per via delle visioni che sosteneva d’avere sin da quando era bambino, oltre che per le sue concezioni estremamente innovative e stravaganti.
Quel 12 agosto, Blake lavorò senza sosta alle illustrazioni dell’Inferno di Dante, dopodiché eseguì un ritratto della moglie e, come si suol raccontare, sarebbe morto cantando inni e poesie, lieto di quel che stava per attenderlo.


Passa più di un secolo e il 12 agosto 1955 viene a mancare uno degli scrittori più importanti del Novecento. Autore di capolavori come I Buddenbrook, Morte a Venezia, Tonio Kröger e La montagna incantata, vinse il Nobel nel 1929. Intellettuale lungimirante, le sue opere sono sempre attente, a volte velatamente, all’impegno storico e politico, malgrado alcuni critici meno accorti vi abbiano preferito vedere dominante il tema dell’omosessualità repressa. Per quanto i biografi si trovino concordi nel confermare l’omosessualità dello scrittore tedesco – che pur fu sposato -, ridurre la sua vasta e imponente opera a questo tema, che appare solo sullo sfondo delle sue creazioni, è fortemente pericoloso. In primis Mann fu uno degli osservatori più minuziosi e critici della sua epoca.
Lasciò il suo paese subito dopo l’avvento del nazismo, vivendo nei Paesi Bassi, in Francia, negli Stati Uniti e da ultimo in Svizzera. Al termine della guerra, il suo nome fu proposto per la Presidenza della Repubblica Federale Tedesca, ma lo scrittore non fece mai più ritorno in Patria.