Nasceva a Buenos Aires, il 24 agosto 1899, il poeta e narratore argentino Jorge Louis Borges.
Borges cominciò la sua carriera letteraria fin dalla prima giovinezza, collaborando con vari giornali avanguardisti e stringendo amicizia con alcuni dei letterati argentini più influenti del suo tempo.
Negli anni Quaranta la sua famiglia dovette affrontare diverse angherie da parte del governo dittatoriale di Perón, che Borges aveva sempre osteggiato, appoggiando invece l’Unión Democratica. Egli spiegava così la sua ostilità al Peronismo:
“Io sono individualista e, in quanto tale, sono stato antiperonista, come sono anticomunista, come sono antifascista.”
Fu solo nel 1955 che egli potette riprendere il lavoro di bibliotecario che aveva dovuto interrompere. Ben presto dovette scontrarsi però con un nuovo nemico: l’ipovisione. Una malattia agli occhi ereditata dal padre unita ad una forte miopia lo resero infatti cieco entro la fine degli anni Sessanta, ma questo non gli impedì di continuare ad essere un autore straordinariamente prolifico.
Nonostante la folta produzione poetica, la sua fama è dovuta essenzialmente al suo lavoro come narratore, saggista e critico letterario. La sua profonda erudizione traspare sia dalle opere di critica (si ricordano in particolare Inquisizioni e Altre inquisizioni ) sia dai racconti, introdotti e farciti spesso di citazioni delle opere più disparate: basti pensare che sulla sua tomba sono incise citazioni da un poema epico anglosassone del X secolo, La battaglia di Maldon, e da una saga leggendaria islandese del XIII secolo, la Saga dei Völsungar.
Borges è famoso per i suoi racconti fantastico-metafisici: il suo è stato definito un “mondo fantastico dominato dalla logica”, caratterizzato dunque dalla contraddizione e dalla polemica. I temi ricorrenti sono il sogno, il labirinto, il tempo, la morte, il doppio, i simboli (si ricorda in particolare lo Zahir). Questa ricchezza di temi e significati si ripercuote anche sul piano linguistico: il linguaggio di Borges è ricco, prezioso, arzigogolato, ma non diventa mai geroglifico e incomprensibile. Scrive di lui la studiosa americana Helena Percas:
“Borges vede nella lingua l’unico mezzo di cui dispone l’uomo per rivelare e fissare la sua verità umana; perciò essa è per lui una costante preoccupazione… Egli vede nella parola il mezzo per carpire e limitare la vaghezza dell’emozione e dell’idea, cioè di darle realtà.”
Borges ottenne in vita numerosissimi riconoscimenti, ma non fu mai insignito del Premio Nobel per la letteratura, nonostante il carattere universale e rivoluzionario della sua opera.