“L’ultimo arrivato”, di Marco Balzano
L’ultimo arrivato di Marco Balzano è un libro che apre un mondo e delle vite, un’opera con una fortissima vitalità in cui si sente scorrere l’anima dei suoi protagonisti, prima fra tutti quella di Ninetto, l’indimenticabile voce narrante.

Ninetto Giacalone si racconta la storia delle sua vita per metà del libro, e passa l’altra metà a vivere quel che ne rimane. Lo incontriamo nel carcere dal quale sta per uscire, scontata la sua pena per un delitto ancora ignoto, e percorriamo insieme a lui gli anni che lo hanno portato a diventare uomo: vediamo per prima cosa il villaggio di San Cono, il papà Rosario e il maestro Vincenzo, Peppino e la miseria cieca che spinge Ninetto a partire, a soli nove anni, per Milano, nome che evoca infinite possibilità.
Ninetto affronta con scanzonato ottimismo le prove che la vita gli pone davanti: sa cavarsela come può solo chi è sempre stato abituato a badare a se stesso, e affronta la vita con una sua personale scala di valori. Prima fra tutti la gelosia, che come lui stesso ammetterà è stata la causa di tutti i suoi mali, e poi l’amore indefinito e incondizionato per la cultura, trasmessogli dal maestro Vincenzo in età scolare e mai lasciato andare, nonostante le avversità: Ninetto ha l’anima di un poeta, e in più punti sembra rendersene conto.
Non mi dilungherò ulteriormente sulla trama: vale la pena di leggere il romanzo per scoprirla. Mi limito a citare, prima di andare avanti, uno dei passaggi che mettono più in luce il rapporto di Ninetto con la cultura e l’istruzione:
“Anche oggi, quando mi capita di conoscere una questione o un argomento sento una soddisfazione che non si può dire. Questo sentimento non tutti lo provano, c’è chi non si interessa di sapere e vive bene con la sua faccia da ignorante. Io invece sono curioso, mi mangio le mani se si parla di cose che non so e godo quando qualcuno mi fa una domanda e conosco la risposta per filo e per segno come un egregio dottore.”
(p. 160)
Lo stile di Balzano riesce ad essere intenso ed evocativo pur senza suonare artificioso, anzi, l’autore predilige un linguaggio semplice e realistico ed è quasi totalmente nascosto dietro il suo personaggio, a cui ha letteralmente dato il soffio vitale. Ninetto è una persona semplice, ha interrotto i suoi studi in terza elementare, eppure l’opera riesce a sembrare realisticamente narrata da lui pur concedendosi poche cadenze dialettali.
Meritano una nota a parte anche i personaggi secondari: tutti, anche chi appare per poco, hanno una personalità ben definita, anche se solo da qualche pennellata. Maddalena, la moglie di Ninetto, ne è l’esempio più lampante: prende corpo perfettamente di pagina in pagina senza cadere in nessuno stereotipo, ed è viva quanto il protagonista, ne è la controparte. Lo stesso si può dire di Rosario, il padre così patetico e vero, del maestro Vincenzo che con tutta la sua cultura non si è mai mosso da San Cono, dei ragazzi cinesi che gestiscono un bar a Milano… si crea a poco a poco l’affresco dell’Italia di oggi, in cui Ninetto non è più l’ultimo arrivato e, a paragone con il presente, la sua epopea passata assume le tinte picaresche di un allegro romanzo d’avventura.
L’ultimo arrivato è un romanzo che parla dell’Italia, del suo passato e del suo futuro; di chi la abita da sempre e di chi deve lottare per conquistarsene un pezzetto: leggetelo, diventerà un classico.
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