5 capolavori poco noti e monumentali della letteratura europea

5 capolavori complessi e monumentali del ‘900 europeo, non conosciuti quanto meritano forse proprio a causa della loro complessità e lunghezza, che rendono la lettura spesso tutt’altro che facile. Eppure, malgrado lo sforzo, o proprio in virtù di esso, sono romanzi grandiosi che andrebbero letti.
Ecco le loro brevi recensioni per farvene un’idea accurata.


Horcynus Orca, Stefano D’Arrigo, 1242 pagine, 1975 (Italia)

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Partiamo subito con l’opera italiana delle cinque: Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo. Un’epopea postmoderna, un romanzo vortice composto in una lingua audace e sperimentale, da parte di un autore tra i più rivoluzionari della letteratura italiana del ‘900; un’Odissea di oltre milleduecento pagine ambientata in una Sicilia epica tra Scilla e Cariddi nel settembre del ’43, nei giorni dell’Armistizio.
Scritto nell’arco di vent’anni e pubblicato nel 1975, da  subito sconvolse la critica: apprezzato da autori del calibro di Primo Levi, Eugenio Montale ed Elio Vittorini da Walter Pedullà fu definito una  “Apocalisse narrativa”.

La morte di Virgilio, Hermann Broch, 546 pagine, 1962 (Austria)

brochHermann Broch, che autori del calibro di Milan Kundera definiscono il proprio maestro, è una delle figure più interessanti e particolari della florida e meravigliosa letteratura austriaca del ‘900. Broch ripercorre le ultime ore di vita di Virgilio, che ormai prossimo alla morte, preda di angosce, ricordi, visioni oniriche, si interroga su cosa fare dell’Eneide. Broch, piuttosto che descrivere le allucinazioni, è capace, con un uso sapiente delle parole, proprio di creare e produrre agli occhi del lettore gli effetti ottici delle allucinazioni che annebbiano la vista di Virgilio moribondo, sovrapponendo il reale e l’irreale in giochi di luci, come bagliori iridescenti che riflettono sulle squame di un pesce. Una lettura complessa, lenta, faticosa, per un’opera suprema.

Migrazioni, Miloš Crnjanski, 1076 pagine, 1929-1962 (Serbia)

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Composto in due parti pubblicate a distanza di oltre trent’anni, Migrazioni è un’opera capitale della letteratura in lingua slava. Un’epopea moderna dal tono lirico ed epico insieme, un affresco complesso di numerosi personaggi che si muovono sul crinale della storia a comporre, come un mosaico, il racconto di un intero popolo: siamo nel XVIII secolo nella Voivodina, una regione serba che all’epoca fungeva da confine tra l’Impero Austro-ungarico e l’Impero Ottomano. La guerra e la pace, la vita e la morte, l’odio e l’amore, si condensano in un romanzo imponente e interminabile.

Giuseppe e i suoi fratelli, Thomas Mann, 2560 pagine, 1933-1943 (Germania)

9788804474159_0_0_1844_75Thomas Mann non ha bisogno di presentazioni, e anzi sembra strano che una sua opera si possa definire ‘sconosciuta’, eppure vero è che tra i tanti capolavori di Mann si pensa piuttosto a I Buddenbrook, a La montagna incantata, a Morte a Venezia, a Tonio Kroger e a Doctor Faustus. La tetralogia di Giuseppe e i suoi fratelli è forse il progetto più ardito e complesso di Mann, che ha richiesto quasi vent’anni all’autore, tra fase di ricerca e stesura. L’opera è magistrale per la minuziosissima ricostruzione sociale e culturale delle popolazioni semitiche. Il soggetto biblico è inquadrato in un contesto storico e geografico preciso e reso umanizzato e affascinante, in una storia ora lenta ora avvincente, scritta in uno stile sublime.

Vita e destino, Vasilij Grossman, 827 pagine, 1980 (Russia)

vitaTerminato nel 1960, confiscato dal regime sovietico perché di esso non rimanesse traccia, sopravvissuto in una seconda copia dattiloscritta sfuggita alla confisca e pubblicato solamente nel 1980. Grossman era infatti un autore pericoloso, quasi quanto Pasternack, secondo le alte gerarchie sovietiche. Vita e destino, secondo le intenzioni del suo autore, doveva essere l’equivalente novecentesco di Guerra e PaceCon le parole di Serena Vitale, l’opera “segue con ottocentesca, tolstojana generosità molteplici destini individuali spostandosi da Stalingrado ai lager sovietici e ai mattatoi nazisti, da Mosca alla provincia russa”, “raccontando la ‘crudele verità’ della guerra, le storie intrecciate di eroi e traditori, automi di partito ed esseri pensanti, delatori, burocrati, intriganti, carnefici, martiri, personaggi fittizi e reali.” Vita e destino è un’opera monumentale della letteratura russa ed europea del ‘900.

Fateci sapere se ne avete già letto o se vi ispira leggerne qualcuno!

Giuseppe Rizzi –

 

 

8 Comments

  1. Ho sentito parlare del primo e dell’ultimo, ma la lunghezza, dico la verità, mi scoraggia. Nè ho compreso dall’articolo quale sia il punto focale di ognuno che possa spingermi a leggerlo. Qual è il cuore di uno di questi romanzi: insegna qualcosa? Cosa dona? Una forma perfetta? Potrebbe lasciarmi indifferente. Il senso di un’epoca? Bah. Un’intuizione preziosa, qualcosa che non scompaia. Per quello sì, potrei rischiare.

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    1. Ciao Antonella, innanzitutto preciso che il senso dell’articolo non è persuadere alla lettura. Insomma, se poi qualcuno di questi romanzi venisse letto per il solo fatto che ne abbia parlato ne sarei lieto, ma non aspiro a tanto. Forse un senso questo articolo neppure ce l’ha, a parte il fatto di voler fare 5 microrecensioni in pillole di opere e suscitare al massimo curiosità. Quindi non saprei e non sarei in grado di dirti perché leggerli o non leggerli come se fosse una prescrizione medica, anche perché dipende tutto da persona a persona: per alcuni possono essere illeggibili e orridi, per altri si leggono in poche ore, non so, ma a prescindere dalla loro importanza intrinseca e oggettiva, la soggettività della percezione personale è legittima e cangiante e io non posso prevederla. Non credo neppure che la lettura di un’opera valga la pena soltanto perché “dona qualcosa” o perché possieda una altezza morale per “insegnare qualcosa”. Neppure credo che i romanzi debbano necessariamente “insegnare qualcosa” quasi che debbano assurgere al ruolo di manuali di vita. Credo soltanto che questi siano grandi romanzi, che in un modo o nell’altro rappresentino dei casi di rilievo nel novecentesco europeo, che si differenzino da qualsiasi altro, che siano monumentali per impostazione, struttura, volume, e che, seppure non letti, valga la pena anche solo sentirli nominare 🙂

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  2. “Horcynus Orca” è il mio proposito di lettura per l’estate, quando mi sarà possibile dedicare tutta la giusta attenzione a un’opera così ampia e complessa.

    P.S. Nemmeno io conoscevo “Giuseppe e i suoi fratelli”, mea culpa 🙂

    P.P.S. Com’è che qui ritrovo con frequenza preoccupante libri che ho appena letto o che ho intenzione di leggere? Sarà un’affinità elettiva… o che le opere degne di essere lette sono troppo poche? 🙂

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  3. l’indicazione di Horcynus orca mi ha fatto venir voglia di rileggere Horcynusn orca che avevo letto nel lontano ‘75 ( sono molto vecchia) con molta fatica e scarsa soddisfazione, ricavandone la convinzione che richiedeva lo stesso impegno dell’Ulisse senza però meritarlo. Proverò a rileggerlo facendomi ispirare da questo commento. A proposito di romanzi lunghi e impegnativi, mi ha sorpreso che nei 100 migliori romanzi italiani non sia compreso Giù la piazza non c’è nessuno di Dolores Prato che potrebbe sostituire L’arte della gioia, secondo me un romanzo sopravvalutato che in alcuni momenti suscita ilarità. Scusate il ritardo dei miei commenti ma vi ho scoperti 3 giorni fa.

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