La politica degli scarafaggi, ovvero come McEwan vede la Brexit

Lo scarafaggio, Ian McEwan
(Einaudi, 2020 – trad. di S. Basso)

9788806245818_0_221_0_75Tutti conoscono, sia anche solo per fama, la storia di Gregor Samsa: Franz Kafka ha narrato la sua metamorfosi da commesso viaggiatore a scarafaggio in uno dei racconti più celebri della letteratura del Novecento. Oltre cent’anni dopo, Ian McEwan dà vita al suo fratello spirituale Jim Sams, nato scarafaggio ma misteriosamente tramutato in un essere umano. Jim però non è un lavoratore di media categoria, non ha una routine da pendolare né lo spirito stacanovista e devoto all’ordine sociale di Gregor Samsa. Jim è il primo ministro inglese: ammanicato con gli intrighi di governo, facile all’ubriacatezza, manipolatore e ipocrita per necessità.

L’incipit dell’ultimo romanzo di McEwan è un’esplicita citazione de Le Metamorfosi, e non solo per il riferimento allo scarafaggio e il nome del protagonista, ma per tutto l’insieme di dinamiche che dà il via all’opera. Gregor e Jim si svegliano entrambi sul loro letto, non riconoscono il proprio corpo e si prendono qualche momento per cercare di comprendere cosa non quadri; poi qualcuno bussa alla porta, il tempo stringe e i due sfortunati protagonisti si fanno in quattro per superare le difficoltà e cercare di andare avanti. Jim impiega però poche pagine per realizzare l’impresa che Gregor non riuscirà mai a portare a termine in tutto il racconto: adattarsi al nuovo corpo e fare di necessità virtù.

Il parallelismo tra Kafka e McEwan termina qui. Dopo aver giocato con un primo rimando a Le Metamorfosi, l’autore prende una strada del tutto diversa, lasciandosi dietro Gregor Samsa e il senso metaforico delle sue vicende per abbracciare uno sviluppo completamente nuovo.

Prima di tutto, l’opera di McEwan mette in scena un’assurda (forse) situazione di fantapolitica. Quando l’anonimo scarafaggio si risveglia nel corpo dell’uomo più potente di Inghilterra, la situazione politica del paese è a un bivio: due forze e due ideologie spingono verso direzioni differenti, bilanciate però dal classico tira e molla delle alte cariche, dal potere dei media e dall’egoismo dei singoli. Prendere una decisione definitiva sembra impossibile, ci sono troppi interessi in gioco, lo stallo è inevitabile. Jim Sams è infatti uno dei massimi esponenti degli Inversionisti, una corrente politico-economica che vuole rivoluzionare il sistema invertendo il flusso di denaro: anziché guadagnare soldi lavorando e poi spenderli per comprare, gli Inversionisti vogliono un mondo in cui si deve pagare per avere un lavoro, per poi guadagnare soldi facendo compere. In altre parole, una follia. Dall’altra parte c’è quella nutrita fetta di esperti e opinionisti che giudica la manovra inversionista un suicidio nazionale, e che vengono quindi bollati con l’etichetta “Cronologisti”.

Lo scarafaggio non parla davvero di un insetto che diventa un uomo, ma di un essere umano che manovra un articolato meccanismo politico per far approvare un sistema economico assurdo, destinato a mandare in rovina l’intera nazione. La metafora animale serve a sottolineare il viscidume di certe iniziative politiche, che perorano cause autolesioniste distorcendone il significato al fine di convincere l’opinione pubblica.

Il parallelismo con la Brexit a questo punto non è solo un’ipotesi. McEwan dedica l’ultimo capitolo a una spiegazione esplicita del senso metaforico del romanzo, come chiusura di una narrazione insieme divertente e angosciante – divertente perché assurda, angosciante perché anche la realtà molto spesso lo è, e la manovra degli Inversionisti forse non è tanto più difficile da credere di quanto non lo fosse un tempo la Brexit.

Alcuni personaggi richiamano in maniera quasi esplicita certe personalità politiche contemporanee, come il popolare presidente americano Archie Tupper, altri invece rappresentano più che altro delle categorie, ingranaggi di un meccanismo politico che permettono al sistema di funzionare sempre allo stesso modo e diventare quindi abbastanza prevedibile da costruirci sopra una parodia. Proprio per questo, alla fine non sono i personaggi a fare la differenza nella storia. Jim e i suoi colleghi sono tratteggiati da un punto di vista caratteriale quel tanto che basta a far funzionare il romanzo. Il vero tema è la Brexit, che non ha avuto bisogno di un insetto antropomorfo per avvenire sul serio, quindi indagare l’anima di Jim è molto meno importante che mettere in scena i meccanismi con cui riesce a cambiare le sorti del paese.

Lo scarafaggio a prima vista sembra quindi un gioco letterario basato sulla reinterpretazione de Le Metamorfosi di Kafka, per poi trasformarsi quasi subito in un altro gioco, molto più attuale, di reinterpretazione in chiave fantastica della politica contemporanea. Certamente McEwan non è stato il primo scrittore ad aver sentito il bisogno di esprimere il proprio punto divista sulla decisione dell’Inghilterra di uscire dall’Unione Europea – se ogni autore è figlio della sua epoca, la Brexit ha segnato uno scossone violento anche nel mondo della letteratura, e non solo quella inglese. Penso a opere come Brexit Blues (Mondadori, 2019) di Marco Varvello o Il taglio (66than2nd) di Anthony Cartwright, ma anche a Middle England (Feltrinelli, 2018), il romanzo in cui Jonathan Coe ha recuperato alcuni dei protagonisti de La banda dei brocchi (Feltrinelli, 2001) e Circolo chiuso (Feltrinelli, 2004) per far loro vivere le tensioni della Brexit.

McEwan però reinterpreta tutto questo in una realtà diversa, metaforica, e quindi potenzialmente universale: Lo scarafaggio non è la rappresentazione di un unico evento storico, ma di un meccanismo perverso che può riproporsi altre mille volte in altrettanti modi diversi. Il messaggio che traspare è fortemente di parte, essendo il riflesso della prospettiva di McEwan sulla Brexit, ma il meccanismo con cui viene raccontato può essere letto da un punto di vista molto più ampio, adattabile a diverse ideologie. È lo specchio di un certo modo di fare politica: squallido, viscido, opportunista, manipolatorio. In altre parole, la politica degli scarafaggi.

Anja Boato

3 Comments

  1. IL mio migliore amico lavora al Museo di Storia Naturale di Londra, geologo di fama mondiale, e adesso ha pure il passaporto inglese. Ma una moglie giapponese sempre col dubbio del visto e adesso pure lui non sa che pensare vista la situazione di crisi durante il lockdown. Una Brexit annunciata e rimandata tante volte ma che tutti gli stranieri sentono come una spada di Damocle sulla propria testa. Inoltre chi ha lavorato a Londra ha constatato che molte industrie e molti servizi sono gestiti da stranierie si chiede come potranno esistere dopo una Brexit tagliagole. Non credo sia bello per una città come Londra, che io ricordo sempre come fulgido esempio multiculturale e multietnica, essere adesso diventata una spina nel fianco. 😐

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