Lettere, sospiri e gonne fruscianti

“Memorie di due giovani spose”, di Honoré de Balzac

I romanzi epistolari hanno un fascino tutto particolare: se sapientemente strutturati, si fanno voce e corpo, sono il più intimo e variegato strumento per trasmettere le molte sfaccettature di storie intime e articolate e permettono di immedesimarsi nei personaggi come nessun’altra forma di scrittura.

Honoré de Balzac non usò quasi mai questo genere: fa eccezione Memorie di due giovani spose, ed effettivamente questo romanzo non avrebbe potuto assumere nessun’altra forma in maniera convincente.

Le due giovani spose del titolo sono Armande Louise de Chalieu, nobile esponente dell’aristocrazia parigina, e Renée de Maucombe, figlia di piccoli possidenti provenzali. Come tutte le giovani per bene dell’epoca, le due ragazze sono state educate in convento (e in convento sarebbero rimaste, se non fosse stato per la dirompenza del carattere di Louise e i piani matrimoniali del padre di Renée) e tra le sue mura hanno stretto un’amicizia indissolubile, che si protrarrà per anni attraverso un fittissimo scambio epistolare.

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Louise a teatro

La vicenda ha inizio proprio nel momento in cui Louise comunica a Renée di essere stata riaccolta in famiglia dopo nove anni passati con le suore carmelitane: fin dalle prime pagine il personaggio della giovane parigina, fantasiosa, impaziente, scaltra e sognatrice, si fa reale e presente, quasi Balzac fosse stato egli stesso una ragazza di diciotto anni in procinto di gustare per la prima volta i piaceri della libertà. Louise si prepara ad assalire la vita come un condottiero che attacca una fortezza: passa in rassegna le sue armi – un bel viso, un bel corpo, uno sguardo pungente -, i suoi avversari, il campo di battaglia, le prede. La grande aspettativa è ovviamente l’amore: come sarà questo sentimento di cui tanto ha favoleggiato con la sua amica? Louise è soprattutto e profondamente preoccupata che disattenda le sue aspettative, e lo resterà per tutto il romanzo.

 

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Renée con i suoi figli

La risposta di Renée arriva dopo qualche pagina, ed è impossibile non accorgersi che è un’altra persona che scrive: Louise è tanto spontanea, sincera e ardente quanto Renée è calma, calcolatrice e riflessiva: per lei, il destino ha ben altro in serbo che i fasti e le speranze dell’amica. La sua unica alternativa alla vita claustrale è il matrimonio con un uomo che ha il doppio della sua età, brutto e privo di spirito. Renée riflette, sospira sui sogni della sua giovinezza e poi, senza drammi, acconsente. Il suo consenso non è tuttavia l’atto di sottomissione di una ragazza senza forza di volontà, ma una scelta ragionata e consapevole: Renée è profondamente realista, sa che non può sovvertire l’ordine delle cose che è stato deciso per lei, e invece di abbracciare il suo destino come una croce, lo coglie come una opportunità. Visita la bastide di cui diventerà signora dopo il matrimonio, pianifica i cambiamenti che vi apporterà, si assicura di riuscire ad avere una presa ben salda sul marito e di guadagnarsi la sua fiducia.

Da questo accordo iniziale la storia si dirama in maniera piuttosto prevedibile: i personaggi non subiscono grandi mutamenti e si comportano esattamente nella maniera in cui ci si aspetterebbe che si comportino in ogni punto della trama: non ci sono cambiamenti o redenzioni dell’ultimo minuto, e questo è uno degli aspetti che rende Renée e Louise così diverse dalle Elinor e Marianne di Ragione e sentimento di Jane Austen, eroine a cui è impossibile non pensare nel leggere questo romanzo.

 

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Louise e il suo primo marito Felipe

Lettera dopo lettera, impotenti, assistiamo all’autodistruzione di Louise, che ama appassionatamente la sua idea dell’amore e distrugge tutto quello con cui ha a che fare con lucida follia, e parallelamente vediamo Renée diventare una matriarca dolce e ferma, il pilastro di una famiglia che le ruota intorno e che lei conduce discretamente verso il successo – discretamente perché, osserva, è importante che il suo fatuo marito abbia sempre la sensazione di essere padrone delle proprie decisioni.

 

La prosa deliziosa di Balzac descrive con minuzia la vita parigina in cui è immersa Louise prima e la sua estasi d’amore poi, apre un velo nella vita di Renée e dei suoi figli e trasmette una sensazione di pace e tranquillità.

Quel che ci si comincia a chiedere con sempre maggiore insistenza, leggendo, è: ma qual è la morale della favola, il modo giusto di vivere? Quello di Louise o quello di Renée? L’interrogativo è tanto più interessante in quanto, a differenza che la Austen in Ragione e sentimento, Balzac non sembra avere egli stesso la risposta a tale domanda, che resta dunque aperta alla fine e che potrebbe quasi richiamarsi all’atavico: meglio una vita lunga e tranquilla o una breve gloriosa?

Renée stessa se lo chiede in una delle lettere, e conclude dicendo che probabilmente hanno ragione e torto entrambe, lei e Louise, come due facce inestricabili di una stessa medaglia: il dovere oculato e conservatore l’una, la fantasia cieca e caparbia l’altra. D’altra parte, nonostante l’imparzialità che caratterizza il romanzo, Balzac scrisse in una lettera a George Sand, a cui l’opera è dedicata: “Preferirei essere ucciso da Louise che vivere a lungo con Renée.” Indubbiamente Louise è ben più attraente di Renée, per un uomo: porta in sé il gusto del rischio, del dominio, del destino. Non c’è da sorprendersi che lo scrittore avrebbe dunque preferito stare con la prima. Ma quale delle due sarebbe meglio essere? A questa domanda, forse, solo Jane Austen avrebbe potuto rispondere con la sicurezza con cui l’ha fatto.

 

Nota: le illustrazioni sono opera di Tony Johannot (1803-1852), illustratore della Commedia Umana.

 

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