Il mistero della Pasqua nella letteratura

[…]Crocifissa ai raggi ultimi è l’ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.
da Elegia pasquale, di Andrea Zanzotto (1973)

La festa di Pasqua è ben più antica e multiforme del Natale, ed è anche meno facile da comprendere e interiorizzare.

Cuore, in modo diverso, non solo della religione cattolica, ma anche di quella ebraica, non ha pertanto mancato di affascinare scrittori e poeti di ogni epoca, credenti e non, che si sono cimentati in maniere del tutto differenti fra loro e per questo interessanti con rielaborazioni della vicenda biblica e dei sentimenti che essa provoca.

Il sentimento che sembra accomunare credenti e non credenti nei diversi approcci al tema che ci accingiamo a prendere in esame è un generale sgomento davanti al paradosso della violenza necessaria per giungere alla redenzione.

Mauriac-3Interessante è il caso del premio Nobel François Mauriac (1885-1970), di padre agnostico edi madre cattolica, che dedicò diversi saggi ai problemi psicologici del credente (si ricordi, ad esempio, Sofferenza e gioia del cristiano (1931)) e fu autore del saggio dottrinale Giovedì santo (1931) e dell’opera Vita di Gesù (1936).
Quest’ultimo lavoro riveste una particolare importanza in quanto si tratta della prima Vita di Gesù redatta non sotto forma di indagine storica né come dottrinale manuale di pietà, ma come narrazione pura e semplice della vita stessa: con tutto il fervore di un credente convinto, Mauriac tratteggia i ritratti di tutti i personaggi che circondano Gesù Cristo, soffermandosi in particolare sulla settimana della Passione; ne indovina le paure, i sentimenti, le esitazioni, li rende più umani che mai.

Scrive Carlo Bo nell’introduzione all’edizione italiana del 1975:

“Il compito che si prefigge è questo, di non strapparlo all’ombra che limita il nostro quotidiano, di non vederlo né come Dio né come un cuore santo ma – caso mai – di vederlo come un nostro sosia dotato del segreto della verità, carico di un dato di carità che sa trasformare il “nodo di vipere” che rappresenta il cuore dell’uomo in offerta, in amore, in segno di partecipazione.”

 Il lavoro di Mauriac presenta interessanti analogie (e altrettanto profonde differenze) con l’opera di un altro premio Nobel, il portoghese José Saramago (1922 – 2010), ateo e autore de Il vangelo secondo Gesù Cristo (1991), romanzo fortemente criticato dal clero, al punto da essere rimosso, nel 1992, sotto pressione del governo portoghese, dalla lista dei candidati per il premio Aristeion.

Come in Mauriac, il Gesù Cristo di Saramago è descritto come un uomo simile a tutti gli altri, tuttavia secondo l’autore portoghese egli non è portatore dalla nascita di una verità trascendente, ma apprende quella verità attraverso varie prove e tramite il travagliato rapporto con un Dio distante e terribile, le cui scelte sono imperscrutabili e spesso incomprensibili e che non è poi così chiaramente distinto dal Diavolo.

In Saramago, Gesù è nato come tutti i bambini da un rapporto carnale, compie esperienze comuni, l’incontri con il divino sono sommessi e inseriti in un’acuta ricostruzione della quotidianità della Giudea dell’epoca. Anche la prosa si adegua a questa situazione, facendosi solenne, polverosa e realistica, sempre gestita da un sapiente narratore onnisciente che sa quando dispensare al lettore un chiarimento o un’anticipazione.

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José Saramago e Andrea Zanzotto (destra)

Vedere Andrea Zanzotto (1921 – 2011) e Saramago che discorrono nella foto ci fornisce un’ulteriore motivazione per accostare la figura del romanziere portoghese a quella del poeta italiano. Così come Saramago, anche Zanzotto ebbe con la religione un rapporto tormentato e conflittuale: di padre e madre cattolici e praticanti, profondo conoscitore della Bibbia, ha sempre criticato aspramente la Chiesa e tuttavia la sua opera e la sua persona restano pervasi di una religiosità privata e fuori dal coro, come spiega il giornalista Marzio Breda in un’intervista al Corriere del Veneto di poco successiva alla morte del poeta.

Esempio di questo approccio innovativo e personale alla religione è proprio la raccolta Pasque (1973), da cui è tratta la strofa che apre l’articolo.

Chiudiamo invece questa breve analisi con un componimento di tono più sommesso e leggero, del crepuscolare Guido Gozzano, laico, eppure autore di alcune famose poesie a tema religioso.

A festoni la grigia parietaria
come una bimba gracile s’affaccia
ai muri della casa centenaria.
Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
spietatamente, con tenaci braccia.
Quand’ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l’antica pia favola dell’ovo.
Pasqua, di Guido Gozzano

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