L’incredibile vicenda di Riccardo Bruni, proveniente dal mondo del self-publishing e fresco candidato al Premio Strega, merita davvero d’essere raccontata.
Classe 1973, di Orbetello, nel grossetano, è stato presentato alla LXX edizione del prestigioso Premio dal noto romanziere Giancarlo de Cataldo e dal giornalista e scrittore Roberto Ippolito. Dal 2010, anno in cui ha vinto il concorso “Io Scrittore”, s’è dimostrato un pioniere del self-publishing.
Classe 1973, di Orbetello, nel grossetano, è stato presentato alla LXX edizione del prestigioso Premio dal noto romanziere Giancarlo de Cataldo e dal giornalista e scrittore Roberto Ippolito. Dal 2010, anno in cui ha vinto il concorso “Io Scrittore”, s’è dimostrato un pioniere del self-publishing.
Quando abbiamo provato a contattarlo, ci aspettavamo la risposta di chi, a seguito di una notizia travolgente, è preso da un mare di impegni, ringrazia e declina, o rimanda.E invece ci siamo trovati di fronte una persona umile e cordiale, disponibilissima ed entusiasta a parlare con noi.
1. Allora, Riccardo, innanzitutto i nostri sinceri auguri e sentiti complementi per questa bella e prestigiosa soddisfazione. Quando hai ricevuto la notizia? Sapevi che gli Amici della Domenica ti stavano prendendo in considerazione oppure è stato un fulmine a ciel sereno?
Non ne sapevo assolutamente niente. Mi ha chiamato Alessandra Tavella, la responsabile di Amazon Publishing, e mi ha detto: “Riccardo, mettiti seduto che devo darti una notizia”. C’è voluto un po’ per rialzarsi.
2. Quale effetto si prova nel balzare dal self-publishing al Premio Strega? Ma soprattutto, com’è la vita di un autore che si ‘mette in proprio’ e fa tutto da sé?
Per quanto riguarda il Premio Strega, è un evento che sei sempre abituato a seguire dall’esterno, commentando i libri presentati, quanti e quali hai letto, cosa ne pensi, chi vince e via dicendo. Trovartici dentro è una sensazione pazzesca. Soprattutto per un outsider come me, che viene dal mondo delle produzioni indipendenti. Sfatiamo un mito, però, non è detto che un self-publisher faccia tutto da solo. Anzi, è assolutamente sconsigliabile farlo. Pubblicare come self non vuol dire pubblicare senza editore, vuol dire essere editore di sé stessi. La pubblicazione è soltanto un passaggio, che con il digitale è reso molto più facile, ma prima di arrivare a questa fase devi garantire al tuo lavoro la stessa cura editoriale che avrebbe avuto in un ambiente tradizionale. E diventa fondamentale, quindi, avvalersi della sensibilità e del punto di vista di altri, magari un gruppo di beta reader o un editor freelance o, meglio ancora, entrambi.

3. Eppure l’auto-pubblicazione è spesso giudicata male: viene associata a mediocrità, mancanza di talento ecc, mentre magari alle spalle nasconde non solo o necessariamente una serie di rifiuti editoriali, che rendono il self-publishing l’unica opportunità per un esordiente, ma sempre più spesso una strategia per aggirare le logiche dell’editoria classica. In entrambi i casi è una scelta che dimostra coraggio e voglia di perseguire tenacemente i propri obiettivi.
La possibilità di produrre il proprio lavoro cambia prima di tutto l’atteggiamento di chi scrive verso la pagina bianca. Nel senso che hai la consapevolezza che se il tuo lavoro diventerà un libro, e altre persone lo leggeranno, dipende soltanto da te. Non più da uno sconosciuto che lo valuterà, magari leggendone soltanto poche pagine, e che ne deciderà il futuro: dipende dal tuo impegno, dalla tua capacità di arrivare in fondo anche grazie ai collaboratori che ti sceglierai. Ti siedi in cabina di regia. E come avviene in altri campi, per esempio nel cinema indipendente, ci sono molte cose interessanti che nascono in questo modo, tanto che alcune di queste vengono poi riprese proprio dagli editori, che ormai hanno imparato a seguire con attenzione quello che avviene nell’ambiente dei self. Poi, è chiaro, in giro trovi un sacco di spazzatura, ma quella c’è anche nei cataloghi degli editori: in questo, il mondo del self-publishing non è così diverso da quello dell’editoria tradizionale.
4. Credi che la tua presenza nella rosa dei candidati possa rivoluzionare l’idea comune che si ha del self-publishig? Insomma, la scelta dello Strega pare ‘legittimare’ questa realtà, privarla della sua cattiva nomea e elevarla a rango superiore; in qualche modo vi conferisce la stessa importanza di una grossa casa editrice.
Non credo che il mondo del self-publishing abbia bisogno di una legittimazione esterna, sarebbe un po’ un controsenso. Precisiamo una cosa importante, però, ho lavorato come self publisher e la considero una prospettiva sempre aperta per altri progetti futuri, ma il mio libro presentato allo Strega da Roberto Ippolito e Giancarlo De Cataldo non è un libro autopubblicato. È un libro che ha un editore, Amazon Publishing, che con i suoi editor e il suo team si è preso cura del mio romanzo e ne ha fatto un libro. In Usa Amazon Publishing esiste già da qualche anno, mentre in Italia ha pubblicato i primi libri a dicembre. E il mio era tra questi.
5. Ecco allora parliamo del tuo romanzo, La notte delle falene: un noir che racconta di Alice, uccisa in un bosco, e del suo fidanzato Enrico, che a distanza di dieci anni dall’omicidio ritorna in quei luoghi e si trova a fare i conti con un passato ancora vivo.
Fondamentalmente è una storia che riguarda il nostro rapporto con i segreti e il modo in cui questi finiscono per decidere la nostra vita. Ci illudiamo di poterli avere, alla fine invece sono loro ad avere noi. Nella mia storia ogni personaggio ha i suoi di segreti, e in un certo senso ognuno di loro ci è come rimasto incastrato dentro per dieci anni, finché cioè un ritrovamento fortuito consentirà di portare alla luce una verità rimasta nascosta per tutto quel tempo.
6. Cosa credi che abbia colpito del tuo romanzo gente del calibro di De Cataldo e Ippolito? E a proposito, li hai già sentiti?
Diciamo che non riuscirò mai a ringraziarli abbastanza per avermi regalato questo momento. Un giallo, per quanto mi riguarda, funziona quando inizi a leggerlo e non puoi più staccarti finché non lo hai finito. Se per loro è successo davvero questo, per me è già un riconoscimento strepitoso.
7. In chiusura: cosa ti aspetti da questa esperienza? Sicuramente ora le case editrici medio-grandi potrebbero prenderti in considerazione.
Cerco di godermi il momento senza fare troppi programmi. Il bello di quando scrivi libri è che ogni volta si ricomincia da capo e non puoi sapere cosa succederà alla fine. Di certo, però, con Amazon si è aperto un percorso che spero vada avanti. Credo nel loro progetto editoriale e me ne sento parte.
8. E infine, che consiglio ti senti di dare agli esordienti che in qualche modo vedono nel tuo esempio un motivo di speranza?
Dare consigli è una responsabilità enorme, però parto da un principio: i libri sono scritti per essere letti e condivisi. È importante rapportarsi con un editore e, quando avviene, imparare quanto è possibile imparare anche da un rifiuto. Ma se hai scritto una storia in cui credi sul serio, non lasciare che prenda polvere in qualche scaffale nell’attesa che qualcun altro decida per te. Ci sono sempre persone che potrebbero trovarla interessante, e tu hai gli strumenti per arrivare a loro. Cerca solo di farlo nel miglior modo di cui sei capace, perché è prima di tutto alla tua storia che lo devi. Poi, tutto può succedere.
Grazie, Riccardo. Il nostro in bocca al lupo per la tua esperienza al Premio Strega e per la tua carriera!
Nota: foto dell’autore: Marco Arienti.
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