Ho letto il primo romanzo del ciclo dell’Amica geniale di Elena Ferrante quasi tre anni fa. Non avevo mai sentito nominare l’autrice prima di ricevere il primo volume in regalo né ero a conoscenza del mistero che circondava la sua identità. Ho cominciato a leggere senza sapere cosa aspettarmi, ho amato le parole che avevo sotto gli occhi e il modo in cui erano intrecciate sulla carta, la limpida trasparenza con cui lasciavano intravedere la vita palpitante sotto di esse. Ho aspettato intervalli più o meno regolari per leggere i volumi successivi: i prezzi dei cartacei e/o non sono precisamente accessibili, e poi attendere accresceva la sensazione festosa che provavo quando avevo tra le mani il libro successivo, pronto ad essere divorato.
Ovviamente, mi sono interrogata spesso su chi avesse scritto le parole che mi tenevano incatenata al libro, specie quando la prosa si faceva così appassionata da lasciare intravedere uno sfondo quasi autobiografico. Mi chiedevo chi fosse davvero Elena Ferrante con lo stesso spirito con il quale, anni fa, mi chiedevo se fosse davvero Babbo Natale a consegnarmi i regali il 25 dicembre: la questione mi interessava e suggestionava, ma, tutto sommato, quel che davvero mi rendeva felice era ricevere i miei doni o, nel caso presente, leggere la storia di Elena e Lila, dunque smettevo presto di pensarci.
Non so chi abbia scritto quelle pagine, ma le sue parole hanno toccato qualcosa nel profondo del mio cuore e mi sento irrazionalmente legata alla sua persona. Per questo, leggere le polemiche e i dibattiti di questi giorni riguardo la vera identità della Ferrante mi ha fatto arrabbiare come se sotto attacco ci fosse uno dei miei migliori amici. Ho seguito il duello a base di post su blog, articoli di giornale e dubbie dichiarazioni su Twitter che è seguito alla pubblicazione dell’indagine del Sole 24 Ore. Per i sostenitori della Ferrante, il lungo articolo offre più di un motivo di indignazione, in primis, come è stato puntualizzato dalla stessa casa editrice e/o, lo scarso interesse mostrato dal giornale verso l’opera della Ferrante rispetto al morboso interesse dimostrato verso il suo nome e cognome.
Tuttavia, quello che più mi amareggia riguardo la pretesa che Elena Ferrante smetta di celare la sua identità e si riveli al mondo è il fatto che, sostanzialmente, le si sta chiedendo di smettere di vivere nel modo in cui lei ha scelto e di adeguarsi ad un sistema di regole non scritte ma severissime che, a quanto pare, neanche colei che è stata definita l’italiana più famosa al mondo può permettersi di infrangere.
Il caso della Ferrante è la triste conferma che vivere una vita di scelte originali e consapevoli nel nostro mondo è un’utopia sempre più difficile. Una scelta individuale fuori dagli schemi è diventata improvvisamente un caso mondiale, portando anche a risultati del tutto opposti a quelli sperati dall’autrice quando ha scelto di mantenere l’anonimato: il suo obiettivo era lasciare che fosse la sua opera a parlare per lei in modo da poter essere giudicata solo in base alle sue parole, invece mi capita spesso di incontrare gente che decide di leggere Elena Ferrante perché va di moda o ancora di non leggerla perché va troppo di moda, quindi deve far per forza schifo.
A Elena Ferrante, che sia una donna, un uomo, un collettivo di scrittori o una intelligenza artificiale va tutta la mia solidarietà e la mia ammirazione. Non penso che la scelta di nascondere la propria identità la renda in sé migliore di altri scrittori, ma di certo la perseveranza nel portare avanti la sua decisione fa di lei una vera sovversiva: d’altra parte, da che letteratura esiste, le Elena lo sono sempre un po’ state.
È veramente un segno di poca intelligenza questo, scatenare tutto questo senza avere il minimo rispetto per la persona di cui si sta parlando. Sono sue scelte, suoi modi di vivere, non capisco perchè si debba giudicare o si debba voler sapere a tutti i costi cose che non sono neanche poi così necessarie, non stiamo parlando di come risolvere la pace del mondo, ma dell’identità di una persona che vuole rimanere anonima. La gente ha dimenticato cosa siano il rispetto e la priorità!
"Mi piace"Piace a 2 people
Condivido tutto quello che hai scritto. Sembra incredibile che una persona che ama scrivere e pubblicare non possa oggigiorno avere diritto ad una piena e completa privacy, non si tratta mica di un attore o di un politico che devono per forza mettersi in mostra, relazionarsi in modo continuo e diretto con la gente. Queste cose proprio non le capisco, credo dipenda da una curiosità morbosa e quindi malata delle persone, che si irritano se non possono conoscere a fondo i dettagli fisici e/o privati del loro beniamino. Se a me piace come scrive qualcuno (anche nei blog, per fare un altro esempio), non per forza smanio dalla voglia di sapere quale sia la sua vera identità, il suo vero nome, cognome o la sua faccia. Anzi, quelli che continuano a postare nel blog la foto di se stessi alla fine mi irritano, perché sono i contenuti che mi interessano, non di certo le apparenze esteriori.
"Mi piace"Piace a 2 people