“Tutta la forza del mondo” nei versi di Franca Mancinelli

Tutti gli occhi che ho aperto, Franca Mancinelli
(Marcos y Marcos, 2020)

Dare voce a una forma di esistenza altra da sé restando fedeli alla propria idea e pratica di scrittura è un’operazione fra le più complesse che possano esserci in poesia. Tutti gli occhi che ho aperto, l’ultimo libro di poesia di Franca Mancinelli pubblicato da Marcos y Marcos nella collana Le Ali diretta da Fabio Pusterla, appare interamente incentrato su questo processo creativo che è più vicino alla metamorfosi che all’immedesimazione: attraverso le potenzialità ascetiche della poesia, Mancinelli è capace di rinunciare profondamente a sé stessa, di mettere da parte l’io, accogliendo il mondo dentro di sé e facendo del suo corpo scrivente un medium per gli alberi, i corsi d’acqua, le pietre, il vento, le cose inanimate, ma anche i migranti bloccati lungo la via balcanica, le persone incontrate nella vita di tutti giorni e i grandi artisti quali Van Gogh e Franco Loi.

«Ramifico secondo la luce
alberi maestri
a spalancarmi il petto
con la forza che viene da un seme.»

Il libro è diviso in otto sezioni, a loro volta formate da sequenze di componimenti in versi nella prima parte, e di prose nella seconda, attraverso quella forma di dialogo per frammenti che l’autrice ha sviluppato negli ultimi anni e in particolare a partire da Libretto di transito (Amos Edizioni, 2018). La coesione dell’opera è assicurata dalla scelta concettuale di rappresentare lo sguardo degli elementi e dei soggetti più fragili, le cui esistenze si annidano nei margini, sotto il rischio continuo di dissoluzione, di silenzio e di scomparsa; ma questa apertura dello sguardo, immagine che dà il titolo all’opera e che è tratta da un verso presente nella raccolta, è in realtà doppia, in quanto coinvolge sia chi o cosa parla attraverso la scrittura dell’autrice, sia il lettore che ascolta e vede per la prima volta frammenti di vite e di mondi fino a quel momento inesistenti.

«Tutti gli occhi che ho aperto
sono i rami che ho perso.»

La nostra esistenza dopotutto, per dirla con il John Berger di Ways of Seeing, dipende dallo sguardo dell’altro, che ci rende parte del mondo visibile. La poesia di Franca Mancinelli si fonde interamente su questa necessità tangibile di entrare in contatto con noi stessi stessi e con il mondo che ci circonda: l’autrice sa bene di essere semplicemente una parte del tutto, sia in quanto essere umano che cerca di vivere in armonia con gli elementi naturali, sia come scrittrice, le cui poesie iniziano sempre con una parola a lettera minuscola, e si chiudono lasciando il senso in sospeso, come se fossero inserite all’interno di un discorso ben più ampio che ha radici antiche, risale alla nascita del linguaggio stesso e della nostra specie, e che si tenta di riprendere e di continuare.

« – stanno ancora tessendo.
salda il filo respiro

e accogli tutti i colpi
di un cuore armàti»

Sebbene non siano presenti dei nuclei tematici ben precisi, l’elemento narrativo viene comunque sviluppato attraverso la successione di scene dal carattere fortemente cinematico: in ogni verso c’è qualcosa che accade in senso visivo, c’è un corpo, un elemento o una cosa che compie un’azione, è in movimento, tendente verso qualcosa di non ben definito che tuttavia genera una tensione costante. Tutto ciò è reso possibile da un linguaggio rigoroso nel diffondere chiarezza e conferire risonanza alle visioni evocate: è evidente che ogni parola scelta dall’autrice sia stata ben interiorizzata nel suo significato profondo. C’è dunque, nei termini espressi da Francis Ponge, una sensibilità che non è solo esterna, ovvero nei confronti del mondo esteriore, ma anche interna, rivolta verso il mezzo espressivo del linguaggio e delle parole.

«Tutta la forza del mondo
non sposta un raggio di luce»

La poesia di Franca Mancinelli è fatta di ritmo e di respiro interiore, è rivolta all’ascolto della voce originaria di ogni cosa, in uno stato profondo di percezioni a cui si può giungere solo sconfinando, allontanandosi dalle proprie radici, diventando altro da sé, stranieri di ogni terra, apolidi delle nostre più ferree convinzioni.

Emmanuel Di Tommaso

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