“Pomodori rosso sangue”, un’esperienza politica

Pomodori rosso sangue, Diletta Bellotti
(Nottetempo, 2024)

Pomodori rosso sangue è il titolo del libro, ma anche quello di una campagna di informazione e sensibilizzazione sul tema del caporalato in Italia, realizzata dalla stessa Bellotti, di cui il libro potremmo dire costituisce un punto di sintesi, una sutura, ma non un punto di arrivo; l’auspicio è che sia un ulteriore passo in avanti, possibilmente il primo di molti. Nato dall’esperienza dell’autrice presso Borgo Mezzanone, ‘insediamento informale’ di persone migranti, impiegate in gran numero nel lavoro dei campi, diventa anche il diario di un’esperienza politica. Intendo qui politica come atto politico consapevole nel senso ‘classico’ del termine, e in senso lato come modus vivendi; nella ferma convinzione, condivisa dall’autrice, che tutto ciò che facciamo sia politica, nulla sia neutro.

Penso che il pregio del testo di Bellotti sia questo: la sintesi, l’aver provato, in piccolo, a ricomporre l’unità di un’esperienza. A mettere insieme i puntini, gli interrogativi, ma anche i tasselli piccoli e grandi che possono avvicinare una persona a un quadro che non le è familiare, a uscire dal suo giardino e interfacciarsi con la differenza. Un esercizio necessario a guarire il mondo, o meglio: a lenire le ferite collettive di un presente che va a fuoco sotto i nostri occhi, su tutti i fronti, continuamente.

In ordine non del tutto lineare, l’autrice ripercorre le ragioni che l’hanno spinta a interessarsi al tema, ne traccia una storia parziale e limitata all’Italia dagli anni ’50 del Ventesimo secolo in poi, cita lo (scarso) dibattito pubblico che c’è stato a riguardo negli ultimi anni, ne abbozza un’analisi da un punto di vista sociologico accostandolo ad altre battaglie vicine e simili, racconta del suo avvicinamento all’attivismo, del soggiorno in quella che a tutti gli effetti è una baraccopoli nei pressi di Foggia, delle persone che ha conosciuto lì, di quello che si sono dette, di timori, riflessioni, paure, di rabbia e tristezza, perdite.

Bellotti mette i suoi studi al servizio della militanza, e fornisce in questo libro lessico, coordinate e fonti bibliografiche di base per chi vuole informarsi su caporalato e giustizia sociale, toccando anche, nella ricomposizione del quadro, femminismo intersezionale, migrazioni, economia, movimenti sociali. Trovo interessante la scelta di accostare alle fonti il racconto, a tratti narrativamente e stilisticamente anche felice, della propria esperienza: sfuggendo alla forma, più austera, del saggio, riesce più facilmente a creare quel ponte di empatia e comprensione di cui si necessita per uscire dal recinto del proprio io, specie se si tratta di un io occidentale e privilegiato.

La narrazione ne beneficia in autenticità, liberandosi di un certo tipo di performatività, il che è per certi versi a sua volta una scelta politica. Senza orpelli e senza retorica, Bellotti rende visibili gli ‘invisibilizzati’, portandoli nelle pagine o nelle piazze, provando a insinuare il seme del dubbio nella persona che ogni giorno mette nel suo carrello della spesa una confezione di plastica piena di pomodori, e nella maggior parte dei casi non vede la campagna, la terra, chi la abita e chi la lavora, in una costante delocalizzazione delle cose, della polvere sotto al tappeto, che si riflette anche su scala globale, ad esempio nella produzione di vestiario.

Pomodori rosso sangue visualizza un Made in Italy, orgoglio nazionale, in realtà basato sullo sfruttamento sistemico; ci costringe a vedere una realtà che altrimenti, forse, scorgeremmo solo di sfuggita dai finestrini di un treno o di un’auto. Per alcuni potrebbe essere, per citare il primo capitolo di Bellotti, che a sua volta cita Simone Weil, una prima radice; per chi, invece, ha già fatto esperienza di attivismo, militanza o di politica ‘dal basso’, potrebbe essere un ripasso, un’aggiunta di tasselli al proprio quadro, e un arricchimento umano.

La cura collettiva è l’unica cosa che si avvicina alla consolazione […]’. Lottare significa questo: saper guarire. Decidere dove guardare e cosa proteggere. Scegliere dove posare il proprio sguardo, cosa ha significato e cosa no, per noi, personalmente. Per quello che siamo, per dove ci posizioniamo nel mondo; con quale anima e con quale spada. (p.116)

Alessia Angelini

(Immagine di copertina di ZEUS THE CREATOR : https://www.pexels.com/it-it/foto/campagna-agricoltura-agricoltori-nigeria-14314165/)

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