Amore a prima vista – Wisława Szymborska
(Adelphi)
Del nuovo libro firmato Wisława Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, si parla ancora poco. Dopotutto è uscito da poco meno di un mese e non ha inediti della poetessa polacca morta nel 2012, costituendosi solo come una raccolta con un filo conduttore ben preciso.
Eppure, Amore a prima vista, curato nell’edizione italiana Adelphi da Pietro Marchesani, è un compendio indispensabile per tutti gli amanti di questa autrice eclettica e per chi volesse in una sola opera assaggiarne la lingua e i contenuti più pregnanti.
I componimenti della Szymborska, infatti, non sempre descrivono l’amore in maniera diretta. A volte delle perifrasi lasciano intuire la vera natura di certi versi, altre volte è un’atmosfera ironica e leggera che accompagna i rapporti più intensi, e così l’idea che ha la scrittrice di un tale sentimento rimane a tratti sospesa ed ermetica.
Questa pubblicazione ha, pertanto, lo scopo preciso di raccogliere ogni pensiero dedicato alla passione umana per eccellenza, che sia nominata in forma diretta o indiretta e che si tratti di poesie recenti o datate già da qualche decennio, lunghe intere pagine o essenziali e costituite solo da un paio di parole.
Così, questo percorso con testo originale a fronte propone un vero e proprio viaggio alla scoperta di stati d’animo dalle numerose sfaccettature, di domande aperte che non sempre trovano risposta, di toni ora nostalgici e ora distaccati, di assonanze ora semplici e ora ricercatissime. Da un lato scrive con commozione che “Non c’è giorno che ritorni, / non due notti uguali uguali, / né due baci somiglianti, / né due sguardi tali e quali“, dall’altro riferendosi a due amanti felici esclama: “Sentite come ridono – è un insulto“.
Il suo sguardo diretto e spontaneo sulle manifestazioni dell’amore la rende dunque affascinante da scoprire, insolita da leggere, piacevole da considerare come compagna di sensazioni e di spunti, a maggior ragione se si tiene a mente che la sua produzione ci è contemporaneamente familiare – considerata la sua origine europea – ed estranea, dato che la Polonia è stata a lungo sotto l’influenza della cultura russa e sovietica e che l’Occidente non sempre ha fornito il background culturale e le fonti di ispirazione più immediate per chi si è formato nel Paese.
Ne risulta una lettura doppiamente sorprendente, per la prospettiva adottata e per le osservazioni proposte, che diventa ancora più preziosa poiché tutta volta a sventrare una pulsione fra le più misteriose e preponderanti dell’esistenza.
Va sottolineato, comunque, che la sua tendenza alla colloqualità viene spesso mitigata da un panorama che in certi casi diventa oscuro, grave, sofferto da tollerare – e che rappresenta inevitabilmente l’altra faccia della medaglia. Di conseguenza, l’opera non risulta affatto superficiale o fine a sé stessa, anzi: aiuta a scoprire nuove accezioni dell’amore e a considerarle coesistenti in una maniera talvolta impensabile.
Ne è un emblema questo passo di Opera buffa: “Passerà il nostro amore, / e poi cento e altri cent’anni, / poi saremo ricongiunti: / commedianti lui e lei, / e del pubblico gli amati, / finiremo sulla scena“. Agrodolce, mite e straziante insieme, impossibile da passare inosservato e destinato a rimanere impresso nella memoria appena dopo essere stato letto, così come il resto della raccolta.
Eva Luna Mascolino