Nostra Signora dei Sullivan, Gianfranco Mammi
(Nutrimenti, 2021)
In una cittadina qualunque dell’entroterra statunitense, un uomo comune, senza particolari passioni o talenti, compie la singolare impresa di morire più volte e in modi sempre diversi. Prima che iniziassero ad ammassarsi le sue salme nel cimitero cittadino, Sullivan era una persona insignificante, giudicata con sufficienza dagli abitanti della sua triste città. Non lavorava, non aveva (quasi) famiglia, non partecipava a nessuna attività comunitaria. Eppure, il miracolo del suo corpo defunto che torna a più riprese nell’obitorio diventa il motore scatenante di uno stravolgimento culturale e religioso che fa venire a galla il meglio e il peggio di tutti gli abitanti della cittadina. In una narrazione che progredisce lentamente, Sullivan arriva a diventare il centro di un nuovo culto religioso, introdotto con genuinità da due necrofori dal cuore puro, Mapis e Burna, per poi essere strumentalizzato e mercificato da persone con molti meno scrupoli.
Non tutti sono entusiasti delle prodezze del “povero Sullivan”. La narrazione segue spesso le prospettive dello sceriffo, di sua sorella la vicesceriffa e del marito di lei, il vicesceriffo, tre persone avare ed egocentriche che vengono messe in difficoltà dalla perpetua morte del loro concittadino. C’è poi il sindaco, all’inizio così preoccupato per l’attenzione mediatica causata da Sullivan da aver cercato di nascondere le prove delle sue molteplici salme, per poi cogliere i vantaggi che un caso così straordinario può portare all’economia della sua piccola e anonima città. C’è il macellaio-impresario funebre, travolto dallo stress degli infiniti funerali a cui non partecipa mai nessuno, anche se poi sarà proprio lui ad arricchirsi vendendo i gadget del nuovo culto. Il coroner, ormai anziano, va in pensione appena si rende conto che la valanga di cadaveri di Sullivan l’avrebbe fatto impazzire. Il più sfortunato è però Padre Gomes, cattolico convinto, la cui fede viene messa in crisi da un imprevedibile susseguirsi di miracoli legati alla figura di Sullivan.
Nostra Signora dei Sullivan è quindi un romanzo corale, dove si susseguono le prospettive di una pluralità di personaggi le cui vite sono state stravolte dall’improbabile propensione a morire di un loro concittadino, trattata però con leggerezza e spensieratezza. Più che stupirsi o tentare di trovare spiegazioni a un fatto paranormale scoppiato in una cittadina che fa della normalità il suo pregio più discutibile, i personaggi reagiscono con un’egocentricità da manuale: ognuno pensa alle conseguenze che la morte di Sullivan ha sulla propria vita, più che sulla società in generale.
La narrazione, pur dispiegandosi su un numero considerevole di pagine, non può essere definita propriamente dinamica. Le vicende dei personaggi seguono un climax ascendente che dà vita solo di rado a dei veri e propri conflitti: il culto di Sullivan è inarrestabile, le possibilità di lucrarci sopra sono infinite, gli adepti arrivano da tutto il mondo e niente sembra poter scalfire la loro nuova fede. Gli eventuali problemi il più delle volte vengono risolti in modo miracoloso e in tempi talmente rapidi da non incidere fino in fondo sul clima di allegra spensieratezza che attraversa il romanzo.
Gli unici archi narrativi che si protraggono sul lungo periodo sono quelli che coinvolgono il trio poliziesco e lo sfortunato Padre Gomes: nel primo caso, l’avarizia spregiudicata dello sceriffo, l’indifferenza approfittatrice di sua sorella e la sottomessa rassegnazione del vicesceriffo li portano ad avere problemi con l’FBI, tra un tentato omicidio e un furto fallimentare. Padre Gomes entra invece in contrasto con la Santa sede a causa dei miracoli che coinvolgono la sua non-più-così-anonima cittadina.
Nonostante Gianfranco Mammi sia uno scrittore italiano, l’intera vicenda ha luogo in un’America macchiettistica, dove si respira la stessa aria di un paesino sperduto nella pianura veneta o tra i monti toscani. Non è una questione di mancata verosimiglianza, ma di obbiettivi della narrazione: Mammi vuole prendere in giro la provincialità e l’individualismo delle piccole comunità, dove tutti conoscono tutti ma a nessuno importa niente degli altri. Gli Stati Uniti emergono dall’introduzione di ironiche e impacciate squadre dell’FBI, dal pluralismo religioso che permette al culto di Sullivan di non doversi scontrare immediatamente con l’influenza papale, e dagli stereotipi delle gerarchie delle forze dell’ordine.
L’atmosfera grottesca sdrammatizza una narrazione che non chiede mai di essere presa troppo sul serio. I toni sono quelli della commedia nera, anche se talvolta le battute più argute lasciano spazio a freddure meno divertenti, dove lo sforzo di far sorridere il lettore diventa palese, soprattutto quando si basano su stereotipi. Anche lo stile, di solito molto tranquillo e lineare, talvolta cede a cacofonie e ripetizioni («Timpanaro decideva che era meglio non commentare questo commento», p. 103), e l’utilizzo imperterrito dell’imperfetto anche per raccontare episodi non continuativi nel tempo alla lunga può apparire straniante.
A parte ciò, lo stile si sposa perfettamente con l’atmosfera della narrazione, equilibrando al meglio dialoghi, momenti introspettivi e le divertenti descrizioni di una cittadina sconvolta. Nostra Signora dei Sullivan non aspira a mettere in scena alcuna critica sociale, la presa in giro delle piccole comunità di provincia e delle diverse personalità che le abitano ha un fine puramente umoristico, ma è proprio per questo che consiglio di leggerlo: un po’ di spietato e irriverente humor nero è il rimedio perfetto per quando si è giù di morale.
Anja Boato