Non siamo mai stati sulla Terra, Rocco Tanica con Out0mat-B13
(Il Saggiatore, 2022)
Secondo alcuni, la morte della letteratura, lo stadio finale della sua mercificazione e standardizzazione, si realizzerà quando i romanzi saranno scritti da intelligenze artificiali. Queste sentenze apocalittiche vengono pronunciate in un mondo dove dialogare con un chatbot, o utilizzare generatori di immagini, sono esperienze sempre più comuni nella vita delle persone, spesso svolte per semplice divertimento e curiosità, senza nessun intento strutturato. In altre parole, il dialogo tra uomo e macchina è già iniziato, non solo per chi si occupa di questi temi a livello specialistico, ma anche per chiunque voglia passare una serata pigra a divertirsi generando buffi disegni. La domanda, a questo punto, non è tanto se le intelligenze artificiali possano soppiantare l’uomo nell’espressione artistica, ma piuttosto in che modo gli autori umani possano interrogare questi nuovi strumenti ed esplorarne le potenzialità, quali siano gli spazi di sperimentazione e quali i loro limiti.
Esperimento è appunto la definizione più adatta per Non siamo mai stati sulla terra, il libro che Rocco Tanica, comico e tastierista di Elio e le Storie Tese, ha scritto in collaborazione con Out0mat-B13, un modello di deep learning sviluppato da OpenAI. Il software è «in grado di riconoscere il testo prodotto dall’autore, apprenderne le caratteristiche e generare nuovi contenuti a integrazione di quelli esistenti» (come spiega la quarta di copertina) e opera secondo un procedimento statistico: dopo essere stato “nutrito” con miliardi di parametri di apprendimento, di fronte a un input seleziona la combinazione di termini di senso compiuto che ha la maggiore probabilità di adattarsi alle aspettative dell’interlocutore umano. In tutto questo processo non c’è nessuna vera comprensione del significato dei testi –in altre parole, l’intelligenza di Out0mat-B13 non è davvero tale, ma solo simulata.
Non siamo mai stati sulla terra, dunque, è una raccolta di testi di vario tipo –fiabe, interviste, descrizioni di città, racconti surrealisti, ricette e molto altro– in cui l’uomo e l’IA si alternano nella narrazione, completando l’uno le frasi dell’altro: solo l’uso di due diversi font permette di distinguere l’autore di ciascun frammento. Le varie sezioni tematiche sono intervallate da paragrafi in cui Rocco Tanica dialoga direttamente con Out0mat-B13, lo interroga sulle questioni ultime della vita, sui suoi interessi, oppure mette alla prova le sue conoscenze enciclopediche, sempre prendendolo garbatamente in giro (la cosa interessante è che Out0mat-B13 ribatte con una sfrontatezza quasi umana).
Il risultato è una serie di testi assurdi, divertenti e deliranti, intrisi di quel nonsense che caratterizza lo stile di Elio e le Storie Tese. Ad esempio, dalla descrizione di Milano:
«Il viaggiatore che procedesse sparato da Lodi a Varese commetterebbe un errore a non fermarvicisi almeno per una tappa breve; parlo di un errore grave, di quelli di cui pentirsi per il resto della vita come vendere un figlio per pagarsi il bere, o dare fuoco a un cinema con la gente dentro perché il film non ti è piaciuto. O spararsi in un piede per stupire il prossimo, o spendere i risparmi di una vita in sambuca.» [pag. 30-31]
Se i luoghi comuni più catastrofici vogliono che la macchina prenda il sopravvento sulla creatività dell’individuo, nella realtà è evidente che l’unico vero autore di questo libro è quello umano, il quale si serve dell’intelligenza artificiale proprio come un musicista si serve di un sintetizzatore o di un distorsore vocale. Peraltro, in alcune interviste Rocco Tanica ha chiarito che, nella stesura di un libro del genere, l’umano non è un soggetto passivo che si limita a schiacciare un bottone e trascrivere qualunque sproloquio venga prodotto da Out0mat-B13: al contrario, deve procedere per tentativi e scartare parecchi testi prima di ottenere qualcosa che funzioni; spesso, inoltre, è utile “addestrare” l’intelligenza artificiale, ad esempio alimentandola con testi stilisticamente vicini al risultato che si vuole ottenere (nel caso specifico, autori del calibro di Calvino, Dickens e Buzzati).
Stando così le cose, è inevitabile che ogni parola si porti addosso il marchio di Rocco Tanica. Certo, a volte si ha l’impressione che l’autore umano rinunci a esercitare il controllo sul discorso, e lo abbandoni al caos generato da una mente enciclopedica che non sa quello che dice, ma questo in realtà è un effetto illusionistico, simile a quello creato da un ventriloquo col suo pupazzetto; oppure fa pensare a come certe tecniche dell’improvvisazione teatrale, in cui gli attori lasciano che sia il pubblico a completare le loro frasi –cosa che permette ai dialoghi di deragliare in direzioni inaspettate– ma di fatto mantengono il pieno controllo sulla storia che stanno raccontando.
Quello che l’autore fa per 272 pagine, dunque, è giocare con questo nuovo strumento che lo sviluppo tecnologico ha messo a nostra disposizione. Il gioco, in generale, può certamente diventare un mezzo di indagine e di conoscenza, ma Rocco Tanica non sembra avere ambizioni di questo tipo: Non siamo mai stati sulla terra è fondamentalmente una curiosità, un divertissement, e ha tutta la leggerezza scanzonata di questo tipo di letteratura (anche se va detto che, alla lunga, l’affastellarsi di nonsense può stancare il lettore). Un libro quindi poco utile per chi volesse riflettere sul nostro rapporto con l’intelligenza artificiale, sulle potenzialità e i rischi del suo uso nella letteratura e nell’informazione; ma comunque godibile e divertente, e a tratti capace di gettare una luce straniante sul mondo a cui siamo abituati.
Benedetta Galli
Fonti:
https://www.focus.it/tecnologia/digital-life/primo-libro-intelligenza-artificiale-rocco-tanica
In evidenza: immagine creata con Crayon, AI Image Generator