La parola “oasi” è da sempre sinonimo di sollievo e riparo, sia nella sua accezione letterale che in quella figurata. Questo termine è infatti solito indicare quella zona in mezzo al deserto in cui gli stanchi viaggiatori possono finalmente ristorarsi all’ombra di qualche scarna vegetazione, e fare scorta di cibo e acqua prima di ripartire. Nel nostro parlare quotidiano, il termine può essere usato in molte situazioni, tutte solitamente legate al senso di piacere e tranquillità che deriva dalla fine di una lunga fatica, e dalla ricompensa di un piacere inaspettato; come quando scappando da una metropoli in una domenica pomeriggio ci si ritrova nella pace di un bosco silenzioso, o come trovare nelle pagine di un libro il viatico perfetto per mettere a tacere i pensieri che ci affollano la mente.
Se ci si pensa meglio però, un aspetto vagamente inquietante si nasconde in questa faccenda delle oasi. Il cammino da percorrere per raggiungere tali piccoli paradisi non è infatti privo di insidie: le lunghe giornate desertiche e l’assenza di acqua possono giocare brutti scherzi ai viaggiatori, portandoli a cadere negli abbaglianti inganni dei miraggi, e allontanandoli dalla loro reale destinazione. Ecco allora che in una parola così semplice e così leggera sono racchiusi diversi possibili scenari: dal riparo che salva la vita, all’allucinazione che condanna a morte.
Per il decimo numero della nostra rivista, abbiamo scelto storie che giocano, ognuna a modo suo, su questa ambivalenza, così come l’illustrazione che Veronica Schifano ha realizzato per la copertina: tre affascinanti arpie osservano da lontano il cammino di una carovana, attendendo presumibilmente il momento adatto per scagliarsi sugli ignari viandanti.
Può capitare a volte di dimenticare la reale destinazione di un viaggio, e farsi risucchiare dal locus amoenus che si è incontrato casualmente lungo la via. Una sensazione simile anima il racconto In cucina, l’Ouverture di questo numero affidata a Gianmarco Perale e illustrata da Marta Goldin. In un dialogo dal ritmo vertiginoso, una coppia cerca di uscire dal momento di stasi in cui la loro relazione è inevitabilmente incappata; scrivere la parola “fine” sembra impossibile, ma forse è l’unico modo per salvarsi.
La protagonista di Rosina in raso rosa è invece intrappolata in una di gabbia dorata che la protegge – e la isola – dal resto della comunità; in questo racconto, scritto da Gennaro Musella e illustrato da Federico Attardo, il semplice atto di narrare storie è quel miraggio che consente di dimenticare per un momento la desolazione e la fatica del deserto.
Un’oasi felice sembra al contrario proteggere i personaggi di La tempesta, il racconto di Aurora Tamigio illustrato da Riccardo Ricci. In una casa sul mare in cui il tempo sembra essersi fermato, tre amici trascorrono un’estate che cambierà per sempre le loro vite. Quando uno di loro si allontana improvvisamente, senza spiegazioni, ogni equilibrio sembra però saltare.
Per la sezione dei Racconti Erranti, Graham Akhurst ci porta in Australia con il suo Staffy. Il racconto, tradotto da Luca Abbattista e illustrato da Angelica Bettoni, offre una prospettiva intima e personale su un dramma collettivo: quello degli scontri tra gli aborigeni australiani e i bianchi alla fine degli anni ’90. Un vecchio poliziotto si confida con un giovane scrittore, consegnandogli la verità su alcuni fatti violenti del passato. Per la voce narrante, trasferire quei ricordi su carta stampata sembra un compito troppo «gravoso e pieno di ostacoli», eppure anche in questo caso la scrittura sembra offrire un sollievo – seppur fragile e momentaneo – al peso dei ricordi.
Una famiglia “borghese” è invece al centro di Desidera, scritto da Arianna Babbi e accompagnato dall’illustrazione di Francesca Bartalucci. I personaggi di questo racconto sono accumunati dalla frustrazione che deriva da desideri insoddisfatti; la loro ricerca instancabile di un senso di appagamento è destinata a essere fallimentare, e l’oasi promessa solo una visione irraggiungibile.
Chiude questo numero Niagara, una storia – scritta da Patrizia Tenda e illustrata da Martina Stocchetti – che parla di dipendenza emotiva, ma anche di coraggio. In questo caso, un’inaspettata partenza in solitaria offre alla protagonista la possibilità di recidere vecchi legami, e di ritrovare qualcosa di autentico e salvifico, in mezzo al deserto creato dalla sua relazione.
Sperando che questo nuovo numero ti offra la possibilità di immergerti in un’oasi di pace, ti auguriamo buona lettura!
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