Crapalachia: Intervista a Scott McClanahan

Lasagna è una rubrica aperiodica, curata da Mattia Grigolo.
Racconta libri fuori dalle righe. Alle autrici e agli autori viene
chiesto di rispondere a delle parole come se fossero delle
domande, per libere associazioni. Il perché la rubrica si chiami
Lasagna non è importante, è una parola come un’altra. Una
libera associazione, per l’appunto
.

Da qualche parte ho una formazione punk. Non so nemmeno cosa significhi. Me lo immagino come una sorta di status artistico-sociale che va da Sid Vicious e i Clash a Vivienne Westwood, Harmony Korine, Daniel Johnston, Vitaliano Trevisan, Sarah Kane e un sacco di altra gente. Per come la vedo io, Scott McClanahan è punk, Crapalachia è punk, in qualche assurdo modo Pidgin Edizioni (che ha portato il libro in Italia) è punk, Two Dollar Radio (l’editore che l’ha pubblicato negli States) è punk.

Avrei potuto scrivere che è un libro fuori dalle righe, collocato senza mezzi termini nel modello di narrativa che raccolgo in questa rubrica, ma non credo lo sia. Quantomeno non è solo un libro fuori dalle righe, sarebbe riduttivo. E’ un libro punk. Aridaje.

Crapalachia racconta di un luogo (della sua biografia), gli Appalachi, racconta di una famiglia e dei personaggi che la formano, che la rendono così speciale anche se di speciale non ha un bel niente. È un libro assoluto che racconta l’assolutezza o ’assolutismo’ di un luogo selvaggio senza esserlo, di gente magnifica pur essendo detestabile, il tutto condito da un misto di ironia profondissima e profonda inquietudine, tanto da far passare un posto – quella Crapalachia – talmente familiare, talmente aderente a noi, talmente vero e definito, da relegarlo (suppongo contro il desiderio dell’autore) in quel tipo di letteratura invincibile.

Al pari della moda della Westwood, delle opere di Korine, dei testi di Daniel Johnston e del rifiuto di Sid Vicious, dell’ultraviolenza furbissima della Kane e dell’ironia macabra di Trevisan, dico, se non è punk questo Crapalachia, allora che cos’altro lo è?

Ho chiesto a Scott McClanahan di raccontare il suo libro e la sua America rispondendo a delle parole. Stefano Pirone, editore di Pidgin Edizioni, che ha chiesto di curare la traduzione, nel momento di inviarmela, mi ha scritto: “Scott ha risposto alle domande. Che grande che è. Potrei leggere qualsiasi cazzata che scrive.”
Eccole.

APPALACHI

Non credo che gli “Appalachi” esistano davvero. È solo un termine plastico inventato dai geografi, ma che nella realtà ha poco significato. L’altro giorno ho letto una battuta in un
romanzo, sull’esistenza o meno degli alieni. E nella storia un personaggio ungherese dice: “Certo che esistono. Si chiamano ungheresi”. Provo lo stesso nei confronti della mia terra.

SCOTT

Ho sempre odiato questo nome e lo sento distante. Sembra il nome di un ragazzino ricco, di quelli che indossano polo con il colletto alzato e votano repubblicano. Mia madre l’ha preso dal nulla. Aveva pregato perché avesse una figlia femmina che voleva chiamare “Rebecca”, e per questa Rebecca provo la stessa cosa che provo per Scott. Ma i nomi sono strani. A volte sento il mio nome e mi suona così astratto e senza senso. Mi ricorda la storia su Bob Dylan che lesse un racconto su se stesso tratto da un tabloid britanno e disse: “Sono proprio contento di non essere me”.

FAMIGLIA

Già, forse è questa la vera geografia. Penso ci siano soltanto circa 250 generazioni dalla nascita della civilizzazione. Immagina un po’. Solo circa 250 nonne per ciascuno di noi. Abbiamo più follower su Instagram che nonne da prima che inizi la storia. Non siamo altro che piccole macchine genetiche come computer. In gioventù pensavo che la morte fosse la fine di tutto. Ma ora riesco a scorgere mia nonna in mia figlia. Ho raggiunto l’età in cui comprendo che io non sono neanche io. Persino il modo in cui muovo la mano è qualcosa che ho ereditato. C’è un bellissimo discorso in una pièce teatrale di Sam Shepard in cui parla di volti, di gente che guarda il proprio volto, ma sotto quel volto c’è un altro volto, e sotto quello un altro ancora, e così via fino all’alba dei tempi.

TIC TAC TIC TAC TIC TAC TIC TAC

Ho raggiunto l’età in cui ho meno giorni rimasti davanti a me che dietro di me. Ho sentito Andre 3000 dire che ormai non rappa più perché ha 48 anni. Ha detto: “Di cosa dovrei parlare, della mia colonscopia?” Io penso che sarebbe fantastico se Andre 3000 componesse una canzone su una colonscopia, però. Ma capisco cosa intende. Immagino che questa sia la realtà dell’invecchiare. A volte mi preoccupo di avere più amore dietro di me che davanti a me. Ma non tornerei indietro. Corriamo tutti verso quella destinazione. Nel mondo ci sono solo due cose che non puoi vedere e che non puoi reggere in mano. Una è l’amore, l’altra è il tempo.

RUBY

Ho scritto Crapalachia più di 10 anni fa. Nella scrittura c’è qualcosa di brutale perché ti permette di dimenticare. Ma trovarmi in Italia quest’estate, quando è uscita la traduzione
italiana del libro, è stato davvero destabilizzante. Avere qualcuno che ti rivolge, in una lingua diversa, domande specifiche su qualcuno che è morto da oltre 20 anni e a cui non penso più così tanto rispetto a un tempo. È stato emozionante. Quando sono tornato dall’Italia, a giugno, è morto mio zio Stanley, ed è stato un grosso colpo. Ero triste che fosse morto, ma era anche come se lei fosse morta di nuovo. Come se si fosse ripetuta la morte di Ruby. Sto arrivando al punto in cui i figli di Ruby, i suoi cavalieri, sono quasi tutti spariti. E io dovrò ammettere che il suo regno, quello su cui un tempo lei regnava, è veramente svanito.

MEMOIR/AUTOFICTION

Questi sono solo termini capitalistici che servono a vendere due volte lo stesso prodotto, piuttosto che semplicemente ammettere che è tutta narrativa. Ai veri scrittori non può fregar di meno. C’è una buona scrittura in prima persona e c’è una pessima scrittura in prima persona. C’è una buona scrittura in terza persona e c’è una pessima scrittura in terza persona. Questo è tutto.

AMERICA

Un luogo dove ingenuità e falso ottimismo nascondono la vera crudeltà. Winston Churchill disse che l’America alla fine fa la cosa giusta, ma solo dopo aver esaurito ogni opzione possibile. Ma amo “l’idea” di America.

DIO

Non saprei. È come l’antica parabola. Una coppia ha da poco avuto un bambino, e il figlio maggiore sembra geloso. Ogni notte si intrufola nella stanza del bebè per ore, e i genitori cominciano a preoccuparsi. Si nascondono nell’armadio e, puntuale come un orologio, il figlio maggiore entra e solleva il fratellino piccolo. Loro temono che possa fare qualcosa di crudele, ma poi lo sentono sussurrare al bebè. “Parlami di nuovo di Dio. Sto dimenticando. Sto dimenticando.”

DANIEL JOHNSTON

Le cose migliori sono quelle fatte in casa. È come la cucina di tua madre. Era fatta con amore, ed è per questo che per noi ha significato.

È DIVERTENTE

C’è un vecchio detto: “Ridi del diavolo e il diavolo fuggirà”. Penso che il mondo dovrebbe tenerlo a mente. A volte, quando sento ridere mia moglie, sento ridere l’intero universo. Forse è questo il mio dio. Penso che sia la medicina migliore che sia mai stata inventata.

L’intervista è stata tradotta dall’inglese da Stefano Pirone.

Scott McClanahan è l’autore di Crapalachia,
Hill William, Il libro di Sarah e The Collected Works of Scott
McClanahan Vol. 1
. Vive in West Virginia con la scrittrice Juliet
Escoria.

Mattia Grigolo ha fondato la rivista letteraria Eterna, il
magazine di approfondimento Yanez e l’hub creativo, con sede a
Berlino, Le Balene Possono Volare. Ha esordito con il romanzo
breve La raggia (Pidgin, 2022). Ha pubblicato la raccolta di
racconti Temevo dicessi l’amore (Terrarossa Edizioni, 2023).

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