C’è un sapore rassicurante nello schema narrativo dei romanzi distopici che si avvicendano sempre più sugli scaffali delle librerie. Innanzitutto, la trama: il mondo è governato dall’ingiustizia e devastato dalla crisi climatica, i potenti della Terra scelgono di non occuparsene finché qualcuno — di solito, un gruppetto di giovani amici — guadagna per caso il ruolo e la responsabilità di salvatore dell’umanità. L’ingiustizia, il caso e il superpotere di cambiare le cose sono ingredienti facili da mescolare per ottenere una storia avvincente, un po’ come farina, uova e zucchero.
Ma ci fa davvero bene rifugiarci nelle storie che ci propongono un futuro di ineluttabile rovina? Se la letteratura può essere in grado di trasformare la realtà, in che modo la distopia si avvale di questo potere? L’esposizione continuata a scenari catastrofici è da un lato utile a scuotere le coscienze, ma può anche finire per anestetizzare il pubblico, enfatizzando un doomerism che, alla lunga, porta alla quieta rassegnazione dello status quo. Nel saggio La grande estinzione, Matteo Meschiari riflette sul ruolo che l’immaginario collettivo avrà nella gestione della crisi climatica. Abbiamo bisogno, sostiene Meschiari, di «avviare un discorso serio sul ruolo della fiction e dell’immaginario nel costruire pratiche concrete di resistenza collettiva al disastro1».
In questo tentativo si colloca il solarpunk, un movimento narrativo (ma non solo) che ci sfida a costruire un’idea luminosa di futuro, metaforicamente e non. Nell’estetica solarpunk i pannelli solari e le energie rinnovabili hanno un ruolo centrale: la tecnologia non rende le città grigie e inquinate, ma può essere anzi un’alleata per lavorare con, invece che contro, la natura. Negli scenari solarpunk la tecnologia e la natura coesistono insieme, e questo è possibile soprattutto grazie a pratiche di comunità e di condivisione. La parte punk del solarpunk riguarda infatti l’opposizione all’individualismo e alla tecnologia chiusa e inaccessibile in favore di un approccio intersezionale e comunitario al futuro: lo sviluppo sostenibile non può essere separato dal superamento delle ingiustizie sociali e ambientali2. Per questo, il solarpunk ci parla anche di femminismo, di anticapitalismo, di giustizia sociale, di tecnologie open, accessibili e fai-da-te. Un’utopia? Beh, in effetti sì. E come si scrive un’utopia?

La domanda non è banale: il termine, introdotto per la prima volta da Thomas More, non ci rimanda solo a un bel luogo (eu-topos), o a un cattivo luogo (dis-topos), come la distopia, ma a un non luogo (ou-topos): uno scenario che, per definizione, non esiste; è irraggiungibile e desiderabile e quindi perfetto. Per chi scrive narrativa, la sfida è intensa: se la distopia offre degli ingredienti sicuri ed efficaci a cui affidarsi per la buona riuscita della narrazione, come si fa invece a rendere avvincente l’utopia? Proseguendo con la metafora culinaria, potremmo dire che la difficoltà equivale a quella di creare una torta vegana: per riuscire serve il coraggio di mettere da parte gli ingredienti già noti e sperimentare con le dosi e le consistenze.
In Italia, tra le case editrici che si occupano di solarpunk spiccano Delos Edizioni e Future Fiction. Nei racconti solarpunk ha spesso un ruolo centrale il world building, la costruzione del mondo in cui si svolge il racconto, al punto da imporsi sulla trama e sui personaggi. Spesso in seguito a una catastrofe globale, o per l’iniziativa dal basso di un gruppo di persone oppresse, gli equilibri mondiali cambiano: il racconto è la descrizione dettagliata dei processi tecnologici e sociali che hanno portato a questo cambiamento. Una prospettiva interessante ma anche insidiosa per costruire una storia: se le cose vanno bene e la società migliora, cosa raccontiamo? Come possiamo noi, umani imperfetti, riconoscerci nel racconto di un mondo perfetto? Lo scioglimento di questo nodo è probabilmente la sfida più grande che gli scrittori e le scrittrici solarpunk affrontano quando progettano una storia.
Ci riesce bene Francesco Verso, scrittore, fondatore di Future Fiction e vincitore di ben due Premi Urania. Nell’intervista a cura di Arielle Saiber che chiude Ecoluzione, la sua ultima raccolta di racconti, Verso afferma di scrivere storie speculative che «non sono strettamente speranzose nel senso più velleitario del termine3», ma di proporre piuttosto «un senso di speranza critica, volta a costruire strategie di uscita pratiche e possibili4». Nonostante la visione politica alla base della scrittura di Verso faccia da evidente traccia alla scrittura dei suoi racconti, le storie dei suoi personaggi rimangono vive e pulsanti, senza mai trasformarsi in proclami. L’autore riesce nell’obiettivo rappresentando personaggi irrisolti, alla ricerca di un posto nel mondo. Nei racconti di Ecoluzione, l’utopia e il solarpunk non sono mai soluzioni facili e a costo zero, ma vengono raggiunte a patto che i personaggi siano in grado di mettere in gioco loro stessi e il contesto in cui si muovono.
La costruzione di un futuro sostenibile si lega al conflitto generazionale ne La tessitura del mare, in cui la protagonista Carla cerca di diventare l’anello di congiunzione tra sua nonna, ultima tessitrice di bisso della Sardegna, e sua madre, che della tessitura ha cercato per tutta la vita di liberarsi come di un fardello dal sapore patriarcale. Ne La nave verde, invece, il solarpunk fornisce una originale soluzione — non priva di compromessi — al dramma di una nave carica di persone migranti che nessun porto sembra voler accogliere.
I personaggi di Ecoluzione si muovono nell’universo narrativo più ampio dei Camminatori, primo romanzo italiano solarpunk, scritto da Verso e pubblicato in due parti da Future Fiction nel 2018 e nel 2019. Il mondo costruito dall’autore funziona perché somiglia al nostro: ne affronta direttamente i problemi concreti e non arriva alla perfezione nel tentativo di risolverli. Per costruire una via alternativa al futuro, i personaggi usano strumenti accessibili e procedure verosimili, come la stampa 3D e programmi open source. Risulta relativamente facile per chi legge, quindi, immaginare di essere come loro — o, meglio ancora, di agire come loro.
I racconti di Verso spaziano tra culture diverse per unire la tecnologia e il futuro alle sapienze indigene e antiche: oltre alla già citata tessitura del bisso, ad esempio, ne Il maestro delle piccole cose incontriamo Shi, che cerca per la Cina rurale persone in grado di riprodurre e registrare i canti tradizionali dei villaggi. D’altra parte, Verso afferma di collegare la sua idea di solarpunk a un senso del vagamondare, inteso come «senso del vagare per il mondo alla ricerca di futuri trascurati da coltivare5». Questa ricerca si fa anche letteraria: nel catalogo di Future Fiction, infatti, c’è spazio per narrativa in traduzione dai più diversi angoli del mondo, dalla Cina al mondo arabo passando per l’Oceania e tante altre letterature. Il lavoro di Verso ha proprio l’obiettivo di creare una rete globale di fantascienza condivisa, «facilmente traducibile e ampiamente replicabile con il minimo sforzo e denaro6».
Ecoluzione è un esempio di come il solarpunk è in grado di imporsi come genere letterario fuori dagli schemi per la sua tendenza a fuoriuscire dalle pagine dei libri e invadere in modo inquisitorio la vita vera. Gli scrittori solarpunk come Francesco Verso ci ricordano che scrivere e leggere sono prima di tutto atti politici, e come tali possono avere un’enorme portata rivoluzionaria — o, in questo caso, ecoluzionaria.
- M. Meschiari, La grande estinzione. Immaginare ai tempi del collasso, Armillaria, 2019 – p. 14. ↩︎
- Per approfondire i temi del solarpunk, si veda ad esempio lo speciale di Treccani dedicato, i libri di Francesco Verso per Future Fiction e il sito web Solarpunk Italia. ↩︎
- F. Verso, Ecoluzione. Narrazioni solarpunk per trasformare la realtà, Future Fiction, 2024. p. 205 ↩︎
- ibid. ↩︎
- ibid., p 208 ↩︎
- ibid. p. 215 ↩︎
Immagine in evidenza: La “Berlin Friedrichstraße Utopia 2048”, un’immaginaria rappresentazione della capitale della Germania nel futuro. Fonte: https://realutopien.info/visuals/ Licenza: CC BY-SA 4.0


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