Saramago di Noialtri

Quando in un gruppo di amici tutti sembrano avere velleità artistiche va da sé che il meno propenso a queste manifestazioni infine le manifesti, queste velleità artistiche.

Questo capita ad Angelo all’alba del mattino dopo la visione de “Lo Chiamavano Jeeg Robot”. Lui riguarda il film e pensa alla sua somiglianza al Jeeg; se lui è il supereroe di Roma, lui può essere il supereroe di quello sgangherato gruppo di amici: un nuovo Angelo, un altro Sassofonista.

Uagliune, devo cominciare ad arricchirmi, capite? A guardare nuovi orizzonti. Basta con questa superficialità, basta con questa malsana voglia di stare sempre a casa a guardare la televisione: lavoro e televisione, televisione e lavoro! La mia vita ha bisogno di uno spessore differente, mi capite?” si ritrova a dire agli amici, Marina e Nicola, che lo guardano con uno sguardo a metà tra l’allibito e l’annoiato. “Sì, Sasso, questa è la terza crisi di mezza età che ti viene nel giro di due anni. L’altra volta hai fatto kung fu, quella prima ancora ti sei legato ad una donna di dieci anni più vecchia di te, e ‘sta volta che vuoi fare?”, biascica Marina con voce cantilenante e mielosa. Così il Sassofonista, il cui nomignolo annuncia così tanto e così poco, decide improvvisamente che è giunto il momento di arricchirsi spiritualmente.

Per arricchirsi spiritualmente, si sa, non ci sono molte strade, anzi credo si possa restringere il campo a due: la religione e l’arte. Ma Angelo non è assolutamente adatto ai rituali religiosi. Quindi, a Marina che ha appena chiesto: “ ’Sta volta che vuoi fare?”, Angelo di getto dice: “L’arte, Marì, l’arte!”. La risata fragorosa e l’ululato di scherno dei due compagni si sentono fino a Roma: infatti il Papa sbanda e le suore si fanno il segno della croce per lo spavento.

Ad Angelo quindi ha scelto l’arte, ma quale arte? Facile a dire “Arte”, ma non è che tutti possano fare tutto. Tra un’analisi e l’altra, aiutato anche da Marina e Nicola che infine si sono ripresi dall’attacco di risa, il Sasso arriva alla conclusione che l’unica arte da imparare, l’unica possibile (e plausibile, considerando tempo, età, budget e volontà personale) è la Letteratura. “E quindi, ora che faccio?”, il povero Angelo è spaesato ed emozionato come un ragazzo all’inizio del liceo. “Adesso ti compri un libro, lo leggi, e impari a scrivere. Guarda che è facile!” sorride Nicola con una bella pacca di incoraggiamento sulla spalla. È facile, si dice il Sassofonista.

Si ritrova, l’amico nostro, il mattino dopo a girare appena sopra Piazza Dante, alla ricerca di qualche libro a poco prezzo, bello, famoso ma non troppo, usato ma non usurato, abbastanza vecchio quel tanto che si noti. E lo trova, l’unico che corrispondesse ai criteri, un po’ in disparte su una bancarella qualunque: Cecità, di José Saramago. Lo compra e torna a casa.

Il giorno dopo ha già finito di leggerlo, corre così a comprare tutti gli altri libri scritti dall’autore. Per una settimana non si fa vedere, gli amici stanno per chiamare “Chi l’ha visto?”, quando finalmente ricompare: giacca marrone e pantalone di velluto a coste, maglioncino verde di filo e scarpe marroni laccate, gli occhiali con la montatura in osso: un vero “intellettual(oid)e”. “Ma che hai fatto ai capelli?”, Camilla è sconvolta alla vista della riga al centro della testa di Angelo, quando lei credeva che i capelli del suo amico fossero un unico ammasso di ricci. Ma Angelo è cambiato: parla con termini nuovi, alternando un linguaggio colloquiale ad uno estremamente ricercato: Saramago di noilatri.

Dopo una settimana gli amici fingono di essersi abituati alla metamorfosi del Sassofonista, che non accenna a sbiadire.Ma, visto e considerato che adesso il loro amico adesso si vanta di scrivere poemi meravigliosi, Fabrizio un giorno gli si avvicina e gli chiede la gentilezza di correggergli una lettera che ha scritto da inviare a un notaio. Angelo non se lo fa ripetere due volte, quasi gli strappa il foglio da mano e comincia a leggere, avido di correzioni e appunti da scrivere. Era una letterina di mezza pagina, ma il Sasso si prende il suo tempo: gli riconsegna il foglio, che è improvvisamente diventato una relazione di venti pagine con tanto di note a piè pagina, dopo due giorni e mezzo; Angelo ha le occhiaie, è stremato e scosso, ma sembra soddisfatto. Fabrizio inizia a leggere, ma sente che qualcosa non va. Arrivato alla quindicesima pagina del trattatello, finalmente, si rende conto del problema spinoso: non ha ancora trovato il punto alla fine del primo periodo che aveva iniziato a leggere venti minuti prima. “È il nuovo modo di fare letteratura, amico: non hai letto L’uomo duplicato di Saramago?”, Angelo lancia la frecciatina all’amico con una nonchalance unica, pari solo alla nonchalance con la quale Fabrizio gli si avvicina per tirargli un ceffone a mano storta, e alla stessa nonchalance mista a noia con le quali Nicola blocca quest’ultimo con una sola mano e gli dice: “È andato, tra due settimane passa, lo sai”, “Scommettiamo?”, propone Fabrizio. “E dai, scommettiamo venti euro”, si stringono la mano e iniziano a contare.

Alla seconda settimana dalla metamorfosi di Angelo, gli amici cominciano a contare gli anni come A.A. e P.A.: ante Angelum, post Angelum. Angelo se ne va in giro a citare Saramago senza soluzione di continuità: si attacca addosso delle figure di merda inenarrabili anche mentre è a cena con gli altri ragazzi. Ormai non lo chiamano più per andare a mangiare la pizza insieme; da Sorbillo qualche sera prima li avevano guardati storto appena si sono seduti, questo perché nelle precedenti due ore di fila in attesa di entrare il Sassofonista ha recitato a memoria tutti gli incipit di tutte le opere del malcapitato autore portoghese. Quando infine ha detto: “Ora vi cito l’inizio de Le Intermittenze della Morte” c’è stato un movimento simultaneo dei presenti: tutti a grattarsi. Tutti, anche Angelo, per solidarietà.

Ma l’apice del masochismo e del sadismo (contemporaneamente) arriva alla terza, fatidica, settimana P.A.: intanto che Nicola finge di scordare di dovere consegnare venti euro a Fabrizio, il Sassofonista infatti decide che, così come Saramago aveva riscritto episodi delle Scritture Sacre, così lui avrebbe trovato un poema da riscrivere. Una settimana intera a scrivere al lume di lampada nella sua stanza, infine, gli danno il risultato di venti pagine pronte della sua opera prima. Tutto eccitato si avvia da Camilla, quella sicuramente più acculturata del gruppetto, per sottoporle la lettura del suo primo capolavoro: Il Vangelo secondo Thor e Loki. Camilla guarda il titolo e ride, gli dice: “Bravo, non prendersi sul serio è importante”, convinta di dire qualcosa di gradito. “Ma cosa? Guarda che non sto mica scherzando: io volevo analizzare la dicotomia del Bene e del Male, nella rappresentazione mitologica di Thor e Loki, le due entità dicotomiche per eccellenza, come farebbe Saramago! Voglio che tu lo legga così magari lo invio a lui, voglio un parere dal mio scrittore preferito”.Silenzio teso tra i due, un silenzio fatto di studio da parte di Camilla, non capisce se l’amico ci è o ci fa, e un silenzio carico di attesa per Angelo, non capisce cosa aspetti l’amica a fargli i complimenti e incoraggiarlo. “Sasso, tesoro: guarda che Saramago è morto, buon’anima”, Camilla infine decide di dirglielo, sarebbe stato peggio se l’avesse scoperto dopo e da solo.

Angelo non ci rimane male, ma di più: non solo per la morte del suo autore preferito (forse anche l’unico che abbia mai letto), anche per essersi reso conto improvvisamente di esser vestito come Paggio Fernando. Ma soprattutto, ad Angelo dispiace che, al momento in cui pensava a quale arte scegliere cui dedicarsi, non gli sia venuta in mente la Musica: sarebbe stato tutto più lineare, con un Sassofono in mano.

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