Caproni e il dramma studentesco

Ho pensato di scrivere questo articolo in un momento in cui ormai l’ondata di isteria è passata, ma non è neanche talmente tardi da risultare fuori luogo (almeno spero).

Quando sono uscite le tracce (o traccie, dipende se siete del MIUR o meno) non avevo immaginato Caproni fosse talmente tanto sconosciuto ai più. Anzi, ho dovuto constatare che probabilmente, a conoscere Caproni, siamo io, pochi appassionati e qualche parente lontano del poeta. Con questo non voglio dire che siano tutti degli ignoranti perditempo, per carità, anche perché quasi tutte le persone che amo e che stimo non lo conoscevano. Però la domanda allora sorge spontanea: di chi è la “colpa”?

Mi spiego bene: in questa faccenda (che come al solito ha scatenato una polemica abbastanza gigantesca ed ingigantita) ci sono sicuramente tre parti chiamate in causa, e una delle tre è probabilmente la “colpevole” dell’ignoranza riguardo Caproni: gli studenti, i professori, il Ministero.

Gli studenti, dal canto loro, vengono sempre tacciati di essere ignoranti, orgogliosi di crogiolarsi in questa loro ignoranza e di non avere abbastanza voglia di approfondire. Il che può essere vero e può essere falso, anche se io credo sia un po’ più falso che vero. Resta il fatto che, però, sono loro i classici “colpevoli”: fatti loro se non conoscono Caproni, anzi, peggio per loro. Facilissimo.

Poi ci sono i professori; lavoratori che devono combattere tra i programmi ministeriali e una grande quantità di studenti; e tanti studenti vuol dire diverse velocità di apprendimento, e diverse velocità di apprendimento vuol dire un inevitabile rallentamento rispetto ai programmi prefissati. Viene spontaneo dire che non siano loro i colpevoli, in fondo sono quasi più vittime loro degli studenti stessi.

Infine, c’è il Ministero: lo stesso Ministero che scrive “traccie” e poi partorisce una traccia sul poeta Caproni, povero sconosciuto. Effettivamente, sembra esserci una schizofrenia di fondo tra le mura del Ministero: un cambio di personalità repentino, dal professore di letteratura allo scaricatore di porto (con tutto il rispetto per lo scaricatore di porto). Va detto che, però, il Ministero aveva inviato i programmi all’inizio dell’anno, e Caproni è nominato tra gli autori da “accennare” (me lo sono andato a leggere). Quindi, in teoria, gli studenti avrebbero dovuto sapere almeno chi fosse quest’uomo. Ecco come il Ministero ne esce pulito e la palla passa, di nuovo, ai professori e agli studenti caproni. Ma allora, di nuovo, di chi è la colpa?

Dopo averci pensato una settimana intera, dopo averne discusso con più di uno studente liceale (non senza un certo sconforto, a volte), sono arrivata alla conclusione che gli studenti non c’entrano, e che la colpa sia da distribuirsi tra professori e Ministero. Perché? È presto detto: che il Ministero assegni programmi disumani è cosa nota; anche io quando andavo al liceo (non così tanto tempo fa, giusto per chiarire) ricordo le corse inutili nel tentativo di finire programmi lunghi e poco pensati. Al mio ultimo anno, prima dell’esame di stato, ricordo di essere stata io una delle firmatarie del programma di italiano, sul quale c’erano state delle aggiunte imbarazzanti che, se il professore di italiano fosse stato esterno, sarebbero state cause di non poche figure di merda. Alla fine, quello che ne abbiamo ricavato è stato un programma corposo che non rispecchiava per niente le nostre conoscenze, e delle conoscenze a loro volta sommarie su quasi tutto quello che avevamo studiato, perché studiato di fretta e furia per fare quante più cose possibile. Questo accade quando la “testa” (in questo caso il Ministero) comunica male con il resto delle membra (le scuole, banalmente), imponendo lavori eccessivi o poco ragionati. Allora il Ministero ha due possibilità: o stringe la cinta, e fa una cernita degli autori che ritiene vadano studiati, facendo in modo che vengano approfonditi e studiati in maniera eccellente (forse anche troppo); oppure può inserire più autori ma evitare di lasciare gli studenti a studiare Leopardi (per esempio) per tre mesi, perché bisogna fare ogni singola poesia, ogni singola pagina dello Zibaldone e così via. Non sto dicendo che una delle due cose sia meglio dell’altra, ma sono le uniche strade applicabili, a mio modesto parere.

Dall’altro lato, poi, ci sono i professori, che contribuiscono a creare non pochi cortocircuiti tra gli studenti: professori che non riescono, loro per primi, a gestire i grandi carichi didattici a loro assegnati o che non riescono a gestire gli stessi studenti. A volte sono loro stessi a non conoscere il Caproni di turno; e qui non voglio dire che i professori sono tutti ignoranti, lungi da me, ma c’è sicuramente un problema di formazione di una classe che dovrebbe a sua volta formare menti nuove e fresche. Questo problema di formazione non è solo per quanto riguarda la quantità di materiale letterario che un professore può conoscere, che a mio dire è relativo, ma la qualità di questo materiale: se io conosco tutti gli autori italiani ma mi fermo sempre a spiegare Leopardi, Foscolo e Manzoni, approfondendoli fino alla nausea, senza citare mai Zanzotto (o Caproni, Alda Merini, Starnone, Stefano Benni e chi più ne ha più ne metta), perché magari ritenuto difficile o troppo moderno, come si può pensare che uno studente possa iniziare a conoscerlo e magari approfondirlo da solo? I ragazzi vanno incoraggiati, bisogna dare loro degli input. Io so perfettamente che ci sono questi terribili programmi ministeriali da seguire, e non propongo una sommossa sovversiva dall’interno delle scuole, nel tentativo di rovesciare il sistema scolastico; ma proporre qualche lettura contemporanea, magari mentre si sta spiegando Dante, potrebbe dare la dimensione dell’importanza della letteratura dei nostri giorni e creare qualche nuovo stimolo nei ragazzi.

Non nasconderò che io mi intristisco spesso quando sento che i ragazzi del liceo non leggono: non leggevano quattro anni fa, quando io facevo la maturità, e non leggono adesso. Ma è molto facile dire che la colpa è solo la loro, che sono loro a essere pigri e stupidi. Se ricordo bene come è essere un adolescente, posso confermare che l’unico modo per far appassionare un ragazzo o una ragazza di quell’età è proporre contenuti sempre nuovi, parlargli di cose che potrebbero risultare interessanti, fare esperimenti creativi con loro, dare consigli nuovi. Se, per esempio, un professore di italiano andasse in una classe di 20 ragazzi e, prima di spiegare il canto X dell’Inferno, proponesse una lettura di Calvino e una canzone dei Pink Floyd da ascoltare a casa, sono sicura che almeno 13 andrebbero ad ascoltarsi la canzone e 5 o 6 vorrebbero sapere chi è ‘sto Italo Calvino. Magari il primo mese lo cercano su Wikipedia e non lo leggono, poi leggono i titoli dei suoi libri e li trovano strani e si incuriosiscono, poi magari lo vedono in libreria e lo comprano ma non lo leggono; ma dopo qualche mese, son sicura che almeno uno di quelli che ha comprato Calvino, alla fine, lo avrà letto. Alla fine dell’anno, si potrebbe avere una classe intera che ha letto un libro di Calvino e ha ascoltato un album della band più importante di tutti i tempi.

Tutto questo, in conclusione, per dire che secondo me i colpevoli sono tutti, ma non gli studenti. Se il Ministero facesse pace con sé stesso e con la società, forse si renderebbe conto che i programmi andrebbero rivisitati. Dall’altro lato, però, forse sarebbe giusto operare sulla nuova classe di professori che andrà a formare le prossime giovani menti: insegnare non è riempire un secchio di informazioni, ma è accendere una lampadina.

Se avessimo fatto tutto questo, probabilmente avremmo avuto uno studente che, leggendo la traccia su Caproni, quest’anno avrebbe esclamato: questo qui lo conosco. traccIe

5 Comments

  1. Per analizzare la questione dell’esame maturità bisognerebbe partire da un presupposto di fondo e cioè che l’analisi del testo non mira a verificare la conoscenza che lo studente ha dell’autore, quindi oggetto d’esame potrebbe essere anche una poesia scritta da uno sconosciuto incrociato per strada, il discorso non cambierebbe; ad esempio quando feci io l’esame di stato, nel 2013, uscì Magris che all’epoca non sapevo chi fosse e ricordo che ci fu la stessa ingiustificata indignazione.
    Fatta questa premessa noiosa ma necessaria, per poter capire questa vicenda è necessario tener presente diverse situazioni. In primo luogo, come giustamente sottolineato nell’articolo, il programma ministeriale è troppo vasto e quasi mai nessuno riesce a completarlo, tanto più se si tiene conto che l’anno scolastico non è fatto solo di lezioni ma abbraccia anche tante altre attività (non tutte utili, diciamocelo) che sottraggono tempo alla didattica così come comunemente intesa. Ora, al di là delle colpe del ministero e della presunta ignoranza degli studenti, l’uscita di Caproni alla maturità dovrebbe farci riflettere prima ancora che sull’effettività dei programmi ministeriali su un altro aspetto: è normale polemizzare dinanzi ad un autore sconosciuto e quindi dinanzi ad una nuova scoperta? No, non lo è. Almeno per me, e non mi riferisco tanto all’indignazione degli studenti che trovo comprensibile ( anche se – come detto all’inizio- dimostrare la conoscenza dell’autore non è la finalità dell’analisi del testo ciò non toglie che per un maturando possa comunque essere facile nonché comodo argomentare su un autore familiare), quanto piuttosto quella degli insegnanti. Questi sì colpevoli, non tanto per ignorare Caproni ma per non aver fatto capire ai propri alunni che i contenuti del programma scolastico non sono come le colonne d’Ercole oltre le quali non c’è più nulla, in classe infatti, per forza di cose, non si può trattare tutto e quindi è giusto che gli studenti approfondiscano anche per conto proprio. ‘La scuola non può essere una mucca con infinite mammelle da cui sgorgano tutti i tipi di latte possibile’ per restare in tema Magris, una citazione che si collega con la frase ‘insegnare non è riempire un secchio di informazioni, ma accendere una lampadina’, contenuta nell’articolo.
    Seguendo ‘virtute e canoscenza’ gli studenti accanto agli autori classici, necessari e sacrosanti, conoscerebbero anche scrittori contemporanei. Ma forse il problema è più profondo. Molti insegnanti – non tutti- si rifiutano di conoscere autori attuali o della storia recente, restando essi stessi fermi alle colonne d’Ercole. Qui però uscirei fuori tema e non è il caso.

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    1. Sono assolutamente d’accordo! Come sono anche d’accordo sul fatto che il tema su Caproni o Magris (che incontrai anche io nel 2013) non voglia vagliare le conoscenze sui due autori, quanto piuttosto la capacità di analizzarli da zero (o quasi). Grazie davvero per il riscontro, è bello sapere di essere compresi xD

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      1. Grazie a te per il bellissimo articolo su cui -nel caso in cui non si fosse ancora capito- concordo in pieno. Scusa per la lunghezza del precedente commento, ma la vicenda mi sta a cuore perché, ahinoi, significativa dei tempi che viviamo.

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  2. Leggo solo ora questo post e sono d’accordo con la premessa di Michela; ma per me la chiave per interpretare la vicenda “Caproni” sta tutta lì:
    sono state fatte troppe polemiche su una traccia il cui svolgimento non richiedeva affatto la conoscenza del poeta citato, ma piuttosto la capacità di analizzare un testo, con tanto di indicazioni fornite dal Ministero (ed eventualmente la conoscenza di altri componimenti – non di Caproni – sullo stesso tema per lo svolgimento del punto 3 relativo all'”approfondimento”).

    Se uno studente non è capace di affrontare una simile prova non è sufficientemente maturo, e la colpa è in gran parte sua (non escludo infatti che possa aver avuto insegnanti pessimi, ma la capacità di analisi di un testo non si sviluppa soltanto a scuola).
    Probabilmente è stata proprio questa considerazione a spingere i funzionari del Ministero a proporre una traccia che vertesse su un poeta di cui in pochi hanno sentito parlare; e io appoggio questa scelta.

    P.S.: Peccato che probabilmente la maggior parte degli studenti, alla vista di “Caproni”, avrà optato per una delle tracce rimanenti…

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