Criacuervo, Orlando Echeverri Benedetti
(Edicola Ediciones, 2019 – Trad. M. Rota Núñez)
È molto interessante il progetto editoriale portato avanti da Edicola Ediciones, casa editrice italo-cilena che dal 2013 spartisce la propria produzione tra i due mondi portando testi italiani in Cile e testi cileni in Italia, tra cui Space Invaders (2015) di Nona Fernández e C’era una volta un passero (2016) di Alejandra Costamagna, due autrici uniche e incisive del panorama letterario cileno contemporaneo. Di ñ, la nuova collana che vuole dar voce ad autori di tutta l’America Latina, Criacuervo è il primo romanzo, scritto da Orlando Echeverri Benedetti, classe 1980, considerato come una delle penne più originali della nuova narrativa colombiana.
L’infanzia dei fratelli Klaus e Adler Zweig è segnato da un evento infausto: i genitori, entrambi biologi rinomati, muoiono in un incidente stradale nei boschi della Turingia mentre stavano dirigendosi a un convegno di micologia al quale erano stati invitati tempo prima. I due bambini passeranno un primo periodo con una loro vicina di casa e sua figlia Cora a Berlino, per poi stabilirsi ad Amburgo presso il nonno paterno, il rozzo e burbero Abelard. Sopraggiunta l’età adulta, Klaus si arruolerà in marina cercando di mantenere viva la relazione che intanto ha instaurato con Cora a Berlino, mentre Adler rimarrà ad Amburgo per perseguire la sua carriera di nuotatore professionista.
E questa è la parte introduttiva del testo che, in meno di dieci pagine, copre più di un quarto di vita dei due ragazzi e apre al resto del romanzo, o meglio, a due racconti interconnessi: la prima è la storia di Adler, ormai nuotatore fallito che tenta di ricomporre la sua vita a partire dal rincontro con Cora, in procinto di divorziare da un avvocato di nome Jürgen; la seconda è quella di Klaus che, dopo l’esperienza in marina e la relazione con Cora, emigra in Colombia per lavorare su una piattaforma petrolifera nel deserto di Criacuervo, dove ci rimette un occhio, ha un figlio, e mentre la relazione con la moglie sta lentamente sgretolandosi, si attiva per rivedere il fratello e Cora, dopo tanti anni di silenzio.
Criacuervo narra di quanto un fato malevolo possa imbrigliare le vite di due giovani con lacci talmente stretti da impedirgli qualsiasi possibilità di movimento. I due fratelli sembrano segnati sin dalla nascita a un’esistenza impregnata di dolore, fatta di separazioni, frustrazioni personali e amori mancati. Non c’è via di scampo o alcun tipo di liberazione, e i finali dei due racconti – soprattutto il primo, quello di Adler – disconoscono qualsiasi forma di consolazione: che possa esserci l’opportunità di riscattare il male subìto in una vita successiva è la questione lasciata aperta dal romanzo una volta letta l’ultima pagina, e sarà solo compito del lettore tentare di rispondere.
D’altronde, è proprio nel romanzo che si pone questo tipo di riflessione: a un certo punto Cora legge ad Adler il pezzo di un saggio scritto quando era all’università sul rapporto tra tragedia greca e favola classica, il cui tratto maggiormente distintivo è proprio dato dal concetto di fato. Ciò permette a Cora di ragionare sul significato simbolico della tragedia nell’esistenza umana odierna:
«E se vi è una morale impareggiabile che questa tesi ci suggerisce, consiste proprio nella consapevolezza di essere condannati a commettere ripetutamente gli stessi errori. È questa la nostra tragedia contemporanea, la reiterazione spietata e abbrutente dalla quale ci è impossibile sfuggire. A cui, persino, non vogliamo sfuggire.» (pag. 68)
Il testo è un cortocircuito continuo tra due opposizioni: Adler e Klaus. Nonostante condividano lo stesso vuoto lasciato dai genitori scomparsi e l’amore per Cora, i due non potrebbero essere più diversi: Klaus è impulsivo e rancoroso, Adler più pacato nei suoi gesti; Klaus si isola nel deserto colombiano, Adler invece rimane in Germania, e simboleggia la fluidità dell’acqua. Acqua e deserto si contrappongono fino a sovrapporsi e prendere la stessa forma per entrambi i fratelli, quella di una prigione talmente vasta da non avere uscita, costituendo una specie di mare nel deserto, immagine simbolica (richiamato altresì in copertina) di uno stato mentale fantastico in cui gridare sott’acqua o lasciarsi ardere dalla calura desertica equivarrebbe, sia per Adler che per Klaus, a enunciare preghiere che, comunque, rimarrebbero appese, inascoltate.
La prosa di Criacuervo è inarrestabile, velocissima; forse eccessivamente veloce: si sente che l’intento autoriale è quello di lasciare molto al non-detto e di interrogare l’interiorità quel minimo sufficiente per permettere alla narrazione di scrosciare incessante senza troppi traumi; nonostante questo però, il lettore amante dei dettagli e delle narrazioni lente e introspettive, non potendo appoggiarsi su tempi più dilatati, potrebbe sentirsi impossibilitato a metabolizzare pienamente sia vicende che psicologie dei personaggi, giacché il ritmo del succedersi degli eventi è talmente elevato da impedirgli di rimanere per quanto necessita su una scena, un’immagine, uno stato d’animo particolare, al fine di entrare più a fondo, di non rimanere in superficie.
Detto ciò, Criacuervo rimane la proposta interessante di un giovane autore colombiano, pubblicata da una casa editrice il cui encomiabile lavoro si estende su ben due continenti e del cui operato spero sentiremo parlare sempre più, sia per la letteratura cilena in ascesa, sia – allargando gli orizzonti – per tutta quella sudamericana.
Angela Marino