Ritorno al mondo degli Orchi-Dei

Gli Orchi-Dei – Mezzo Sangue, Hubert e Bertrand Gatignol
(BAO Publishing, 2019 – Trad. Francesco Savino)

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Quasi un anno fa recensivo su questo blog il fumetto Gli Orchi-Dei – Piccolo, primo volume di una nuova serie francese (pubblicata da Soleil Productions) ambientata in un reame immaginario governato da giganti, sovrani sanguinari alti decine di metri che si cibano pure della carne dei loro stessi sudditi. Attraverso i vari capitoli della saga, gli autori intendono raccontare le storie di personaggi sempre diversi che orbitano attorno alla corte dei giganti, lambendone così svariati aspetti e sviscerando questo micro-macro-cosmo a diverse scale. Il primo numero mi aveva deluso profondamente, perché se da una parte il soggetto è accattivante, dall’altra la narrazione risulta sciatta, incapace di coinvolgere: personaggi insipidi, ritmo singhiozzante e svolte di trama spogliate di qualunque sentimento. Così, speranzoso e titubante, mi sono gettato su questo prosieguo.

Un oscuro e immenso castello, costruito in cima a una montagna, immerge in un’ombra tetra la valle sottostante. All’interno del mastodontico edificio abitano gli Orchi-Dei, esseri umani dalle dimensioni gigantesche facenti parte di una dinastia di tiranni crudeli e incapaci di regnare. Ebbene sì, i giganti non hanno solamente una stazza ciclopica, ma pure una ciclopica superbia, e mostrano un completo disinteresse per le questioni di Stato. Così, questi sovrani hanno sempre fatto affidamento su un umano in modo tale che fosse lui a rapportarsi con la popolazione e a occuparsi del regno (burocrazia, economia, esercito ecc.), soddisfacendo di tanto in tanto i loro desideri perversi. Quest’uomo, insignito di una così prestigiosa carica, è il ciambellano, la “mano degli dei”.

Il ciambellano è dunque colui che rappresenta il volere degli Orchi-Dei tra gli uomini, diretto intermediario tra il popolo e la corte dei giganti; tra le mani ha un potere pressoché immenso e sotto certi aspetti è il vero re. Certo, non è un compito facile, perché vivendo a diretto contatto con i sovrani è possibile che si venga uccisi a causa dei loro attacchi di collera, o di un improvviso appetito (è pure capitato che il mandato di qualche ciambellano abbia accidentalmente trovato una fine prematura sotto la suola della scarpa di un gigante). Così, da un lato esiste il palazzo degli Orchi-Dei in cui risiede ufficialmente il potere, dall’altro, esiste il palazzo del ciambellano, in cui risiede ufficiosamente il potere e che rappresenta il centro nevralgico di incontro delle cinque famiglie nobili del regno che da secoli si spartiscono la carica (i Ragnar, gli Elissen, gli Zigness, gli Hunrahi e i Draken).

In particolare, il secondo capitolo della saga si concentra su Yori, un mezzo-sangue figlio di un sangue-nobile e di una cortigiana. Costretto ad abbandonare il palazzo insieme alla madre, Yori cercherà in ogni modo di scalare i vertici della piramide nobiliare per raggiungerne la vetta e diventare ciambellano. Il ragazzo viene inizialmente denigrato per il suo lignaggio, ma lui è scaltro e spregiudicato e riuscirà a muoversi con abilità attraverso i nobili salotti, manipolandone gli ospiti per ottenere ciò che desidera.

Gli Orchi-Dei – Mezzo Sangue mostra fin da subito pochi legami con il capitolo precedente: gli eventi narrati nei due volumi sono scarsamente interconnessi e in questo seguito vengono aperte nuove vie piuttosto che sfruttare quelle già segnate. L’universo narrativo si espande grazie all’inserimento di elementi sempre nuovi, ma l’architettura che gli autori allestiscono diventa così sempre più difficile da sostenere: certamente si tratta di una considerazione affrettata visto che stiamo parlando solamente dei primi due numeri di una pentalogia.

Tuttavia, giunti a questo punto si può osservare come i personaggi non aiutino a sostenere tale struttura. I giganti li abbiamo già conosciuti, sappiamo chi sono e non vengono ulteriormente approfonditi, passando così in secondo piano; all’interno di queste pagine l’attenzione è completamente focalizzata sugli uomini che abitano ricchi salotti nobiliari o i palazzi del potere (ambienti trattati con una certa superficialità). Come protagonista, Yori è ben più interessante di Piccolo, ma alla fine del volume risulta essere solamente un banale arrivista, senza alcuno spessore. Gran parte della storia ruota attorno al rapporto di Yori con la madre (l’interazione madre-figlio era un elemento già presente nel capitolo precedente), e gli autori ricercano l’intimità e la profondità dei loro sentimenti. Eppure, vuoi per l’impiego di dialoghi inefficaci, vuoi per una scarsa caratterizzazione dei personaggi, alla fine della storia non rimane niente del loro legame.

Come accadeva ne Gli Orchi-Dei – Piccolo, anche in queste pagine la narrazione non è fluida, ma convulsa e incapace di coinvolgere o di emozionare. Dopo una prima parte dal ritmo più rilassato, la storia accelera all’inverosimile sul finale: tuttavia, le basi che ci vengono fornite in principio sono insufficienti e le svolte di trama e i personaggi ci scorrono di fronte agli occhi senza colpirci. Di loro non resta alcuna traccia. I Disegni di Gatignol non possono fare nulla per risollevare l’opera: il disegnatore mantiene uno stile eccellente e questa volta sembra pure più a suo agio nel realizzare le tavole, vista la quasi assenza dei giganti nella storia – nel capitolo precedente era evidente una certa difficoltà dell’autore nel gestire le diverse proporzioni dei giganti e degli uomini, portando a risultati non molto piacevoli.

In conclusione, nonostante il grande numero di idee valide e la cura per certi particolari – specie nel disegno, o nella stessa veste del fumetto (l’edizione che Bao Publishing ha portato sugli scaffali è certamente pregiata) -, ciò che manca in questo progetto è proprio una struttura, un’unità che gli dia corpo. Si ripropongono le stesse mancanze del primo numero: non ci sono passi avanti, anzi, al più si torna indietro. Se Gli Orchi-Dei – Piccolo mostrava sequenze di azione che erano capaci di dare un dinamismo piacevole alla lettura, Mezzo Sangue risulta essere tremendamente noioso: la trattazione delle dinamiche di corte è superficiale e il racconto del rapporto tra Yori e sua madre – così come l’approfondimento psicologico del protagonista – è mediocre, privo di energia e debole. Non resta che attendere, ancora una volta, il capitolo successivo.

Francesco Biagioli

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