L’inganno delle sciamane e la rivincita della gentilezza

L’inganno delle sciamane, Fumiko Enchi
(Safarà Editore, 2019 – trad. P. Scrolavezza)

namamiko_copFumiko Enchi è una delle voci più importanti del Novecento letterario giapponese: il suo lavoro è stato paragonato a quello di colleghi prestigiosi come Mishima e Tanizaki e i suoi romanzi le sono valsi diversi prestigiosi riconoscimenti in patria. In Italia, la sua opera comincia a essere conosciuta grazie alla casa editrice Safarà, che aveva già portato in libreria Onnazaka e che adesso ha reso disponibile in italiano Namamiko – L’inganno delle sciamane nella traduzione di Paola Scrolavezza.

Il testo è preceduto da una prefazione di Giorgio Amitrano, che io ho letto solo alla fine perché non volevo anticipazioni sul contenuto. Il quadro introduttivo, in realtà, avrebbe potuto rendere più agevole il primo approccio al testo, perché all’inizio mi sono trovata catapultata senza punti di riferimento in una marea di personaggi storici indicati con diversi epiteti tra i quali ho un po’ faticato a destreggiarmi. L’opera, infatti, è un raffinato romanzo storico in cui finzione e realtà si intrecciano e si mischiano.

L’autrice usa l’espediente del manoscritto ritrovato e nel prologo racconta di come, da ragazzina, ha letto il Namamiko monogatari, un testo rarissimo del cui contenuto potrebbe essere l’unica custode. Per questo, una volta adulta, decide di scrivere quello che ricorda dell’opera, in modo da lasciarne traccia ai posteri. Il lettore è però avvisato: la memoria della scrivente è labile e il ricordo del testo si è mischiato ad altre suggestioni, letterarie e non, per questo il suo racconto potrebbe non essere del tutto affidabile.

In diversi punti dell’opera Fumiko Enchi mette infatti in discussione il valore letterario del Namamiko, del quale riporta interi brani fittizi, e ne mette in risalto i buchi di trama, confrontandolo con altre opere coeve come il ben più famoso Eiga monogatari. La vicenda narrata riprende infatti gli eventi dell’Eiga monogatari, opera dell’era Heian – intorno all’anno Mille – che racconta le gesta del potente cancelliere Michinaga, che per anni resse le fila del potere alla corte imperiale.

Se l’Eiga monogatari osanna la figura di Michinaga, il Namamiko ne mette in luce l’aridità e la sete di potere e racconta la storia da un punto di vista inedito: quello delle donne. La trama è semplice: il giovane Ichijō diventa imperatore a soli undici anni e gli viene data in sposa Teishi, di cinque anni più vecchia, che instaura con lui un legame di amore purissimo e profondo. Questo rapporto preoccupa Michinaga, che vorrebbe isolare Teishi e la sua famiglia e introdurre a corte sua figlia come Seconda Consorte Imperiale: inizia così una serie di intrighi che culmineranno nell’uso di Kureha, una falsa medium chiamata a fingersi posseduta dallo spirito vivente vendicativo dell’imperatrice.

La base narrativa sembrerebbe perfetta per una storia di manovre di palazzo alla Game of thrones, eppure lo sviluppo è radicalmente diverso: al centro della narrazione ci sono, infatti, i sentimenti reciproci, puri e sinceri, di Ichijō e Teishi. Gli sforzi di Michinaga sono volti a portare Teishi al suo stesso livello: diventare uno spirito vivente era ritenuta una condizione possibile per una donna che covasse rancore o cattivi sentimenti; l’unico modo in cui Michinaga può vincere è dunque dimostrare che la donna perfetta, bellissima e pura, che gode dell’amore dell’imperatore, cela in realtà dell’oscurità irrazionale nel suo cuore.

La ribellione di Teishi, che viene più volte indicata come l’unico membro dell’entourage imperiale a non essersi mai piegato a Michinaga, è quindi tutta interiore, spirituale: è un personaggio passivo, ma è immobile per scelta, e restando ferma vince.

Totalmente opposto a Teishi è il personaggio di Kureha, che viene indicata dall’autrice come la protagonista del Namamiko nonostante le sia dedicato molto meno spazio che alla sfolgorante imperatrice. Kureha viene posta da Michinaga al servizio di Teishi e diventa sinceramente devota all’imperatrice, ma la passione, la gelosia e l’orgoglio ferito trasformeranno la sua dedizione in odio e la porteranno a tradire l’adorata padrona.

Se Teishi incarna tutte le virtù femminili desiderabili in una donna del periodo Heian, Kureha è invece umana, terrena e sfaccettata; si fa trascinare dalle passioni, anche erotiche, e interviene con decisione sul proprio destino: questo la rende un personaggio moderno e interessante.

Il Namamiko denuncia l’impossibilità per le donne, nell’epoca Heian, di sottrarsi in alcun modo al dominio maschile: una donna che, come Kureha, provi a ritagliarsi il proprio spazio, è destinata al tradimento e alla problematicità, mentre per essere perfette, come Teishi, è necessario soffrire in silenzio, sopportare e rimanere ferme.

Daniela Moro, ricercatrice all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sottolinea nella postfazione come Teishi sia un personaggio piatto, vittima non agente del patriarcato, ed esalta invece Kureha come vera, rivoluzionaria figura femminile a tutto tondo, appassionata e pronta a sbagliare e a redimersi. Nonostante questa lettura sia senz’altro giustificata dal testo, io non riesco a leggere Teishi come una mera vittima senza sfaccettature.

Mi ha invece colpito come il personaggio dell’imperatrice riesca a vincere proprio grazie alle cosiddette virtù femminili: la dolcezza, la gentilezza, la fiducia sono certo caratteristiche della donna ideale inventata dagli uomini, ma sono comunque dei pregi, dei valori di cui solo una donna può farsi portavoce e interprete. Ciò che dovrebbe rendere Teishi succube e inerme è in realtà quel che la rende forte, e, secondo me, è questa rivalutazione di quel che solitamente viene definito femminile quasi con spregio l’elemento più innovativo de L’inganno delle sciamane.

Il romanzo di Fumiko Enchi meriterebbe ancora fiumi di parole e può essere scomposta e analizzata da diversi punti di vista: a questo punto, però, non resta che leggerla e attendere che Safarà ci consenta di accedere al resto dell’opera di questa straordinaria autrice.

Loreta Minutilli

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