Eclissi, Ezio Sinigaglia
(Nutrimenti, 2016)
Il suo progetto puntava dritto all’oscurità per cogliervi una luce. Era inesplicabile a lui stesso. Eppure era il progetto più forte e preciso che avesse mai formulato in vita sua.
Nella storia dell’astronomia, l’avventura è spesso parte integrante del viaggio verso la conoscenza: gli scienziati, tendenzialmente ingenui e impreparati, si sono imbattuti nel corso dei secoli nelle vicissitudini più assurde e intricate per riuscire a osservare i fenomeni più rari.
Anche Eclissi, il romanzo di Ezio Sinigaglia pubblicato da Nutrimenti nel 2016 e vincitore dell’edizione 2020 di Modus Legendi, è, a suo modo, la storia di un viaggio e di un’avventura. Il protagonista non è un astronomo, ma un architetto triestino in pensione, Eugenio Akron, che alla soglia dei settant’anni decide di partire per un’isola sperduta nel Nord Europa per assistere a una lunga eclissi totale di sole.
Quel che Eugenio si aspetta realmente dal fenomeno è più complesso di qualche minuto di straordinaria oscurità in pieno giorno: l’uomo è alla ricerca di una domanda, «che si sporgeva sul vuoto, sul mistero, come il grido stridulo di un cormorano, a sera, dalla vetta di basalto di uno scoglio. Una domanda che, forse, si nascondeva dietro il disco nero della Luna.» [p. 11]
Prima di trovare la sua domanda, tuttavia, Eugenio incontra Clara, ottantenne americana cacciatrice seriale di eclissi, e fra i due si instaura presto un’intesa sincera e profonda. L’amicizia con la donna porterà in superficie un ricordo sepolto dell’adolescenza del protagonista e sarà fondamentale per la sua ricerca di redenzione.
Questo è il nucleo narrativo di un romanzo che non somiglia a nient’altro che avrete letto, per una lunga serie di motivi, tra cui soprattutto l’evidente esigenza di raccontare per spiegare, la determinazione a sezionare un evento nella sua complessità fino a renderlo chiaro e visibile. Il “cercare una domanda” di Akron potrebbe apparire pretenzioso: se si vuole solo la domanda, dopotutto, è perché si ha già la risposta, e allora com’è possibile non sapere da dove viene?
Il capovolgimento di prospettiva, invece, sta proprio nella ricerca di qualcosa che è evidente eppure nascosto, mascherato dalla normalità e dalla visione d’insieme delle cose. In quest’ottica è naturale che la ricerca vada portata avanti in condizioni di normalità alterata, e quale momento migliore di un’eclissi, tre minuti di ordinario giorno in cui improvvisamente cala una notte anomala?
Il lettore viene guidato verso questa interpretazione attraverso pagine di ricchi dialoghi tra Eugenio e Clara, davanti a cene norrene o durante vagabondaggi turistici per l’isola. Appena si conoscono, i due stringono un accordo per migliorare la rispettiva conoscenza delle lingue: Eugenio parla a Clara in inglese e lei gli risponde con le reminiscenze di italiano dei suoi studi. Ne conseguono intere pagine in cui le parole della donna sono riportate in una lingua ibrida e personale, con brevi intermezzi in inglese.
Non è l’unica contaminazione linguistica del testo: ci sono anche il triestino dei ricordi di Eugenio e l’inglese approssimato dallo svedese degli abitanti dell’isola. La complessità linguistica potrebbe scoraggiare la lettura, ed effettivamente potrebbero esserci dei passaggi ostici per un lettore che non conosce l’inglese. Se si ha una padronanza base della lingua, tuttavia, il miscuglio di lingue diventa un giocoso valore aggiunto che sottolinea l’ambiguità di ogni contatto, di ogni ricordo.
Chi rincorre un’eclissi sta rincorrendo la natura in una delle sue manifestazioni più estreme per cercare di carpirne il segreto ultimo. Cosa ci si aspetta di provare, davanti al disco oscurato del sole? Può veramente essere un momento catartico e risolutivo? In Eclissi le risposte sono personali e originali, ma sono universali l’impotenza dell’uomo davanti alle forze naturali e la necessità di dare un senso alla loro furia più cieca.
Loreta Minutilli