Una ballata noir: il giallo a fumetti di Carlotto e Ruju

Ballata per un traditore, Massimo Carlotto, Pasquale Ruju, David Ferracci
(Feltrinelli Comics, 2020)

L’atmosfera, l’ambientazione, i personaggi: tutto in Ballata per un traditore deriva dalla tradizione più pura del noir. Siamo però a Milano, una città corrotta dove la malavita organizzata veste abiti firmati e occupa i più alti gradini della scala sociale, tra prostitute d’alto borgo e luccicanti casinò. Una notte, il poliziotto Beppe Galli e un suo informatore vengono uccisi dal collega – e amico – Davide Valenti, ripreso dalle telecamere di sorveglianza. Questo evento riporta a galla tutti i peccati nascosti all’interno del commissariato di polizia, con l’ex-poliziotto Lo Porto, il vero protagonista della storia, che cerca di ritrovare Davide e venire a patti con un passato corrotto.

Il graphic novel nasce dalle menti di tre autori già ben inquadrati all’interno della cornice del genere noir. C’è Massimo Carlotto, scrittore dal ’95 di gialli dalle tinte nere e protagonista in prima persona di un evento di cronaca sconcertante che lo costrinse a vivere una lunga epopea giudiziaria. Il suo nome ha iniziato a circolare all’interno dell’ambiente letterario con la pubblicazione di Il fuggiasco (Edizioni E/O), opera in cui romanza le sue esperienze da latitante, trasposto poi in un film di Andrea Manni, e grazie al successivo Arrivederci amore, ciao (Edizioni E/O).

La sceneggiatura è invece opera di Pasquale Ruju, veterano delle principali produzioni seriali Bonelli, dal nero Dylan Dog alle indagini di Martin Mystère. Il disegno è affidato infine alla mano di David Ferracci, un giovane autore classe ’89 che nella sua produzione artistica gioca molto con l’inchiostro, tavole dal forte contrasto chiaroscuro, neri che si alternano a neri ancora più bui e a bianchi luminosi. Insieme, Carlotto, Ruju e Ferracci hanno dato vita un fumetto noir perfettamente inquadrato nel genere, con una sceneggiatura e un comparto grafico funzionale al soggetto, un’ambientazione oscura e fascinosa, personaggi tormentati e cupi, e che forse proprio per questo non riesce ad aggiungervi nulla, quasi fosse un compito ben riuscito destinato a confondersi tra altre infinite produzioni simili.

Partiamo quindi dal soggetto. Carlotto sicuramente sa come scrivere una storia funzionale: c’è un caso di cronaca nera che accende una miccia destinata a far esplodere gli equilibri di un sistema corrotto, in cui si incontrano malavita e polizia milanese. Nonostante buona parte degli eventi più importanti si svolgano prima dell’inizio dell’opera, la storia si prende i suoi tempi per far emergere i dettagli, senza eccedere in fastidiose spiegazioni che interrompono il normale flusso narrativo. I personaggi sono tanti ma ben inseriti, il risvolto di metà narrazione non è facile da prevedere e il ritmo costante non cede mai il passo a momenti di noia. Al tempo stesso, Milano potrebbe essere una qualsiasi metropoli americana e i personaggi hanno la stessa personalità stereotipata di nomi molto più emblematici del genere: c’è l’ex-poliziotto tormentato e duro, il commissario donna sensuale ma tosta, gli amici fedeli con cui condividere un rapporto di fratellanza, le prostitute provocanti e approfittatrici, e ognuno di loro svolge il ruolo che ci si attende. È una narrazione maschile, nel senso più machista e virile del termine, come insegna la lunga tradizione noir americana, e proprio per questo è prevedibile e piatta.

La sceneggiatura, come già accennato, è opera dell’autore “bonelliano” Pasquale Ruju. Chi frequenta il campo sa che la casa editrice Bonelli ha un suo modo di impostare le tavole, con sei vignette disposte ordinatamente sulla pagina e poche variazioni possibili. Ballata per un traditore è quasi un potenziale fumetto Bonelli, anche se a prima vista potrebbe apparire più innovativo: ci sono strisce, inserti, vignette dai contorni sfumati, ma alla fine l’impostazione visiva è comunque quella di una tavola classica, nonostante talvolta si conceda qualche libertà stilistica in più. Questo però non vuol dire che la sceneggiatura non funzioni. Ci sono al contrario alcune trovate molto interessanti, come lunghe scene mute che ricalcano un montaggio quasi cinematografico, o focus su dettagli apparentemente secondari della scena che però danno vigore alla storia. La narrazione funziona, è l’originalità della sua struttura a venir meno.

Infine, i disegni. Le illustrazioni di Ferracci sono ottime per il tipo di racconto, ma sembra che l’autore sia stato ingabbiato nei vincoli del genere, e in particolare nella declinazione un po’ troppo fedele di Carlotto e Ruju. I tratti sono minimali, i personaggi maschili sono così simili tra loro che solo la capigliatura è in grado di distinguerli, il nero non è mai eccessivo e i dettagli dell’ambientazione sono spesso appena accennati. In un certo senso, si è scelto di adottare quel tipo di disegno che permette di semplificare la lettura. Un vero peccato se si considerano le potenzialità dell’illustratore, che prima di Ballata per un traditore aveva già sperimentato con il noir dando prova di un certo talento, qui forse troppo oppresso per dare risalto a un flusso narrativo tutto sommato poco incisivo.

In definitiva, Ballata per un traditore è un’opera godibile il tempo di una lettura, destinata poi a sparire tra i ricordi di molti altri lavori simili, nel calderone italiano del noir.

Anja Boato

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