Il 15 novembre del 1920, a Comiso in provincia di Ragusa, nasceva Gesualdo Bufalino, seduttore di spettri, voce unica e inimitabile del Novecento italiano, tra le espressioni più alte di quel che significa fare Letteratura. In occasione del suo centenario, dedichiamo al grande scrittore siciliano una settimana di articoli firmati da scrittori, critici, studiosi per indagare la cosmologia dell’opera bufaliniana.
Bufalino che ha saputo usare le parole a una maniera che è sua soltanto, come un pittore che dipingesse con tinte e colori inediti, mai prima d’allora scoperti e adoperati, donando alla tela una luce persino più bella, più intensa di quella naturale. La lingua italiana, attraverso la sua scrittura, sembra rispondere a leggi della fisica che non sono valide in ogni altro punto dell’universo. Ma Bufalino non è solo la sua lingua. Bufalino è la capacità di indagare le passioni umane e di descrivere l’inquietudine e lo smarrimento del vivere con la maniera che compete solo agli scrittori più grandi.
Quando l’ho letto la prima volta, ho avuto una sensazione febbrile e vertiginosa, paragonabile a una sindrome di Stendhal: ero estasiato, sorpreso, grato. Stessa sorpresa ebbe l’Italia letteraria nel 1981, quando quello che fino ad allora era uno sconosciuto signore di sessantun’anni esordisce con Diceria dell’untore, ispirato alla sua esperienza in un sanatorio negli anni ’40; romanzo che confessa di aver scritto agli amici Elvira Sellerio e Leonardo Sciascia solo dopo le loro insistenze, quand’ormai il suo amatissimo segreto era stato scoperto.
Nello stesso anno vince il Premio Campiello. Sette anni più tardi è la volta dello Strega con Le menzogne della notte, una Mille e una notte in miniatura, in cui a raccontare la propria vita e le proprie avventure picaresche sono a turno quattro prigionieri che attendono in veglia la loro esecuzione, in un carcere borbonico, su un’isola mediterranea, in una notte di tempesta.
Appena quindici anni dura la vita da artista di quel professore di lettere coltissimo, che non voleva confessare neppure ai suoi amici letterati che scriveva, e che auspicava, semmai, una pubblicazione postuma. La sua vita si spense il 14 giugno del 1996. Rientrava a Comiso, di ritorno da una visita alla moglie Giovanna che da poco era stata colpita da ictus, quando un auto proveniente dal senso di marcia opposto era andata a scontrarsi con quella su cui viaggiava lui. Non aveva ancora 76 anni. Spirò quattro ore dopo nell’ospedale di Vittoria.
Come tributo a quel professore che praticava la scrittura in clandestinità, e che segretamente realizzava opere a cui la storia della letteratura dovrebbe ergere monumenti, Il rifugio dell’ircocervo ferma dunque la sua ordinaria attività per l’intera settimana. Non solo una celebrazione sentita e doverosa, ma un auspicio per tutti ad approfondire la conoscenza di uno scrittore unico.
Hanno partecipato Francesco Borrasso, Marco Cicirello, Alessandro Cinquegrani, Angelo Di Liberto, Mimma Rapicano e Alessandro Zaccuri. Ad accompagnare i loro articoli, materiale dell’archivio fotografico della Fondazione Bufalino. Tutti i contributi sono scaricabili gratuitamente in un unico file PDF, EPUB o MOBI per leggerli comodamente anche da tablet ed e-reader.
Il nome dell’iniziativa, che ho curato con il contributo fondamentale di Giuseppe Girimonti Greco, lo prendo in prestito da un film documentario che Franco Battiato aveva dedicato a Bufalino dieci anni fa: Auguri Don Gesualdo.
Giuseppe Rizzi
Bufalino al circolo culturale di Comiso, 1990
(Gentile concessione Fondazione Bufalino)
Bravo! Ben fatto! Ottima idea!
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