Languire in una florida ed eccitante vita interiore

Una florida ed eccitante vita inferiore, di Paul Dalla Rosa
(Pidgin Edizioni, 2024 – Trad di S. Pirone)

«A volte Alice pensava che se avesse guardato dentro di sé avrebbe trovato un animale, qualcosa di attorcigliato, qualcosa di ringhiante. Da sola a letto lo cercava e non trovava nulla.»

Una florida ed eccitante vita interiore è una raccolta di racconti dell’esordiente australiano Paul Dalla Rosa. Capace di un cinismo raffinato, divertente e doloroso al contempo, l’autore racconta i drammi esistenziali dei millennial, facendo uso di quella sfumatura di stile asciutto e amaro, ruvido, su cui si fonda la ricerca editoriale di Pidgin edizioni.

Che si trovino in metropoli alienanti (come lo sono Dubai e Los Angeles), o piccole città periferiche e anonime, i protagonisti dei racconti vivono in contesti estranianti, lontani da casa, come studenti fuori sede o lavoratori nel digitale, intontiti dalle droghe o dai loro impieghi impegnativi e mal retribuiti; o ancora come ragazzini che vivono dissociati dalla realtà, vulnerabili e manipolabili da un mondo puramente indifferente, grigio e ostile, forse a volte tratteggiato in modo eccessivamente drammatico, anche se per espediente narrativo.

Ciò che caratterizza i rapporti tra i personaggi è una totale e brutale mancanza di cura, sia da parte dei loro cari che verso i loro confronti: specchio di una modalità relazionale contemporanea, l’autore racconta una scarsità di interesse per le persone che fanno parte della nostra quotidianità, soffocate da un miasma di stimoli digitali, impegni lavorativi rapsodici e una generale dispersione della concentrazione. Come se l’affetto o le attenzioni verso persone che vediamo ogni giorno fossero droghe troppo leggere a cui ormai siamo abituati, o meglio assuefatti, per cui non sortiscono più alcun effetto.

Questa mancanza di interesse emotivo avviene in quelle persone che più di tutte dovrebbero preoccuparsi: nel libro fanno la loro comparsa fidanzati che minimizzano gli stati emotivi dei partner, genitori assenti, amici opportunisti. In un mondo tanto avverso, i personaggi, sprovvisti di una qualsiasi rete di supporto, si smarriscono in sconvenienti lavori precari, debiti inesauribili, sogni infranti, che li danneggiano sempre di più.

Questa totale mancanza di controllo è dovuta, in loro stessi, a una sorta di pigrizia, che in superficie appare solo come desiderio di evasione, ma che in realtà nasconde una più feroce certezza di non poter riuscire ad avere successo, ad essere davvero felici, che porta al crogiolarsi nella propria insofferenza. Nell’impossibilità di raggiungere ciò che davvero vorrebbero, i protagonisti procrastinano i loro doveri e i loro problemi, alla deriva di un’apatia esistenziale, ritrovandosi in situazioni via via sempre peggiori.

Lo scopo dell’autore è tutto fuorché moralistico, e si inserisce in quella letteratura indipendente che non vede interesse nella linearità di una narrazione compiuta o nello sviluppo di una trama di formazione per il personaggio: i protagonisti dei racconti non imparano, né ci insegnano nulla. Non si capisce davvero fino a che punto siano vittime o carnefici, di loro stesse e/o degli altri; sicuro è che la narrazione insiste, in modo affascinante quanto deprimente, sulle loro vite statiche e claustrofobiche, in uno sprofondamento che assume toni quasi sensuali, un lungo languire nella loro stessa decadenza.

Ad alimentare questo senso alienante, e tuttavia di drammatico realismo, la raccolta si serve di una scrittura perturbante, nel suo significato di unione tra familiare e assurdo. Molti dei pensieri e delle azioni descritte nel libro potrebbero appartenere al campo semantico della quotidianità, se non fosse che, ogni tanto, come sintomi nevrotici improvvisi, vi si inserisce un pensiero o una frase del tutto fuori posto, che sconvolge il significato della narrazione come un fulmine a ciel sereno, e che allo stesso tempo appare perfettamente naturale e spontanea.

«Emma aveva iniziato a vedersi come un modello in uno dei suoi rendering, o meglio come un avatar di Emma nel gioco The Sims o nella sua espansione Brooklyn. L’avatar di Emma era un Sim che giocava a The Sims per guadagnare denaro, che però era sempre e solo sufficiente per continuare a giocare e, in certi momenti, per migliorare gli articoli per la casa. Il pensiero di tutto ciò le faceva venir voglia di scoprire i denti, di strisciare sotto il letto, di rotolarsi nuda sul pavimento.»

Il racconto in questione, Charlie ad alta definizione, racconta di Emma, una giovane professoressa precaria all’università e artista digitale, e del suo gatto Charlie, che inspiegabilmente diventa sempre più aggressivo, man mano che la narrazione procede, specialmente nei confronti della sua coinquilina. Nella storia, le frustrazioni provate da Emma la deformano in una versione impulsiva e aggressiva di sé stessa, in una metamorfosi ironica e grottesca che la vede sempre più simile al suo gatto, quando anziché obbedire alla padrona agisce istintivamente, in modo violento e imprevedibile.

Più volte nel libro la dimensione animale si fa metafora di una dimensione viscerale, appartenente all’istinto, alla sessualità, ai bisogni egoistici e fisiologici della carne. Attraverso questo dispositivo, l’autore vuole raccontare l’insofferenza del lato selvatico dell’umano, addomesticato a fatica da una società sempre più complessa, astratta e macchinosa. Lontano da una critica sostenuta contro l’utilitarismo del sistema capitalista, lo scopo della narrazione è quello di raccontare in modo freddo, quasi scientifico e disimpegnato, il dramma umano generato dal conflitto tra desiderio non funzionale e funzione sociale.

Davide Lunerti


L’immagine di copertina è stata generata tramite AI (Bing Image Creator)

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