Il libro dell’estate, Tove Jansson
Prima di scoprirla nel catalogo Iperborea, conoscevo Tove Jansson solo come creatrice dei Mumin e già adoravo le loro avventure descritte con deliziosi particolari, sentimenti appena accennati e oggetti che contengono mondi. Nel Libro dell’estate ho ritrovato molte delle cose che mi piacevano della Jansson Salani e ne ho scoperte altri, altrettanto lievi e dolci, che però ad un pubblico di bambini sarebbero sfuggite.
È difficile applicare la parola romanzo a questa storia, non c’è davvero abbastanza intreccio per giustificare questa scelta lessicale. Piuttosto potrei associare questo libro ad un album di ricordi in cui al posto delle fotografie sono incollati piccoli testi che incorniciano anni, giorni, vite.
Ogni capitolo, infatti, potrebbe essere un racconto a sé stante e tutti sono accomunati dai personaggi che li popolano, dai luoghi che descrivono e da una vaga sensazione di sciabordare avanti e indietro nel tempo.
Un’isoletta finlandese ai confini del mare aperto, una nonna, una bambina, Sofia, un padre che è poco più di un personaggio muto: questi gli ingredienti dell’estate raccontata da Tove Jansson, anzi, delle estati, perché anche se Sofia sembra avere sempre la stessa età i capitoli esplorano momenti di estati diverse che hanno sempre in comune l’amicizia incantata tra Sofia e la nonna e la loro scoperta comune del mondo.
Non c’è infatti nessun’altra parola adeguata per descrivere il rapporto tra le due: Sofia e la nonna sono amiche. Bisticciano, si confidano segreti, esplorano nuovi luoghi, elaborano strategie per affrontare le novità che animano le loro giornate proprio come due persone sullo stesso livello, in cui ognuno ha qualcosa da imparare dall’altro. Certo, in molti momenti la lunga esperienza di vita della nonna è necessaria a calmare le insicurezze di Sofia, ma altrettante volte è la bambina che permette alla nonna di vivere e rivivere esperienze che altrimenti non avrebbe sfiorato.
Ho trovato dolce e originale la descrizione del rapporto tra le due e mi sono affezionata così tanto alla strana coppia di protagoniste che girare l’ultima pagina è stato come salutare delle vecchie amiche. Non avevo mai letto un personaggio anziano dipinto con tanta obiettività e vividezza e le inesauribili risorse della nonna nel calmare le paure di Sofia senza sminuirle e senza scappatoie me l’hanno resa cara come pochi altri personaggi letterari.
La terza protagonista del libro è la natura nordica, non selvaggia ma abbastanza indipendente perché l’uomo sappia conviverci senza pretendere di domarla, come solo nei romanzi del Nord Europa succede. Il mare, il giardino, la casa, la montagna, la spiaggia sono descritti con un lessico variopinto e specifico e con una ricchezza di particolari che rendono di per sé un piacere la lettura, bella per il solo gusto di crogiolarsi nel suono delle parole, immaginare i luoghi e percepire gli odori.
Sarebbe facile accusare questa storia di essere inconcludente, di non regalare emozioni forti, di non portare a nulla. L’ultima affermazione è abbastanza aderente al vero: non c’è un punto d’arrivo, solo una serie di episodi più o meno importanti in cui è possibile rincorrere la traccia di un’idea, di un filo rosso, per poi subito dopo temere di averlo solo immaginato. E non è così anche la vita? Ecco, una storia come questa non ha sicuramente il respiro ben scandito e riconoscibile a cui siamo abituati dalla letteratura tradizionale, ma è estremamente più vicina al battito della vita vera e questo, a mio parere, la rende una piccola perla della letteratura del Novecento.
Un’ottima lettura per cominciare l’estate.
Davvero un’ottima lettura! se non l’hai letto, ti consiglio Fair play: bellissimo!
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Ero indecisa se leggere prima quello o “La barca e io” dato che sento già nostalgia della Jansson, questo consiglio scioglie il dubbio 🙂
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se vuoi farti un’idea, l’ho recensito, lo trovi nelle recensioni; poi facci sapere se ti è piaciuto!
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