Tokyo Express, Matsumoto Seichō
(Adelphi 2018)
Lui e lei, distesi su una bella spiaggia rocciosa dell’isola di Kyūshū, morti. Un suicidio d’amore, come capita non di rado in Giappone. La polizia archivia rapidamente il caso, tuttavia due ispettori rimangono dubbiosi sull’intera vicenda e indagano. È così che prende avvio il poliziesco di Matsumoto Seichō Tokyo Express, uno degli ultimi libri usciti per Adelphi.
Una coppia che si uccide con il cianuro senza lasciare un biglietto d’addio desta qualche sospetto. A ciò si aggiunge che i due hanno preso lo stesso treno da Tokyo per Hakata ma poi, una volta arrivati, hanno passato quasi una settimana separati: si ritrovano precipitosamente solo nel momento del suicidio. Gli ispettori Torigai Jūtarō e Mihara Kiichi approfondiscono le ricerche e si scontrano con una ricostruzione degli eventi fin troppo piana e scorrevole. Un gran numero di prove consolidano l’ipotesi del suicidio: così numerose e così apparentemente casuali da dare l’impressione di essere artefatte. I poliziotti si ostinano in una battaglia personale contro quella che sembra la razionale evidenza dei fatti ma in realtà non è altro che il senso comune: «Le persone tendono ad agire sulla base di idee preconcette, a passare oltre dando troppe cose per scontate. E questo è pericoloso. Quando il senso comune diventa un dato di fatto spesso ci induce in errore».
Questo caso, e il libro stesso, è costruito su un gran numero di complicati spostamenti che affaticano i personaggi da un capo all’altro del Giappone: orari dei treni precisi al minuto e fitti elenchi di stazioni di partenza e arrivo affollano numerose pagine. Ma c’è anche qualcuno che non si muove. Costretto in casa dalla tubercolosi, un particolare personaggio fantastica con l’orario dei treni sotto gli occhi sui viaggi a lui impediti dalla malattia. È una scena in cui per un attimo il lettore occidentale si sente trascinato di peso di nuovo in Europa, precisamente nella camera di Marcel Proust.
Proust e un poliziesco giapponese: un accostamento certamente incongruo e magari ingiustificato. Tuttavia «leggo “Yusubaru” e mi immagino un villaggio stretto tra le montagne del Sud, nel folto della vegetazione, mentre “Amarume” è una cittadina immersa nel paesaggio desolato del Tōhoku, sotto un cielo di cenere» è difficile qui non essere travolti, come il giovane Marcel, dalla nostalgia per luoghi sconosciuti e dal fascino dei nomi di paesi e città mai viste.
I treni di questo libro parlano del Giappone e della sua geografia complicata, avvolgono il lettore nel fascino dell’ignoto. Ma sono anche il filo rosso che i due ispettori seguono per risolvere il caso.
Tokyo Express è un poliziesco piacevole e avvincente, ma fra le pieghe dell’indagine affiora anche altro. Qualche rapido scorcio lascia intravedere la condizione delle donne in Giappone a metà del secolo scorso: obbedienti e sottoposte all’uomo, e tuttavia capaci di enormi rese dei conti.
Adriano Cecconi