HEAD LOPPER & THE ISLAND or A PLAGUE OF BEASTS
e
HEAD LOPPER & THE CRIMSON TOWER,
Andrew MacLean
(Image Comics, Inc., 2016 e 2018)
Premessa: di seguito si farà riferimento ai due volumi delle edizioni americane di Head Lopper editi da Image Comics, Inc. rispettivamente nell’ottobre del 2016 (che raccoglie gli spillati #1-4) e nell’aprile del 2018 (#5-8). A settembre 2018, il primo volume della serie è stato pubblicato da Panini Comics anche per il mercato italiano: tale pubblicazione non sarà presa in considerazione, ma si ritiene comunque opportuno segnalarne la presenza.
– Now let’s go kill some things!
-Gladly.
Norgal il Falciateste è un guerriero. Non parla molto e del suo passato non si sa alcunché. Quello che si sa è che ha una folta barba bianca e muscoli poderosi con i quali riesce a far danzare la sua grande spada, e che condivide le sue avventure con Agatha, la testa parlante della Strega Blu che prima di incontrare la suddetta lama era l’intera Strega Blu. La loquace fattucchiera è solo una delle vittime del Falciateste, perché il mondo fantastico raccontato da Andrew MacLean è ricolmo di minacce, quindi di nemici, quindi di teste che devono essere tagliate, e bene o male la storia presenta questa semplice impostazione a caratteri generali. Tuttavia, sarebbe totalmente sbagliato (oltre che indegno) ridurre quest’opera a una sola escalation di violenza e di azione, perché la lettura, oltre a divertimento e adrenalina, è in grado di regalare ben altro
La serie ricama la sua narrazione sul genere dello sword and sorcery, e programmatica sembra la scelta di due protagonisti che sono simboli di spade (Norgal) e sortilegi (Agatha). L’autore gioca su questo contrasto tra forza materiale ed energia magica attraverso i dialoghi tra il taciturno guerriero e la petulante strega, che sono pura brace per accendere le tavole con una ironia senza freni; tutto ciò caratterizza un fumetto psichedelico e dalla spiccata varietà, viste anche le differenze di tono tra i due volumi.
HEAD LOPPER & THE ISLAND or A PLAGUE OF BEASTS è infatti un fantasy più “classico” (anche se sarebbero necessarie numerose paia di virgolette per giustificare l’uso di tale epiteto), e in prima istanza appare più legato al genere. L’ambientazione è quella di una tetra landa – con morfologie tipiche di regioni britanniche, oppure irlandesi, oppure islandesi –, e si respira costantemente un pungente odore di mistero, che serpeggia attraverso lugubri paludi, crepacci e boschi abitati da bestie crudeli, o perfidi stregoni. Si tratta quasi di una fiaba cupa, ricca di magia e rappresentata da colori tendenzialmente freddi. Al contrario, i colori di HEAD LOPPER & THE CRIMSON TOWER sono caldi, luminosi, diversi da quelli del primo volume perché diversa è l’atmosfera: stavolta i personaggi sono imprigionati nella Torre Rossa, e la loro sopravvivenza è minacciata da trabocchetti e da sfide di ardua difficoltà. C’è sempre il mistero che riesce a catalizzare l’attenzione, ma in questo caso è pure presente una fortissima commistione tra antichità e modernità, o magia e tecnologia – come può accadere in fumetti quali One Piece (Star Comics), o Saga (Bao Publishing), o Dragonero (Sergio Bonelli Editore). Ciò porta a una deflagrazione di idee, che si manifestano in pregevoli soluzioni visive (e narrative) e nemici dal design sempre più vario e ispirato: la serie sembra non riuscire a trovare un punto di equilibrio, ma procede incessantemente in una folle corsa lungo le strade neurali dell’immaginazione.
lo stile grafico è pulito, limpido, molto cartoonesco alle volte (nonostante la violenza mostrata) e si compone costantemente di una speciale dicotomia dettaglio – semplificazione. In due vignette attigue, il medesimo soggetto può essere ricco di particolari, oppure ridotto a poche linee minimali, a seconda di cosa sia più indicato per il flusso dell’azione. Paragonato innumerevoli volte (pure con alcune punte di acidità) al sottile ed essenziale tratto del leggendario Mike Mignola (Hellboy, Magic Press Edizioni), il disegno del giovane MacLean ha una forte identità, ed è opportuno riconoscerne i meriti, al di là dei debiti che ha con le opere del più vecchio collega americano (che fu, tra gli altri, uno dei primi autori ad accorgersi delle potenzialità di questo fumetto).
Prendendo in esame Hellboy (ma ciò si può vedere anche in altre pubblicazioni di Mignola) si può osservare uno stile sì ironico, ma che mantiene comunque una forte solennità (o religiosità); La narrazione è fortemente dinamica e composta di vignette che tendono a rappresentare singoli istanti temporali e a congelare la scena; infine, il disegno è più sottile e spigoloso, e il rapporto luce – ombra viene trattato con un punto di vista totalmente diverso (che poi è quasi la firma inconfondibile del buon Mike).
Head Lopper fin da subito mostra una minore drammaticità, e il dinamismo delle varie scene è reso tramite linee cinetiche che descrivono il moto degli oggetti, degli arti, dei corpi: il cervello è così facilitato nel ricostruire micro-movimenti di micro-sequenze all’interno di ogni vignetta, complice anche un certo didascalismo nella sceneggiatura (specie nelle sezioni di combattimento), che però non è mai prolisso e, anzi, facilita l’immersione negli eventi raccontati. Il tratto è più marcato (banalmente perché MacLean inchiostra i contorni a pennello, e non a pennarello graduato come Mignola) e più rotondo: le pennellate vanno a descrivere curve morbide ed energiche, con una precisione veramente notevole (ad esempio, sul profilo di @andrewmaclean su instagram si possono vedere alcuni video di inchiostrazione delle tavole, ed è un piacere per gli occhi seguire quella mano mentre, ferma e delicata, traccia le linee a china), come è pure notevole l’evoluzione del disegno, che, attraverso le numerose pagine, diventa progressivamente più raffinato, sottile, ondulato, trovando una solida personalità.
Nato come autoproduzione, Head Lopper è dunque una serie davvero ben riuscita, e certamente uno dei migliori fumetti fantasy in circolazione; personalmente, non ricordo letture recenti che mi abbiano appagato così tanto; forse solamente Brigada di Henrique Fernandez (Tunué, 2015). Andrew MacLean si dimostra essere uno scrittore di considerevole bravura, così come un disegnatore altrettanto valido, dotato di uno stile minimale e morbido, e il fatto che la sua mano sia ancora in evoluzione non fa che acuire la curiosità per ciò che verrà in futuro. Non resta che attendere le prossime pubblicazioni (in america sono già usciti gli spillati #9 e #10) per gettarsi nuovamente a capofitto in un universo roboante, raccontato per mezzo di un punto di vista vivace, in grado di fondere in una sardonica grammatica accattivante la magia di un medioevo fantastico e l’energia cinetica della modernità.
Francesco Biagioli
2 Comments