Governare la rivoluzione del nostro tempo: il digitale secondo Baricco

The Game, Alessandro Baricco
(Einaudi, 2018)

 

baricco

Leggendo un qualunque scambio di tweet fra Trump e Kim Jong Un il primo pensiero che romba nella testa di tutti è quello del disastro nucleare; tuttavia ne potrebbe sorgere anche un altro, più subdolo, che suonerebbe così: “non è che le recenti innovazioni tecnologiche ci hanno spinto, a nostra insaputa, a gestire la politica estera con i 280 caratteri di Twitter?”Di questo secondo pensiero si potrebbe dire che si occupi Alessandro Baricco nel suo ultimo libro, The Game, edito da Einaudi tre settimane fa. L’autore, tentando di leggere i segni dei tempi, non usa mezzi termini; le innovazioni che la tecnologia informatica ha fatto negli ultimi anni non vanno considerati solo come brillanti passi in avanti del progresso, ma come una vera e propria rivoluzione: la rivoluzione digitale. Un’espressione che inserisce un punto di discontinuità nel flusso dell’esperienza che gli uomini stanno facendo del mondo: un vero e proprio sovvertimento dell’ordine delle cose, tant’è che facciamo fatica a ricordare come e cosa facevamo prima, senza Google, Amazon, Wikipedia, Facebook, Twitter, gli smartphone.

Baricco ripercorre le tappe di questa rivoluzione dagli anni 80 fino a oggi, offrendo peraltro una ricostruzione degli ultimi decenni inedita (almeno per il lettore comune) e decisamente affascinante. Veder scorrere in una prospettiva storica la nascita di Internet, del web (Internet e web non sono sinonimi, è una precisazione che merita), del PC, e infine delle colossali aziende che ormai hanno riempito le nostre vite e il nostro tempo, dà una senso di liberazione: forse dato dal sentire per la prima volta (almeno per me è stato così) che anche il mondo digitale, che pensiamo come un eterno e imprendibile presente, può avere la misura del passato.

Ripercorrere la storia della rivoluzione digitale consente a Baricco di fare alcune considerazioni: anzitutto i suoi artefici sapevano di essere dei rivoluzionari. Dunque la domanda: “Gli strumenti digitali hanno rivoluzionato il modo di pensare degli uomini?” risulta mal posta. La domanda giusta invece è: “Quale rivoluzione del modo di pensare degli uomini ha prodotto gli strumenti digitali?”. Posta la questione in questi termini, comprendere questo sovvertimento del mondo diventa poi non molto diverso dal comprendere le grandi rivoluzioni che stanno nei libri di storia. E’ un cambio di prospettiva è veramente significativo, ostacolato finora dal fatto che chi ha inventato il mondo digitale non ha lasciato testi fondativi e sistemi di pensiero, ma solo strumenti. Un’affermazione di uno dei “rivoluzionari”, Stewart Brand, è in questo senso illuminante:

Molte persone provano a cambiare la natura degli umani, ma è davvero una perdita di tempo. Non puoi cambiare la natura degli umani; quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche. Allora, cambierai la civiltà.*

L’altra acquisizione importante a cui Baricco giunge è che il mondo in cui viviamo, un ibrido di “reale” (ma cosa vuol dire “reale”?) e digitale, è un mondo progettato tutto da ingegneri. Tutti i rivoluzionari erano maschi, ingegneri, americani. Non stupisce quindi che funzioni alla perfezione, ma non stupisce nemmeno che abbia i limiti che tutti ormai abbiamo imparato a conoscere.

The Game, come tutti gli altri libri, può piacere o non piacere. Ma quello che qui si può sicuramente dire, senza timore di essere contraddetti, è che The Game è un libro davvero importante. Perché ha messo forse per la prima volta davanti agli occhi di tutti (davvero di tutti, è un libro molto leggibile e molto piacevole) la necessità stringente di interrogarsi su dove stiamo andando e cosa ci stiamo lasciando alle spalle. Alessandro Baricco ha suonato una campana. Per chi suona? In un mondo progettato da maschi, ingegneri, americani ora la campana suona per donne, umanisti, europei.

Adriano Cecconi

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*A. Baricco, The Game, Torino, Einaudi, 2018, p. 108.

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