Il gioco del mondo – Il Salone del Libro 2019 secondo il Rifugio dell’Ircocervo

Si è conclusa ieri sera l’edizione 2019 del Salone Internazionale del Libro di Torino, e come ogni anno noi del Rifugio dell’Ircocervo ci siamo tuffati in questo mondo mistico in cui i libri chiamano i lettori da ogni angolo come sirene tentatrici, gli scrittori si aggirano in incognito nella folla e indossare scarpe comode è più importante che durante un’escursione in montagna.

Da quest’anno la nostra redazione si è allargata e di conseguenza non abbiamo un’unica esperienza di Salone del Libro, ma ben sette: saremo riusciti a catturare tutte le sfumature di quest’evento unico? Tutti i membri della redazione che erano presenti ci hanno provato, ecco le loro impressioni (e i loro bottini libreschi!).

Al Salone ci sono andato con una persona che non legge – Pierpaolo Moscatello

Al Salone ci sono andato con una persona che non legge. Più che altro le piace commentare le copertine: ha adorato gli Iperborea, ma anche quella collana di libri-cartolina de L’Orma, dal cui stand abbiamo rubato una spilla con la faccia di Rimbaud.
Volevamo vedere Jovanotti.
L’incontro era alle sette, Sala Oro, e mentre saltavamo da un banchetto all’altro in cerca di copertine da commentare, circa un’ora prima – senza sapere che la coda aveva già superato le settecento teste ospitabili e che non saremmo mai riusciti a entrare –, io tenevo gli occhi alzati attento alle persone famose; ogni volta che ne vedevo una gliela indicavo.
“Quello è Calasso.”
“E chi sarebbe?”
“Guarda, c’è anche Missiroli.”
“Chi?”
Con Alberto Angela è stata entusiasta – gli ha fatto qualche foto di nascosto –, con Rocco Siffredi è rimasta interdetta: non ci credeva che era lui, ma era lui davvero, l’abbiamo pedinato e al posto delle copertine abbiamo iniziato a commentare i tacchi della moglie.
Più tardi, in metro, lei si è addormentata leggendo Teorie in 30 secondi, un libro scelto per la bellissima grafica su cartone. Io invece ero sveglio: guardavo le fermate che si susseguivano e sentivo le persone parlare d’altro, non più di libri ma delle cose di tutti i giorni – stavamo tornando alla vita di sempre.

Il settimo anno al Salone – Alessia Angelini

60142115_2225036814278504_400614955730075648_nÈ il mio settimo anno al Salone. Ogni anno capisco un po’ meglio come muovermi, come sopravvivere alla folla, come orchestrare tabelle di marcia efficaci che tengano conto delle distanze tra le sale e rispettive capienze e dei tempi necessari per le file all’ingresso, ma anche no; perché immancabilmente finisco per sperare di aver imparato infine a padroneggiare il dono dell’ubiquità e mi lascio prendere dall’entusiasmo. Il mio personale programma è iniziato venerdì con una corsa verso la Sala Rossa, per la tradizionale lectio di Luciano Canfora, che ha forse un po’ deragliato dal tema originario per proporre con garbo degli spunti di riflessione a partire dalla discussione del “Primo libro del fascista” (Mondadori). Per il resto, questo soggiorno al Lingotto mi ha permesso di conoscere Adrián Bravi e sentirlo parlare del suo ultimo romanzo, sobbarcarmi la responsabilità di essere l’ultima della fila per i “disegnetti” di Zerocalcare, scoprire case editrici che ancora non conoscevo e ascoltare Roberto Herlitzka che legge la sua versione in terzine dantesche del De rerum natura di Lucrezio. Oltre a sentire una carissima amica presentare il suo esordio!

Non ero mai stata al Salone del Libro – Sonia Aggio

Non ero mai stata al Salone del Libro (se è per questo, non ero mai stata a Torino, né in Piemonte in generale). È stata tutta una sorpresa: l’ampiezza dei padiglioni, la ricchezza del programma, le pile di libri. Avevo una mappa e un programma, ma non sono riuscita a decidere dove andare, cosa vedere, chi ascoltare. Da lontano ho visto ragazze che seguo da anni, e non ho avuto il tempo di avvicinarmi. Ho sentito la voce di Alberto Angela; il mio fidanzato, che è più alto di me, è riuscito a vederlo. Ho partecipato a un solo evento, e per metà del tempo sono stata preda dell’agitazione.
Eppure, eppure…
Di solito mi sento un pesce fuor d’acqua, e anche se la sensazione di inadeguatezza non mi ha abbandonato del tutto, tante persone che ammiro erano a Torino, e io ero tra loro. Non mi ero mai sentita al centro di qualcosa, al posto giusto e al momento giusto, ma a Torino è capitato.

Il gioco del mondo – Loreta Minutilli

All-focusQuest’anno lo slogan del Salone era Il gioco del mondo.
Per quanto l’illustrazione non sia la mia preferita di sempre, ho realizzato che queste parole incarnano perfettamente quello che rappresentano per me i cinque giorni di maggio del Salone: un gioco grandissimo e totalizzante.
Una volta l’anno ho la possibilità di immergermi fino al collo nel mondo di cui vorrei far parte fin da bambina: i libri e l’editoria sono il centro delle giornate e dietro ogni angolo si nasconde un nuovo editore da scoprire, uno scrittore da seguire per chiedere un autografo o anche solo per accertarsi che esista davvero.
Questa volta per me il gioco era più elaborato e prezioso che mai, e per questo è stato ancora più divertente: dalle interminabili camminate nel tunnel verso il padiglione Oval fino alle chiacchiere stimolanti con editori noti o appena conosciuti, in ogni momento ho sentito l’adrenalinica sensazione di aver qualcosa da fare, di star contribuendo in qualche modo a rendere vivo quel posto unico.
Una insostituibile occasione per ricaricare le batterie letterarie e continuare a parlare di libri ed editoria con ancora più entusiasmo.

La poesia al Salone del Libro – Michele Joshua Maggini

Tra le centinaia di espositori presenti al Salone del libro, milita anche la poesia, in uno stand simile molto ad un’isola. Qui, nella Sala della Poesia, sotto il segno di pordenonelegge, si sono ritrovati alcuni dei poeti del panorama italiano contemporaneo, a partire dai più affermati come Stefano Dal Bianco, Alberto Bertoni, Gianmario Villalta, ai più pop come Isabella Leardini e Davide Rondoni.
Gli incontri si sono ritagliati un prestigioso spazio all’interno della fiera, come a creare una sorta di resistenza e risonanza, che conferma quanto Montale abbia detto nel suo discorso al Nobel – tuttora attualissimo – circa la poesia. La apostrofò come «prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà».
Sebbene il settore editoriale sia in crisi, la poesia, rimanendo nel suo margine, resta ancora in vita, non solo per la sua inutilità, quanto grazie, soprattutto, a queste persone che la defibrillano continuamente.

Varcare la soglia con l’unico obiettivo di perdercisi dentro – Angela Marino

Incetta SalTo 2019Finalmente archiviata la questione “nostalgici del Ventennio al Salone del Libro”, a noi avventori di giornata non restava che varcare la soglia del Lingotto Fiere con l’unico obiettivo di perdercisi dentro. Gli stand dei colossi editoriali, dalle imperiose architetture, esaurivano la loro utilità divenendo – al bisogno – superfici d’appoggio per schiene stanche; quelli dei piccoli editori indipendenti invece, dagli spazi più angusti, sembravano proteggere con efficacia il buon gusto e la fatica del fare bella letteratura con risorse limitate. Eventi e presentazioni si susseguivano senza sosta uno dopo l’altro, ora dopo ora; tra tutti, l’incontro tra Michele Mari, Walter Siti e Carlo Mazza Galanti per presentare Scuola di demoni è stata un’imperdibile lezione sul rapporto tra letteratura e realtà. Sono tornata a casa con i piedi distrutti, lo zaino gravido di libri belli e piena di entusiasmo. Speriamo di poter partecipare anche l’anno prossimo.

Welcome to Disneyland – Giuseppe Rizzi 

davQuattro giorni al Salone sono trascorsi con velocità impietosa. Il Lingotto ci ha risucchiati nelle sue viscere e per 96 ore ha rappresentato per me come il mondo intero. Sono stato felice, ho provato stupore, nonché l’inedita, bellissima, dolorosa illusione di vivere in una società in cui la gente tutta rispetta la cultura ed è capace di far fuori i fasc**** con un semplice moto di indignazione collettiva. Il ritorno alla normalità è sempre crudele. Dovrei esserci abituato, ormai, essendo questo il mio ottavo Salone; ma forse non mi ci abituerò mai. Proverò sempre la sensazione che prova un bambino nel salire in macchina dopo essere stato a Disneyland: tutto quel che da sempre era stato “giusto”, “naturale”, un “così sia”, gli apparirà ora decadente, imperfetto, privo di valore al confronto. La sua stanzetta gli sembrerà più piccola, le pareti troppo grigie, i giochi amati non più così divertenti. Eppure non sa ancora che la rassegnazione del ritorno all’abitudine, il disincanto che sperimenterà di conseguenza, rappresenteranno una lezione di inestimabile importanza, che nessuna delle sue maestre gli potrà mai insegnare.

a cura di Loreta Minutilli

1 Comment

  1. Quoto: Il ritorno alla normalità è sempre crudele
    Proprio così… il mio post di oggi, dopo 4 giorni di Salone si rispecchia in quello di Giuseppe.
    We feel lost.

    "Mi piace"

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