Cuori fanatici, Edoardo Albinati
(Rizzoli, 2019)
A distanza di tre anni da La scuola cattolica, con cui vinse il Premio Strega 2016, Edoardo Albinati torna in libreria con Cuori fanatici, ritenuto da alcuni il suo seguito ideale. Salta subito all’occhio la differenza tra i due volumi: 1294 pagine contro 335.
Eppure, alla maggiore snellezza del libro non corrispondono né una trama più semplice, né tematiche più leggere.
La trama, a onor del vero, non si può definire tale. Il romanzo narra una giornata nella vita dei due protagonisti, Nico Quell e Nanni Zingone, dedicando all’interiorità dei personaggi più spazio di quanto ne abbiano le loro azioni.
Nico è un ragazzo di buona famiglia, figlio di un ambasciatore gambizzato (nel contesto, supponiamo, degli anni di piombo), che si trova a Roma per curare il progetto della casa editrice per cui lavora. Nanni è un giovane professore di Lettere, sposato e padre di tre figlie. Come in un incantesimo, il contatto tra i due – amici improbabili – si trasforma in una narrazione più vasta: entriamo nella testa di un personaggio, ora di un altro, veniamo proiettati nel futuro, poi nel passato, sbirciamo in vite che si richiudono subito.
I personaggi dovrebbero essere caratterizzati dal fanatismo politico, amoroso, culturale che sia. Eppure questo non si percepisce sempre. Di alcuni s’indovinano subito le ossessioni e le convinzioni incrollabili, di altri si manifestano tic e affettazioni che tuttavia non indicano nulla in particolare.
I personaggi principali formano una costellazione abbastanza stabile, i legami tra loro sono abbastanza saldi, ma tutt’attorno – com’è ben evidenziato dalla mappa finale – vorticano personaggi-meteore che durano una pagina, forse due. Alcuni, come la madre di Nico, si imprimono nella mente; altri, come la matriarca Giulia Mesones, lasciano dietro di sé soltanto un alone di dubbio, un perché è apparso?
Albinati è ben attento a non fornire coordinate spazio-temporali; annulla i nomi, le date, decontestualizza i fatti di cronaca, che assumono così una dimensione quasi mitologica, eppure i lettori comprendono di trovarsi a Roma, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Parte dal particolare per arrivare all’universale, usa esempi individuali per aprire uno squarcio sui grandi temi del periodo: la droga, il terrorismo. Soprattutto, il mondo della cultura.
Ad un certo punto ho cominciato a provare una sensazione di déjà-vu: scorrevo le pagine, seguivo i ragionamenti del professor Berio, e all’improvviso… un acquedotto romano. Mi sono bloccata. Ho compreso da dove proveniva quella sensazione di aver già sentito quei discorsi, di aver già assistito a quelle scene.
La grande bellezza.
Le cene, il clima decadente e ridicolo al tempo stesso, la cultura come mondo dorato e squallido: tutto torna.
Ammetto che questa realizzazione ha smorzato la carica eversiva di Cuori fanatici, che ha finito così per infilarsi in una strada già rodata.
Ci sono tuttavia delle scene che valgono il libro intero, dialoghi così realistici da farli recitare con successo alle persone che ti circondano. Quando Albinati dimentica gli argomenti seri, così seri che si sgonfiano, dimostra di possedere uno sguardo schietto e acuto sull’essere umano, sulla società, sulle sue incoerenze.
Cuori fanatici, in sintesi, è un romanzo involuto, che prende la strada dell’interiorità, della quotidianità, della vita che brulica, si moltiplica, si dirama nel sonno e nella veglia, tra moglie e marito, amici, sconosciuti, giovani, vecchi. Si regge su un difficile equilibrio: a volte scade in riflessioni casuali, per poi rialzarsi in un’improvvisa acutezza.
Sonia Aggio
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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