Attenzione: questo articolo contiene spoiler su Il Corsaro Nero e relativi sequel, e un alto tasso di entusiasmo.
Quand’ero una bambina attraversai una fase di bruciante passione per la pirateria e per le vendette familiari. Il principale colpevole fu una serie animata, trasmessa dalla Rai, che aveva come protagonista Jolanda, la figlia del Corsaro Nero.
Quando scoprii che il cartone animato era ispirato a un libro di Emilio Salgari, lo presi in prestito e lo lessi avidamente. Poi mi procurai Il Corsaro Nero, in una vecchissima edizione, e feci lo stesso.
Poi passai ad altro e Jolanda, la figlia del Corsaro Nero si ridusse a un piacevole fantasma della mia infanzia. Finché lo scorso anno mi ritrovai tra le mani i primi tre romanzi del ciclo I corsari delle Antille: Il Corsaro Nero (1898), La regina dei Caraibi (1901), Jolanda, la figlia del Corsaro Nero (1905)*.
Il Corsaro Nero è una delle opere più celebri di Emilio Salgari (1862-1911). Non è soltanto una delle più notevoli per precisione – da ogni pagina emergono gli studi svolti da Salgari e la sua competenza, talvolta un po’ troppo scolastica, nel campo della nautica, della botanica e della zoologia –, ma è una delle storie più belle nate dalla fantasia dello scrittore veronese.
Rileggendola da adulta, lo ammetto, sono stata molto più sensibile ai suoi difetti: una certa tendenza all’infodump, il riproporsi di scene e dinamiche che si trasformano in cliché, l’improbabilità di alcuni dialoghi.
L’incantesimo, tuttavia, non si è spezzato.
Il Corsaro Nero, com’è solito farsi chiamare, giunge nei Caraibi insieme ai fratelli minori, proclamatisi Corsaro Verde e Rosso, per vendicare la morte del primogenito dei Roccabruna, ucciso a tradimento durante la guerra nelle Fiandre dal duca Wan Guld, un fiammingo venduto agli spagnoli e premiato con il titolo di governatore di Maracaybo.
Entrambi i fratelli hanno fallito, e sui loro cadaveri (in una meravigliosa scena di tempesta e fluorescenza marina) Emilio giura vendetta contro Wan Guld e tutta la sua famiglia. Ciò che non sa è che la donna da lui amata, imbarcata sulla sua stessa nave, è nientemeno che Honorata Wan Guld, figlia del suo acerrimo nemico.
Emilio di Roccabruna, signore di Ventimiglia, è un personaggio indimenticabile sia fisicamente – mortalmente pallido, sempre vestito di nero – sia psicologicamente – diviso com’è tra la freddezza del soldato e gli sprazzi di follia che lo colgono a tratti.
Inoltre ciò che rende notevoli i primi due romanzi della saga, al di là delle fughe e dei combattimenti, è il conflitto, che si declina nell’atavico odio tra Wan Guld e il Corsaro Nero e nella psiche dello stesso protagonista, dilaniato tra l’amore per Honorata e la fedeltà al suo giuramento al punto da scivolare lentamente nella pazzia.
E qui giungiamo alle dolenti note.
Jolanda, la figlia del Corsaro Nero è un manuale che stila, capitolo dopo capitolo, le mosse da non fare.
Il romanzo si svolge a 18 anni di distanza dagli eventi dei primi due libri, e ne è ovviamente il seguito, ma – allo stesso tempo – non lo è.
Il romanzo che mi aveva conquistata durante l’infanzia, quella Jolanda che mi era sempre parsa così coraggiosa e intraprendente, così affascinante, in realtà non esisteva. Al suo posto non c’era che una Mary Sue, una sedicenne bellissima e pietosissima e coraggiosissima che, guarda un po’, riesce dove anche gli uomini adulti falliscono.
Jolanda e il nuovo antagonista, il conte di Medina Torres, non sono che emanazioni della coppia precedente, fantasmi, pallide copie. Si odiano perché così è stabilito; le loro ragioni sarebbero state valide se fossero state approfondite, o se viceversa fossero state portate come fardelli, come le colpe degli eroi omerici.
Allo stesso modo, l’innamoramento tra Jolanda e Morgan è superficiale e dovuto. Tutto è imposto dall’alto e ricalca piattamente gli eventi dei romanzi precedenti.
È un remake fatto male, che ti fa provare un’acuta nostalgia nei confronti dell’opera originale, di quei personaggi che ti hanno fatto battere il cuore.
Sebbene questo possa sembrare uno sfogo, non rimpiango di aver riletto questi libri. Non solo mi sono restituita una parte importante della mia infanzia, ma è stata una lettura, a suo modo, istruttiva.
Sonia Aggio
* Il ciclo si completa con i titoli: Il figlio del Corsaro Rosso e Gli ultimi filibustieri.