Orientamento, Daniel Orozco
(Racconti Edizioni, 2021- Trad. E. Giammarco)
Cos’è che rende grande un autore? Lo stile, le storie, il modo in cui si imprime nell’immaginario collettivo? C’è un numero minimo di opere, pagine, caratteri che bisogna pubblicare per poter accedere a quel titolo, per poter venire considerato un grande autore?
Orientamento è l’unico libro pubblicato da Daniel Orozco, professore di scrittura creativa americano di origini nicaraguensi. È una raccolta di nove racconti; il primo, quello che le dà il titolo, è apparso su Best American Short Stories a metà anni Novanta, quando l’autore era già in età avanzata. La raccolta è stata pubblicata in lingua inglese nel 2011, e, a dieci anni di distanza, compare anche in italiano, edita da Racconti Edizioni e tradotta da Emanuele Giammarco.
In quanto unicum, ricercare dei temi ricorrenti nella raccolta può sembrare un’operazione inconcludente, soprattutto in considerazione del fatto che i racconti che la compongono sono stati ideati in tempi diversi, e non sono stati concepiti per comporre un’opera organica. Questa operazione può risultare utile, semmai, per delineare in generale la poetica dell’autore, per rilevarne, oltre allo stile, dei nuclei di interesse.
La prima cosa che interessa a Orozco è l’ordine. Non nel senso di uno spazio ordinato e pulito, che può esserci come non esserci, ma nel senso della posizione che ogni cosa o persona occupa nel mondo, del ruolo che ricopre, della sua direzione, del suo orientamento, appunto. La seconda cosa è il realismo: un’attenzione matura e un rispetto reverenziale nei confronti di ciò che esiste, è concreto, materiale e tangibile.
I due elementi convergono in uno stile di scrittura originale, per il quale, al fine di raggiungere una prosa asciutta ed essenziale, il lettore viene in realtà invaso da un’enorme quantità di dati tecnici e specifici. Per esempio, i moltissimi nomi propri di Orientamento e i soprannomi inseriti nel racconto Il Ponte riescono, percorrendo strade opposte, a restituire paradossalmente un’atmosfera di anonimità. Mentre il primo racconta il primo giorno di lavoro di un impiegato, attraverso la presentazione dei vari colleghi, il secondo descrive le mansioni di alcuni operai in un cantiere edile. In entrambi i casi, abbiamo soltanto il ruolo dei vari personaggi, il loro posto nell’ordine e il nome: forse l’elemento più concreto dell’identità di un individuo, eppure quello che meno può restituire da solo il tono di quell’identità.
Tutto il resto sono descrizioni, scene all’apparenza insignificanti, linguaggio tecnico e l’impressione di un perpetuo catalogare. In Orientamento, decisamente il racconto più riuscito, ogni singola procedura d’ufficio è descritta nei minimi dettagli; nella prima sezione di Storie di fame si rischia di perdersi negli elenchi di prodotti e corsie del supermercato; in L’agente è scontento, nonostante l’umorismo, il susseguirsi dei verbali non sembra possedere inizialmente nessuna coerenza. Iniziare a leggere un racconto di Orozco significa accettare di sopportare la sensazione che non ci sia alcuna storia fino al finale, a volte anche fino a qualche momento dopo.
L’autore richiede infatti al lettore un grande sforzo. In questo turbinio di quotidianità e apparente irrilevanza si nasconde sempre un senso profondo, sotto forma di spiazzante e agghiacciante dissonanza (come in Orientamento), di possibile immedesimazione (come in Scosse), di costruzioni narrative atipiche (Storie di fame, L’agente è scontento, Semplici legami). L’atto di ricerca o ricostruzione del significato è lasciato sempre all’attenzione e alla riflessione del lettore, ipnotizzato dalla smania quasi tassonomica che Orozco mette nel raccontare i dettagli e per questo pronto a recepire la nota fuori posto che dà colore al testo.
Orozco gioca molto sulle costruzioni, preferendo la forma al contenuto. Ciò che manca in termini di colpi di scena e svolte di trama è pienamente sopperito grazie alla presenza di punti di vista inusuali e grazie all’assenza di veri protagonisti. A eccezione forse di Vado a correre ogni giorno e Il sogno di Somoza, che non a caso sono anche i due racconti più lunghi, tutte le storie hanno un andamento non convenzionale o possiedono in ogni caso un elemento narrativo particolare. In Semplici legami, ad esempio, i protagonisti si rincorrono e si danno il cambio; L’agente è scontento, come si è già accennato, è una raccolta di verbali di polizia; Storie di fame sono quattro racconti sconnessi e Orientamento è a tutti gli effetti un unico monologo.
L’attenzione al reale e al modo in cui è ordinato si manifesta in un interesse particolare per il tema del lavoro, specialmente quello dipendente, o comunque subordinato, e per gli scenari psicologici e sociali connessi. I personaggi di Orozco sono operai, impiegati, centraliniste o agenti di polizia raccontati come pedine dei sistemi in cui sono inseriti. Scandagliando le virgole delle loro mansioni, ma allo stesso tempo dando voce ai loro pensieri, Orozco dipinge un quadro della società contemporanea: meccanica, frenetica, e a tratti sclerotica.
Con questa traduzione, Racconti Edizioni porta in Italia un autore che rappresenta a pieno la filosofia della casa editrice. Daniel Orozco, infatti è uno scrittore di racconti. Gli sperimentalismi denotano un’alta padronanza della forma racconto, una sintonia che proviene proprio dall’esclusività del mezzo scelto per narrare. Ma Orozco è anche uno scrittore eccelso, è una delle dimostrazioni che per essere un grande autore non è necessario misurarsi per forza con le forme più canoniche della narrazione scritta. Nella letteratura e nell’editoria italiana fatichiamo a trovare uno spazio di dignità e autorevolezza per il racconto, ancora di più per il racconto breve. Questo nonostante il Buzzati che ha vinto lo Strega sia stato quello dei Sessanta racconti. Abbiamo sempre avuto eccellenti narratori in forma di racconto: da Calvino a Pirandello, da Tondelli a Verga; tutti, però, sono dovuti passare dalla forma romanzo per essere considerati grandi autori.
Al racconto come forma esclusiva di narrazione di un autore hanno sempre dato più possibilità le Americhe: quella di Borges, ad esempio; ma soprattutto gli Stati Uniti di Raymond Carver, a cui, stilisticamente, Orozco deve moltissimo. Perciò, la scelta di Racconti Edizioni di pubblicare esclusivamente short story è sia encomiabile che coraggiosa. Da questo punto di vista Orientamento assurge simbolicamente a manifesto, e allo stesso tempo è il segno che quella del racconto è una missione nobile, che merita ancora di essere perseguita.
Giuseppe Vignanello
Una bella recensione, grazie. Non so se lo leggerò ma ne sono tentato. Un effetto del rifiuto della forma racconto nel nostro Paese ha insinuato l’idea che essa sia una forma minore di letteratura e si è trascurato il fatto che il racconto consente di sperimentare nuove forme di linguaggio, trama e sintassi che il romanzo preclude per la sua dimensione. Questo comporta che si frequenti sempre lo stesso luogo e canone e che effettivamente bisogna essere grandi per non dare l’impressione del già letto.
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