Nostalgie della terra, Mauro Tetti
(Italo Svevo, 2021)
Il secondo romanzo di Mauro Tetti, Nostalgie della terra, fa lavorare il lettore fin dalle prime pagine. Si tratta di un lavorio continuo parallelo alla lettura, un meccanismo conscio che spinge a farsi domande per potersi orientare in una Sardegna distopica che non riconosciamo, a cercare una corrispondenza tra la realtà nostra e la realtà onirica dell’autore, cercando di districarci tra toponimi in dialetto e riferimenti spazio-temporali alieni.
Un protagonista senza nome, attratto dalla voce di una sua antenata, Maddalena, come se fosse quella di una sirena, parte per mare sulla nave del capitano Pèrez. Con lui ci sono il giovane Salif e La Rondine, una ragazza che sul corpo ha tatuati mappe e simboli simili a quelli che, scopre il lettore, aveva Maddalena. Sono tatuaggi magici, che cambiano a seconda del luogo e del momento in cui ci si trova e che indicano la direzione da prendere per arrivare ad un fantomatico cubo di specchi. Anche questo enigmatico prisma trova un posto tra i disegni sulla pelle delle due donne: sulla schiena, in mezzo alle scapole. L’unica differenza è che non è fatto di inchiostro, ma sembra una cicatrice.
I tre giovani ripercorrono il viaggio che aveva fatto Maddalena tempo addietro – ma quanto tempo prima non è dato saperlo –, veleggiando da isola a isola in un mondo militarizzato che si è rimpicciolito rispetto al nostro: oltre le Bocche di Bonifatzio, situate tra la Sardegna e la Corsica, «l’esercito non permette di passare e il mare è crudele». Al tempo di Maddalena, però, le cose erano diverse: le terre emerse erano ancora piccoli paradisi naturali, luoghi in cui il gruppo di persone con cui lei andava per mare approdava e creava tradizioni rituali primordiali, istituendo società di stampo matriarcale legate alla terra e al mare. Nel tempo della narrazione invece, dopo un cataclisma soltanto accennato, le isole sarde sono occupate dai militari e divengono preda dell’inquinamento dato da disastri ecologici, spesso e volentieri provocati da esperimenti di ordigni esplosivi di ultima generazione.
Seguendo la mappa che compare sulla pelle di La Rondine, il gruppo spera di rintracciare il cubo di specchi: «l’utensile magico», «l’oggetto in grado di svelare tutte le conoscenze del mondo», un tesoro misterioso che, si narra, fu sottratto ai francesi intorno al 1830 e che fu poi segretamente nascosto da Maddalena, perché troppo pericoloso per lasciarlo in vista ma troppo prezioso per essere distrutto.
Gli astri si specchiano potenti sul viaggio del protagonista narratore, sull’amore di Maddalena per il compagno Glauco, sulle praterie di Posidonia che crescono sui fondali del Mediterraneo, riverberando negli abissi. Pervasa da un senso di vaghezza, ciò che guida la storia narrata, come se fosse essa stessa un’imbarcazione, sono proprio le stelle, certi fuochi luminosi nella notte come isole nell’acqua scura, tant’è che sono proprio le coordinate geografiche delle terre emerse visitate dal gruppo a dare il titolo ai capitoli.
Nostalgie della terra è un romanzo distopico ambientato in una Sardegna dai caratteri tanto fantascientifici quanto fantastici, in un tempo che sembra plausibile in modo inquietante, con il Mediterraneo pieno di rifiuti e sotto controllo militare. Allo stesso tempo è anche un romanzo marinaresco, un resoconto di viaggio simile ai diari compilati dagli esploratori di un tempo, sempre in bilico tra realtà e immaginario magico, sempre alla ricerca di un tesoro che sembra quello delle storie di pirati. La narrazione è popolata da mostri marini, fenomeni naturali, che provocano un senso di stupore misto a meraviglia e spavento, lo stesso che pervade i racconti di mare.
Opere quali Moby Dick, in cui l’uomo si sente minacciato da cosa si nasconde negli abissi, o The ballad of the Ancient Mariner di Coleridge vengono evocate attraverso descrizioni cupe e al tempo stesso intriganti. Il lirismo che spesso caratterizza questi racconti è, però, confinato ai momenti in cui viene raccontata la vita di Maddalena, e, ormai, sembra consumato del tutto. La nostalgia del titolo è quella per una Terra che non esiste più. Le parti dedicate ai diari dell’antenata Maddalena e ai sogni in cui si palesa al suo pronipote suonano come richiami atavici delle creature che popolano gli abissi, la cui voce giunge attutita dall’acqua del mare, ma potente come quelle delle divinità lovecraftiane.
Sintetizzando i due generi, Tetti sembra riallacciarsi anche a quei romanzi fantastici come Ventimila leghe sotto i mari di Verne, che univano una sorta di timore reverenziale alla curiosità per un mondo ancora non esplorato, come sono inesplorate le isole che circondano la Sardegna per il narratore. In un momento storico segnato dalla crisi ambientale, in cui quasi ogni giorno veniamo a contatto con notizie di violenze, guerre, morti per annegamento, conviene riprendersi le leggende del mare per far fronte al presente, dando voce ad un tempo in cui il mostruoso-fantastico serve contro il mostruoso del quotidiano.
Dato che questo viaggio è costruito seguendo le orme degli antenati, è rappresentativo di un ritorno che si riallaccia al concetto di nostos omerico visto nell’ottica dell’Ulisse dantesco, con la perenne ricerca della conoscenza – in questo caso il cubo di specchi – che si svolge interamente nel Mediterraneo. Invece per la descrizione fantastica delle isole e dei fenomeni che lì accadono, il romanzo forse richiama anche la tradizione degli isolari e atlanti medievali, per cui ogni terra “inesplorata” aveva da offrire terribili segreti.
Per quanto riguarda i personaggi femminili, centrali nel romanzo di Tetti, da un lato ci sono Maddalena e La Rondine, riconducibili a sirene che, tramite le mappe disegnate sui loro corpi, tentano e infine portano alla conoscenza, dall’altro sono presenti altre due donne, che incarnano un altro modello, unico e opposto al tempo stesso: Aria e Naira. La prima è la madre, la seconda la compagna del protagonista narratore. Entrambe abbandonate a terra dai loro uomini partiti per mare, Aria, moderna Penelope, continua a guardare l’orizzonte dalla Torre della Scafa sperando di vedere suo marito veleggiare verso la costa, Naira invece, che porta il nome di una cometa, decide di non aspettare il suo compagno senza nome.
Se i temi trattati in Nostalgie della terra sono universali, l’inquinamento, la guerra, le migrazioni forzate dai militari – Maddalena naviga di isola in isola fuggendo dai progressivi assedi che rendono invivibili gli arcipelaghi –, per quanto riguarda la lingua Tetti fa uno studio sul particolare. Spesso infatti vengono usati termini sardi per descrivere la realtà, termini che rimandano ad una società legata al lavoro in mare, la quale tramanda i propri insegnamenti tramite il racconto aurale:
«Tutti dicevano Tzia riferendosi a Maddalena, che vuol dire vecchia e signora, vuol dire strega ma anche sirena».
«[Il pescatore] ricordava i loro nomi per averli uno a uno slamati dagli uncini, a uno a uno sgarbugliati dalle reti durante le battute di pesca. I più piccoli li chiamava Bobboeddi, che vuol dire pulci di mare, ma anche dolcezza; fino al più grande, Cani marinu, che vuol dire pescecane ma anche dio del mare. Poteva essere una scusa tutta quella invenzione, per insegnare agli altri i nomi del mare».
Questo è un altro sforzo che Tetti affibbia al lettore: come il protagonista legge e rilegge le mappe per giungere allo strumento di conoscenza, il lettore legge e rilegge le pagine del romanzo per decifrare le spiegazioni linguistiche, le parole lasciate in dialetto e i regionalismi, non potendo far altro che fidarsi della parola dell’autore. Come già detto i toponimi sono lasciati in sardo ma sembra che, talvolta, Mauro Tetti non si limiti a questo, ma giochi con altre parole e altri riferimenti, come l’isola Asinaria, che è l’Asinara, ma che è anche il titolo di una commedia plautina.
Gli espedienti linguistici dialettali permeano tutta la narrazione, mentre la Sardegna sullo sfondo è un’occasione per l’autore di ambientare temi ingombranti e attuali in un luogo che, si vede, conosce molto bene. In questo senso Nostalgie della terra è un romanzo in cui, partendo da un folklore un po’ sardo e un po’ fantastico, Mauro Tetti offre innumerevoli spunti di riflessione, invitando il lettore ad andare più a fondo, a leggere tra le righe o, meglio, a navigare oltre le terre conosciute, alla ricerca di conoscenze e storie considerate perdute.
Eleonora Mander
Grazie per la bella ed equilibrata recensione, non credo lo leggerò, in questi tempi complicati punto sulla chiarezza e molto meno sulle metafore del presente.
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