Per presentare la letteratura inizio novecentesca viene spontaneo giocare la carta del modernismo, che pure non è esente da effetti collaterali: riduttiva o sbrigativa, raggruma sotto una sola nube concettuale una serie di nomi che hanno sì condiviso esperienze simili, ma che hanno dato alle loro creazioni artistiche la forma singolare che discendeva dal loro singolare pensiero. Autori come Virginia Woolf, James Joyce, Italo Svevo, sono conosciuti e studiati soprattutto per le loro opere di narrativa, e così avviene che il termine modernismo, a loro associato, si identifichi con un altro termine della critica letteraria, romanzo. Tuttavia nel novero delle loro produzioni figura anche la drammaturgia.
Se per Joyce e per la Woolf parliamo di un unicum teatrale a testa – rispettivamente Esuli (1915), poco celebrato sulle scene, e Freshwater, destinato tra l’altro alla sola rappresentazione privata, nelle due versioni del 1923 e del 1935 –, per Svevo parliamo di oltre una dozzina di commedie e frammenti, per lo più scritti per poi non riuscire a essere mai rappresentati o pubblicati durante la vita del loro autore: così avvenne per La rigenerazione, terminato probabilmente non troppo tempo prima della morte dello scrittore. La fortuna tutto sommato marginale riscossa dal genere drammatico nella prima stagione del modernismo è compensata dai legami piuttosto forti che questi testi intrattengono con la galassia letteraria di chi li ha scritti.
La rigenerazione ce ne propone l’esempio più evidente: sotto il nome del protagonista, Giovanni Chierici, si nasconde la versione anziana di Zeno Cosini, come dimostrato dalle varie corrispondenze che interessano il personaggio rispetto a La coscienza di Zeno ma soprattutto rispetto alle Continuazioni del noto romanzo, stese da Svevo anch’esse prima di morire. Un confronto tra quest’opera e le sue due cugine inglesi che tenga conto delle loro difformità in termini di stile, scopo, e per così dire poetica, può forse permettere un passo avanti nella collocazione di Italo Svevo all’interno dell’orizzonte primo modernista.

Le differenze che separano i tre lavori teatrali – Esuli è un dramma, La rigenerazione una commedia dal retrogusto non esattamente zuccherino, Freshwater un testo stracolmo di surreale e spesso elitarissimo humour – si colgono fin dal primo aspetto su cui si erano appuntate le cure delle avanguardie moderniste: la tessitura linguistica. Tuttavia, il rovescio di questa dissimiglianza è proprio l’unanime posizione di rilievo concessa alla parola.
Quanto a La rigenerazione, abbiamo già menzionato il protagonista: Giovanni Chierici, anziano ultrasettantenne, ha una moglie – Anna, che, data l’età, ormai si interessa più agli animali che al suo uomo – e una figlia, Emma, in nerissimo lutto dopo la morte del marito, ma aggredita dalla continua goffaggine di Enrico Biggioni – amico non ancora quarantenne e ossessionato dalla vecchiaia, che fa la posta alla ragazza per diventarne il nuovo sposo.
Giovanni viene convinto dal nipote Guido, studente in medicina, ad affrontare un’operazione miracolosa che prometterebbe di ringiovanire gli uomini che vi si sottopongano. Per la propria immagine Giovanni teme – e sembrerebbe non voler ammettere di desiderare – che vada a effetto quello che è lo scopo “pubblicitario” dell’operazione, il ritorno della virilità. Che abbia avuto successo l’operazione o soltanto il placebo, Giovanni si ritrova a fare la corte alla propria cameriera per vivificare i ricordi dei suoi amori giovanili. In buona sostanza, da un’idea di trama come questa e dalla penna di un uomo tanto influenzato dall’avvento della psicanalisi come il signor Schmitz, non poteva che venir fuori una commedia dove la parola, tra gaffes ed equivoci provocati dai due protagonisti, Giovanni e Enrico, che più si assomigliano e più assomigliano a Zeno, cammina sul filo della mente dei personaggi, e sancisce la disfatta di qualunque tentativo di spartizione tra quanto parrebbe realtà e quanto potrebbe essere autoconvincimento, inconscio, lapsus.
In Esuli, invece, la sfera psicologica non è il sottointeso della parabola di un personaggio, ma il soggetto stesso del dramma di Joyce. La vicenda riguarda il triangolo amoroso instauratosi tra lo scrittore Richard Rowan, sua moglie Bertha e l’amico Robert Hand. Marito e moglie, dopo un autoesilio di nove anni a Roma, tornano insieme al figlio a Dublino, dove Robert tenta di convincere Bertha a consumare un adulterio. Il matrimonio tra Richard e Bertha, sbilanciato a favore del carattere forte del primo, oscilla tra la fedeltà di Bertha, che fin da subito ha parlato di Robert al compagno, e i dubbi di Richard sulla propria condotta nei confronti della moglie, in odore di plagio; dubbi che hanno indotto il protagonista a lasciare assoluta libertà decisionale alla moglie in merito all’adulterio.
Il ménage a trois si trasforma in una tortura a tre, in una lotta dei personaggi contro i legami che li uniscono e li uniranno sempre, quando Richard avverte Robert di quanto la moglie gli ha detto, e permette all’amico la stessa libertà lasciata a Bertha. In un testo dove poco si muove sulla scena e molto nella testa dei personaggi, lo spazio che rimane al dialogo e all’autoconfessione è più ampio del normale. La scrittura fa il suo ingresso nel dramma anche in forma metaletteraria. In alcune zone del testo il mestiere di creatore di Richard pare echeggiare nel modo in cui viene descritto il suo rapporto con la moglie.
La riflessione artistica si colloca in posizione ancora più centrale in Freshwater. La commedia, che fu scritta per essere rappresentata nello studio della sorella della Woolf, la pittrice Vanessa Bell, da amici e membri del gruppo di Bloomsbury e per un pubblico altrettanto selezionato, è ambientata a Freshwater Bay, e vede intrecciarsi i preparativi per la partenza per l’India della prozia di Virginia, la fotografa Julia Cameron, e di suo marito, con il fallimento del matrimonio tra la giovanissima modella Ellen Terry e il pittore George Fredrick Watts. La partitura linguistica, colma di riferimenti e citazioni, opera su uno dei due livelli su cui qui agisce la comicità: dal lato del contesto, ciò che suscita la risata è lo stridere tra l’ampolloso atteggiamento degli antenati vittoriani e la sfilza di situazioni surreali in cui vengono coinvolti più o meno consapevolmente, ma dal lato della forma, le battute e i momenti divertenti della commedia originano per lo più da giochi di parole, risonanze, ripetizioni. Una sonorità all’apparenza superficiale, ma che sminuisce ancora di più il valore della chiacchiera colta dei personaggi.
Come forse è già emerso dai resoconti, un secondo punto di convergenza-divergenza tra questi tre testi teatrali è l’irruzione dello spazio della mente nello spazio del concetto, del dialogo e della scena. La parola del teatro sveviano è la parola distratta e rivelatrice del caso umano sul lettino dello psicanalista, ma è anche una parola in grado di plasmare la percezione della realtà: chiamando la domestica col nome di uno dei suoi amori giovanili, Giovanni trasforma il corteggiamento del presente in una memoria del passato. Inoltre, tutti i tre atti del testo si chiudono con la messa in scena dei sogni di Giovanni, dove si mescolano elementi della giornata, desideri inconfessati, ricordi, paure e riflessioni. Il criterio onirico di selezione degli eventi sembra governare anche gli episodi e il ritmo delle battute – affidato spesso a associazioni libere quando non a associazioni colte – in Freshwater.
L’operazione cui Giovanni si sottopone è stata spesso accostata alla cura psicanalitica: ciò che avviene in lui, più che il ringiovanimento ciarlatanescamente promesso, è prima di tutto una tardiva consapevolezza circa i compromessi che la propria vita giovane ha dovuto stringere con le convenzioni della società borghese. In secondo luogo, l’operazione-psicanalisi risveglia in Giovanni i ricordi: altera nella sua esperienza i confini tra realtà e rielaborazione, nonché il senso della precisa successione cronologica degli eventi.
La possibilità di liberarsi dai vincoli della moralità borghese viene ulteriormente esplorata e complicata da Joyce in Esuli, laddove ancora resta da chiarire se questi vincoli siano effettivamente frutto di un’abitudine sociale arbitraria – la parte di Robert – o se rispondano a invisibili e più resistenti vincoli psichici o spirituali – la parte di Richard. Se infatti il testo esamina la questione della liceità del “possesso” esclusivo di una persona, al tempo stesso richiede che anche la possibilità di non “possedere” nel concreto i propri affetti venga messa in discussione. L’esperimento di cui i personaggi sono cavie si risolve nell’aporetico equilibrio tra il sadismo di Robert e il masochismo di Richard.
La rottura del silenzio dell’arte sul frammentario mondo interiore porta con sé, in tutti e tre i testi, la rottura del silenzio dell’arte sull’intangibilità del matrimonio. Nella commedia della Woolf la ridicolizzazione di una certa prospettiva sull’amore normato dalla sacralità matrimoniale va di pari passo con una certa idea dell’arte, che a sua volta ha a che vedere con la posizione ingiustamente subordinata della donna nel rapporto tra i sessi e nelle produzioni creative. La modella Ellen Terry, al confronto col vecchio marito appena una ragazzina, incarna questo idolo di donna-oggetto d’amore e d’arte – costretta com’è a posare in veste di Musa, Modestia o Penitenza –, ma preferisce buttarsi tra le braccia di un rozzo sottotenente di marina pur di svicolare da un mondo mezzo morto che vive solo di allegoria, mito, astrazione, compiacimento, e poco di realtà.

A un certo punto Ellen è creduta morta annegata, ma la sua presunta morte non sancisce altro che la fine del suo matrimonio e di un certo ambiente culturale – morte, quest’ultima, ribadita dalle due bare che i coniugi Cameron si portano con loro per andare a terminare i propri giorni nella stilizzazione crepuscolare d’India che abita i loro sogni. La morte, e la paura della morte, che controllano tutta l’organizzazione della vita umana, hanno un certo peso anche nell’immagine di vecchiaia dataci da Svevo. Il tema appare evidente fin dall’inizio della commedia, che si apre sul lutto di Emma e sull’uccisone di una nidiata di uccellini. A dire la verità anche ne La rigenerazione assistiamo a un equivoco simile a quello della falsa morte di Ellen: Giovanni crede di aver visto il suo nipotino Umberto finire schiacciato sotto una macchina, e crede alla fine della commedia di salvarlo da un incidente simile.
Forse nel bambino si può ravvisare una proiezione dell’innocenza e della libertà dell’infanzia ricordate da Giovanni. Ma se si osserva in che occasione venga menzionata la morte in Esuli, si comprende meglio il sottotesto della tematica de La rigenerazione, la vecchiaia, e delle allusioni di Freshwater al mondo vittoriano: in Esuli, la morte è associata al senso di soffocamento provocato dal rapporto vagamente perverso tra i tre personaggi, ma anche al ricordo della madre di Richard, che, ormai defunta ma sempre incombente nei pensieri del personaggio, aveva ripudiato le scelte di vita del figlio. Potremmo dire che le tematiche e l’esigenza di innovazione dei modernisti originano anche da un conflitto con le generazioni precedenti. Come immaginare senza trattenere un sorriso il cast pensato dalla Woolf per la sua commedia, il marito, la sorella di Virginia, i loro amici all’avanguardia vestire i panni di quei vecchi imbalsamati progenitori di cui gli abitanti di Bloomsbury rinnegavano pensieri, parole, opere e omissioni?
Elisa Ciofini
Immagine di copertina: Amedeo Modigliani, Ritratto di Paul Guillaume (1916) – Dominio pubblico.