Lacci – Domenico Starnone
(Einaudi)
Fin dalle primissime righe di Lacci, pubblicato da Domenico Starnone con Einaudi nel 2014, l’atmosfera del romanzo risulta chiara: la voce narrante è quella di una donna insoddisfatta del proprio matrimonio e dei comportamenti del marito. Nel primissimo capitolo, sembra quasi di essere di fronte a un comune cliché, raccontato con particolare verve e con un linguaggio quotidiano e immediato, quindi coinvolgente e scorrevole, ma non per questo particolarmente diverso dal solito. Eppure, un quid inspiegabile spinge a proseguire ancora e ancora, con la promessa che un risvolto inaspettato della vicenda arriverà e che la storia forse non ha ancora rivelato tutto quello che ha da raccontare.
L’impressione diventa una certezza nel momento in cui, nella seconda parte del libro, il narratore diventa senza preavviso il marito, quel personaggio finora descritto solo da chi lo ha amato, se n’è sentita delusa e poi ha forse preso a odiarlo a modo proprio, con degli sprazzi di indifferenza e con un bisogno inestinguibile di volergli contemporaneamente del bene. Così, dopo aver conosciuto Vanda si riesce a capire che tipo di persona sia anche Aldo e come sia nata la sua relazione extraconiugale con la giovane Lidia. Non c’è traccia, però, di sentimenti e di riflessioni con sé stessi in cui ci si vuole convincere di essere nel giusto e di essere stati guidati da nobili intenzioni o da pulsioni improvvise: c’è un riconoscimento dei fatti in quanto tali, senza giustificazioni e senza sovrastrutture. Senza tragedie, e senza sdrammatizzazioni eccessive.
Probabilmente proprio questa sorprendente schiettezza dei protagonisti rende l’opera tanto affascinante e unica, evitando che marito e moglie si diano un tono e consentendo allo stesso tempo di lasciare da parte giudizi di valore e immedesimazioni scontate da parte di chi legge. A fronteggiarsi sono due persone come tante, che soffrono come tante, che sbagliano come tante, che non riescono a cavarsi fuori dai propri errori come quasi tutti, e che nonostante questo hanno uno sguardo lucidissimo e spaventosamente consapevole di sé, di chi li circonda e delle circostanze.
Le volte in cui uno dei due non confessa qualcosa apertamente, è comunque l’altro ad accorgersene e ad interpretare una risposta secca, una telefonata, un tentativo di suicidio, una convivenza che ricomincia piano piano con presupposti diversi e una maniera impacciata di fare, nel frattempo, i genitori. Vanda e Aldo, infatti, hanno due figli: Sandro e Anna. Per parecchi anni il tribunale affida la loro tutela esclusivamente alla madre, ma dall’adolescenza in poi il padre torna sempre più spesso da Napoli a Roma per andarli a trovare, lascia sempre più spesso la sua Lidia a casa per rientrare nell’appartamento dell’ex moglie, finché non torna stabilmente a vivere con loro.
Dietro questo gesto in apparenza di riscatto, rimangono però in bella vista degli scheletri nell’armadio e dei fantasmi del passato invisibili. A notarli, stavolta, non può essere che l’occhio attento di una terza persona, portavoce del rapporto di Aldo e Vanda tanto quanto i diretti interessati: quello di Sandro, che da adulto spiega finalmente anche alla sorella Anna quanto lei, dal canto suo, non aveva ancora mai realizzato. I figli, così, da presunti spettatori degli avvenimenti ne diventano protagonisti a pieno titolo e a propria volta si rivelano responsabili di una decisione forte e sofferta, con un efficace colpo di scena finale.
È ricombinando i numerosi tasselli di un puzzle intricato che, dunque, il lettore comprende fino a che punto i lacci di un paio di scarpe siano stati lo spunto perfetto per costruire dei lacci di altro tipo, tutto metaforico, fra i diversi rapporti di amore presenti nel volume e impossibili a morire. In una narrazione insistente e fresca, concreta e consapevole delle più contorte decisioni umane, Starnone riesce a confezionare il ritratto di due generazioni e quello di un’intera epoca e società, al cui interno non esistono né vittime né carnefici, né santi né diavoli, ma solo esseri umani in interazioni costantemente ambigue e “allacciate” fra loro.
Eva Luna Mascolino