Quando arriva la sera – Gianni Lorenzi
(David and Matthaus Editore)
Tania Mainenti è la protagonista di questo romanzo, opera seconda di Gianni Lorenzi. La storia si svolge prevalentemente in un’azienda, e all’ apparenza si presenta come una storia d’amore non corrisposto: Tania si innamora di un suo collega, Stefano, che non sembra minimamente considerarla.
Contemporaneamente alla linea principale del romanzo, però, si intrecciano altre storie e personaggi secondari, non sempre armoniche nell’insieme della trama, che raccontano di altri disagi, problematiche concrete e sfaccettature. Ad esempio: c’è il fratello della protagonista, Sandro, che nasconde a Tania un segreto tremendo, coprendosi così di un’armatura di cinismo e razionalità molto ben descritta, rendendo il personaggio riconoscibile e chiaro già dalle prime pennellate. Nonostante sia un personaggio secondario, risulta avere uno spessore quasi pari a quello della protagonista, seppur il romanzo tradisce il tentativo di dare a tutti personaggi un valore quasi uguale.
Lo stile è spontaneo, molto genuino e ben strutturato di base; si vede che chi scrive è un autore emergente, e questo non è assolutamente un dato negativo, anzi: quando si emerge, c’è sempre margine di miglioramento e maturazione, e se si è già ad un buon livello inziale, questo non può che essere positivo. I numerosi richiami al lettore e il narratore onnisciente che entra nel discorso per parlare al pubblico sono una scelta stilistica forte, difficile da gestire senza risultare stucchevole o forzata; ma qui si entra nel campo del gusto personale dell’autore, che ha scelto questo registro narrativo e l’ha usato coerentemente sino alla fine.
In realtà, ciò che mi è risultato disarmonico non è stata la scelta dei personaggi secondati né lo stile, quando piuttosto la scelta di “spezzare” la trama principale. L’insieme generale del romanzo sarebbe risultato molto più fluido, a mio modesto avviso, se le storie secondarie fossero state integrate meglio nella trama principale, senza interrompere il filo del discorso. Ciò che risulta forse più ostico per un lettore è proprio questo ritmo sincopato che il romanzo assume sin dalle prime mosse; molti dei capitoli non sono direttamente collegati alla trama principale, un paio addirittura si staccano consapevolmente dal romanzo intero; questo genera confusione, soprattutto in un romanzo che, per gusto personale dell’autore, lascia molto alla comprensione del lettore.
Il fatto che l’autore decida di lasciare molto all’immaginazione del lettore si evince soprattutto nel finale; nell’ ultimissimo capitolo, infatti, ci vengono accennati degli avvenimenti esterni alla linea temporale del romanzo, appena successivi alle ultime mosse dei protagonisti, senza però realmente esplicitarli. La scelta risulta un po’ macchinosa, in quanto in realtà il romanzo sembrava essersi concluso nel capitolo appena precedente, e non si comprende subito la necessità di specificare (senza poi farlo, perché nulla viene detto esplicitamente) alcuni avvenimenti futuri.
Sommando tutte queste impressioni e suggestioni che ho avuto dalla lettura del romanzo, mi sento di dire che questo è un buon lavoro di uno scrittore emergente e che, proprio perché emergente, necessita di perseverare nel suo intento: le capacità ci sono tutte e vanno sfruttate, assolutamente. Per rendere ottimo un lavoro già potenzialmente buono come questo, sarebbe servito solo un editing più forte, così da limare quelle piccolezze che un autore difficilmente nota: così come è difficile avere una visione d’insieme guardando le cose dall’ interno, così un autore non riesce sempre a guardare il suo lavoro come se fosse un lettore esterno, ecco perché esiste l’editing.