Fiabe lapponi – trad. di B.Berni
(Iperborea)
Se è vero che ogni lingua riflette la cultura di un popolo, è altrettanto vero che la stessa cultura è riflessa anche dalle leggende più radicate nell’immaginario collettivo di una specifica area geografica. L’Europa è al riguardo una fonte inesauribile e variegata di sistemi mitologici e di antiche radici popolari, che sono arrivate fino a noi talvolta sotto forma di narrazioni orali e che altre volte sono state invece organizzate in vere e proprie fiabe.
Iperborea, casa editrice italiana nata “con il preciso obiettivo di far conoscere la letteratura dell’area nord-europea”, ha dunque curato un’interessante raccolta di storie tutte provenienti dalla Lapponia. L’edizione è stata curata da Bruno Berni, che ha tradotto i racconti dal danese e che si è anche occupato personalmente della postfazione, nella quale vengono illustrati i temi e le traduzioni principali a cui si fa riferimento nell’opera.
Basta sfogliare le prime pagine per ritrovarsi catapultati in un universo molto diverso dal nostro, affascinante in una maniera a cui non siamo abituati e che cattura con i suoi toni duri, diretti, ispirati contemporaneamente a una dimensione fantastica e a dei caratteri verosimili perfino nella moderna realtà del XXI secolo.
La primissima sorpresa riguarda probabilmente il rapporto uomo-natura e l’aspetto stesso del territorio, caratterizzato da un paesaggio spesso innevato, popolato da boschi e montagne, da laghi e da villaggi, e in cui vivono animali di ogni tipo: dalle renne agli orsi, dai pesci agli orchi. Dall’altro lato, si affacciano l’uno dopo l’altro agli occhi dei lettori dei personaggi in carne e ossa da lasciare senza fiato.
Si tratta ora di gente comune, ora di cacciatori, ora di eroi, ora di anziane dalla personalità ambigua, ora di nomadi o addirittura di principesse, folletti e pescatori, che tormentati da profezie, giganti o demoni fanno ricorso a tutte le risorse in loro possesso perché il bene vinca. Ci prova un mendicante a cui viene affidato il compito di costruire un ponte e un castello, una famiglia quando il padre esce di casa e scompare per sempre, e con loro interagiscono animali parlanti e vecchie Gieddegæš, capaci di predire il futuro e di dare dei saggi consigli a chi ne avesse bisogno.
Non mancano i riferimenti alla religione e alle usanze ancestrali che Norvegia, Islanda, Svezia, Finlandia e Danimarca hanno in alcuni casi in comune, così come si fa notare una certa ironia di fondo, che rende la voce in terza persona sempre piacevole e inaspettata da ascoltare, in particolare nei casi in cui interviene la magia a risolvere situazioni intricatissime, o colpi di scena a cui non si era minimamente pensato, magari per via di una diversa forma mentis e abitudine agli sviluppi narrativi.
E, se anche i più attenti troveranno parecchie analogie con leggende a noi più familiari, provenienti dalla penna di Perrault, dei Grimm o di Andersen, non passerà di certo inosservata la tendenza di determinate vicende a non concludersi per forza con un lieto fine. Perfino gli eroi possono essere puniti, se hanno commesso degli errori, e più si va avanti con la lettura più lo si accetta con naturalezza.
La meraviglia dell’opera è ulteriormente arricchita dalle illustrazioni in bianco e nero tratte dalle incisioni di John Andreas Savio, “famoso artista norvegese che ritraeva molto spesso paesaggi e scene del profondo nord”. Un regalo che quindi, specialmente in questo periodo dell’anno, è adattissimo da fare a sé stessi o ad altri appassionati del genere.
Eva Luna Mascolino