“The Children Act” e i suoi dilemmi morali

La ballata di Adam Henry, Ian McEwan
(Einaudi, 2016 – trad. di S. Basso)

la ballata di Adam Henry copertinaThe Children Act, titolo originale del romanzo di McEwan, torna a far parlare di sé quando Richard Eyre ne dirige l’attesa trasposizione cinematografica. Sul grande schermo, il volto di Emma Thompson esprime tutta la rigidezza morale, la fierezza e le ambiguità di Fiona Maye: un giudice rispettato, una moglie tradita, un piccolo gioiello di complessità psicologica attorno a cui prende forma, tassello dopo tassello, La ballata di Adam Henry.

È lei il vero cuore della storia. Fiona monopolizza le pagine del romanzo tanto quanto la sua controparte cinematografica si impone sullo schermo. Lo stereotipo della donna in carriera si piega alle infinite sfaccettature di un animo complesso, fatto di senso di dovere e di dedizione alla giustizia, ma anche di una straordinaria sensibilità nascosta dietro a una riservatezza autodistruttiva. D’altro canto, la storia di Fiona comincia in un momento di rottura, quando suo marito le chiede con rispetto e franchezza il permesso di poter avere un’amante. Tutti i dubbi e le incertezze che ne scaturiscono, le recriminazioni contro di lui e il desiderio di non lasciarlo andare, la volontà di comprendere i suoi bisogni e la paura di farlo, scompaiono dietro un “no” categorico e privo di compromessi.

È così che si avvia l’ambiguo intreccio tra la storia del Signor Giudice Fiona Maye, forte nel lavoro ma distrutta nella vita privata, e quella del giovane e affascinante Adam Henry, un diciassette malato di leucemia che rifiuta le trasfusioni di sangue in nome della sua fede religiosa. Da una parte l’ospedale chiede il permesso di procedere senza il consenso dei genitori, dall’altra la comunità dei Testimoni di Geova impone con i suoi ideali il rispetto della libera scelta; in mezzo, Fiona si ritrova a dovere esprimere un giudizio su uno dei più ancestrali dilemmi morali: quale valore è più prezioso, la vita umana o la dignità?

Se McEwan avesse raccontato la medesima storia dal punto di vista di Adam, ne sarebbe derivato un romanzo completamente differente. I due personaggi, lontani per esperienze, vite, credi e sensibilità, si incontrano in un’occasione che segna un punto di svolta nelle esistenze di entrambi, ma in modi radicalmente diversi. Tra i due è però Adam a vivere l’esperienza più totalizzante: il suo mondo cade in frantumi, le certezze con cui è cresciuto vengono minate, la sua fede vacilla, i suoi genitori e la comunità assumono un nuovo volto, la vita gli appare meravigliosa ma priva di punti fermi. The Children Act è a tutti gli effetti la storia – la ballata – di Adam Henry, raccontata attraverso il punto di vista di Fiona. E lei, nonostante tutto, non riesce ad ascoltarla fino in fondo.

Il romanzo nasconde già in sé uno stile e una struttura dai tratti chiaramente cinematografici, com’è tipico della scrittura di McEwan. Fiona ha un volto anche sulla carta, l’ambiente che la circonda è facile da visualizzare, gli eventi si susseguono con un ritmo limpido e naturale. Quello che fisicamente succede all’interno dell’opera è comunque meno rilevante degli interrogativi sulla vita, sulla morale e sulla giustizia che ne scaturiscono. I dubbi di Fiona sono meno intensi di quelli di Adam, ma al lettore arrivano entrambi. La portata riflessiva della storia non si esaurisce tra le pagine del romanzo, ma prosegue in una serie di nuovi interrogativi lasciati suggerire tra una battuta e l’altra dai personaggi dell’adattamento cinematografico, la cui sceneggiatura è stata curata dallo stesso McEwan. Cosa sono due genitori che lasciano il loro figlio morire? Qual è davvero il significato della parola “sbagliato”? Se non la fede, quali punti fermi possono segnare la strada degli uomini?

E ancora, dal punto di vista di Fiona: fino a che punto è lecito lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e dall’adorazione di un ragazzo tanto più giovane? Non c’è nulla di perverso nel rapporto tra Fiona e Adam, solo l’infinita dolcezza di due personalità in crisi che s’incontrano fuori dai normali canoni sociali. Per lei, rappresentante della giustizia, accettarlo vorrebbe però dire venir meno ai propri principi morali. Lui, invece, una morale non riesce più a trovarla da nessun’altra parte.

La firma di McEwan è sempre una garanzia: il suo stile visivo e accattivante non tradisce mai le aspettative e le vicende che racconta, anche se semplici, arrivano spesso a tracciare i contorni di tendenze o questioni ai margini dei canoni morali. La ballata di Adam Henry concentra in una storia narrativamente breve, costruita a partire da un numero esiguo di svolte davvero centrali, tutta la complessità di due personaggi psicologicamente intensi, alle prese con dilemmi morali e interrogativi di senso le cui risposte, se presenti, non saranno mai definitive.

Anja Boato

2 Comments

    1. La particolarità di questo romanzo è che riesce a coniugare perfettamente uno stile e una struttura narrativa “facile”, semplice e lineare, con una serie di interrogativi “difficili”, che possono essere più o meno intensi a seconda della sensibilità del lettore. E sì, si tratta sicuramente di interrogativi necessari. Davvero una piacevole lettura, a parer mio.

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