La galaverna, una fredda fiaba onirica

La galaverna, Marco Corona
(001 Edizioni, 2018)

Galaverna-0calavèrna (o galavèrna) s. f. [etimo incerto]. – 1. Brina o nebbia che, nelle notti umide e di freddo intenso, si cristallizza sui rami e le foglie degli alberi, sui fili telegrafici e sim., formandovi  come un rivestimento di ghiaccio o di neve. Nell’Italia settentr., la parola si usa anche come sinon. di brinabrinata, o per indicare nevischio gelato e minuto.*

Il villaggio di Roccasparviera viene colpito da una bufera di neve come non se n’erano mai viste: fiocchi cadono senza sosta per tutto l’inverno, ricoprendo la terra e portando con sé il freddo assassino, la fame, i lupi. Margherita s’è svegliata in mezzo alla notte e ha scoperto che suo marito è stato assassinato a colpi d’ascia e suo figlio è stato rapito. Così, la giovane madre si dirige nei boschi che circondano il villaggio per ritrovare il bambino. Nel mentre, tra quegli stessi alberi, tre sorelle – Valeriana, Gramigna e Domenica – stanno preparando una pozione e gli ultimi ingredienti necessari sono proprio le “lacrime di neonato”.

In prima istanza, ciò che alimenta la fiamma della vicenda è lo scontro tra queste figure femminili e la scoperta delle loro vite: personaggi così diversi eppure così simili. Margherita non ha genitori ed è stata cresciuta dalle suore nel convento di Santa Lucia, mentre le Tre Sorelle sono figlie di profughi e orfane pure loro. La storia orbita intorno a queste donne, abbandonate fin da piccole e al limite della (piccola) società, ma l’occhio del narratore non rimane inchiodato solamente su di loro.

L’autore, infatti, dissemina il racconto di episodi sparsi (riguardanti il villaggio, la guerra, la religione), di favole per bambini e di sogni, sovrapponendo e intersecando diversi piani temporali. Continuamente, da questa ossatura principale si diramano eventi passati e futuri, tasselli  di un puzzle nebuloso eppure estremamente lucido, che si sviluppa in ogni dimensione, non solo nello spazio, ma soprattutto nel tempo. La galaverna è ghiaccio che cristallizza e ricopre le cose, formando concrezioni in tutte le direzioni, ed è proprio ciò che accade nel fumetto: la realtà non esiste più, ma viene celata dietro il sottile strato di gelo, e da questa storia (nuova e magica) ne nascono altre (pure loro nuove e magiche).

L’effetto che ne deriva è debilitante: come se ci si fosse persi in un bosco e si stesse brancolando nel buio o girando in tondo, ritornando più e più volte sui propri passi, e anche la narrazione è coinvolgente in questo senso. Le tavole hanno una griglia regolare, ben definita, spesso con molte vignette per pagina al cui interno si rincorrono incessantemente immagini, suggestioni, eventi, che sono connessi gli uni agli altri con estrema precisione. Una volta terminata la lettura si prova la stessa sensazione di quando ci si sveglia da uno di quei sogni che sono estremamente logici nella loro illogicità.

Di forte impatto sono, infine, i disegni di Corona, che mescolano sensazioni di gravità e allegria. Ci sono elementi che ricordano Mike Mignola, altri che ricordano Moebius, altri ancora che sembrano mutuati da Silver e Charles M. Schultz, e sono tutti declinati alla costruzione di uno stile unico, che si sposa perfettamente con la vicenda.  Le tavole sono ricche di contrasti (data la scelta del bianco e nero) e sono realizzate modulando, appunto, diverse espressioni grafiche: le ombre vengono realizzate sia per mezzo di neri aggressivi, sia per mezzo di un fitto tratteggio, mentre le figure sono talvolta stilizzate e delineate da una tratto rigido e spezzato, talvolta ricche di dettagli ricavati con un denso puntinismo e dai contorni morbidi. Inoltre, l’artista riempie le tavole di simboli, di croci cristiane, di pesci, di occhi fluttuanti che emergono dalle ombre, aumentando così l’effetto di allucinazione che pervade l’intera opera.

La galaverna è dunque un fumetto che parla di individui e del loro rapporto con la società umana, piccola o grande che sia: necessità primarie, ma anche guerre, religioni e superstizioni. L’autore continuamente richiama all’attenzione il lettore, che deve ricomporre un diorama frammentato nel tempo e nello spazio, avente al suo nucleo personaggi femminili di grande energia. Abbiamo tra le mani una fiaba cruda, fredda, capace di evocare in maniera estremamente vivida la magia folcloristica che emerge dal mistero dell’ignoto, dalla natura al massimo della sua severità: una visione onirica ma equilibrata e composta con estrema grazia.

Francesco Biagioli

* Da Treccani.

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