Chi ha paura di Giulia De Lellis

Nelle ultime settimane la mia vita da utente social è dominata da un fenomeno inarrestabile: i post e i tweet sul libro di Giulia De Lellis. A quanto pare nessuno, in nessun contesto, può fare a meno di esprimere la sua indignazione per il fatto che un personaggio di tal fatta ha pubblicato un libro, addirittura con Mondadori!

Io di Giulia De Lellis so poco o niente, ma dopo il bombardamento di notizie che ho subito ho dovuto opportunamente informarmi, e ho scoperto un paio di cose interessanti: prima di tutto che il libro in questione è stato scritto da Stella Pulpo, autrice del blog memorie di una vagina, e quasi quasi mi è venuta voglia di leggerlo già solo per questo. Poi, che la fonte principale di indignazione è il fatto che la storia delle corna della De Lellis ha venduto più copie dell’ultimo romanzo di Stephen King.

La domanda sorge dunque spontanea: posto che definirsi lettori forti solo perché si conosce Stephen King è un po’ come definirsi cinefili dopo aver visto l’ultimo film di Tarantino, in che modo l’acquisto de L’istituto farebbe bene al mondo della letteratura e dell’editoria più che comprare il libro della De Lellis?

Bisogna rassegnarsi al fatto che i libri sono degli oggetti, come tutti gli oggetti la loro compravendita è dominata da ragionamenti di mercato: che le storie che contengano siano di qualità o meno, poi, è tutto un altro discorso. Non è la prima né l’ultima volta che una celebrità dalla discutibile caratura intellettuale si dedica alla scrittura (in questo caso, poi, c’è almeno l’onestà di ammettere la vera identità dell’autrice) e non ho capito l’indignazione intorno a questo prodotto nello specifico.

Quando ho cercato di capire perché la gente fosse tanto sconvolta mi sono data alcune risposte. Forse la frustrazione nasce dall’idea che il mondo della letteratura debba essere elitario, chiuso, riservato a chi veramente se lo merita: è un modo di vedere la faccenda, ma allora perché non ci arrabbiamo allo stesso modo ogni volta che qualcuno che non fa lo scrittore di mestiere arriva alla pubblicazione?

Gli scaffali delle librerie sono pieni di libri che sono in realtà pure operazioni commerciali e che in alcuni casi vengono lodati dalla stessa gente che brucerebbe in piazza il romanzo della De Lellis. Ho cercato davvero di non farne una questione di genere, ma non mi è sembrato di vedere la stessa agitazione quando, poche settimane fa, le classifiche erano dominate dall’ultimo libro di Totti.

La seconda ragione che mi sono data è che l’oggetto libro viene considerato uno strumento di educazione delle masse: orrore e brivido, di conseguenza, all’idea che i giovani vengano influenzati dal frivolo stile di vita di una che ha partecipato a Uomini e Donne.

L’idea che una casa editrice come Mondadori sia qualcosa di diverso da un’azienda che ha bisogno di fatturare, e che quindi sia tenuta a tener conto del valore educativo che i suoi prodotti hanno per i lettori, mi sembra piuttosto ingenua. Personalmente trovo irritante anche il concetto stesso che la letteratura debba essere in qualche modo istruttiva: leggere può salvare, può aprire mondi, può fare del male, può lasciare totalmente indifferenti. Dipende da cosa si legge.

Resta poi l’ultima tesi: quella che i soldi dati a Mondadori per il libro della De Lellis starebbero meglio nelle tasche di autori che vogliono fare della letteratura il loro mestiere, hanno idee e il talento per metterle in pratica. Ecco, su questo non è possibile muovere obiezioni: sarebbe bello se tutte le energie, il tempo e lo spazio che sono stati dedicati a indignarsi per un’operazione commerciale come un’altra fossero impiegati per parlare dei romanzi dei giovani autori e degli editori indipendenti che ogni giorno cercano di portare qualità e professionalità sugli scaffali delle librerie.

Mi piacerebbe che la stessa veemenza usata per criticare Giulia De Lellis servisse a informarsi sulle centinaia di giovani che fanno qualcosa di diverso, che scrivono, inventano storie, amano la letteratura, fanno riviste, e a volte pubblicano libri nella quasi indifferenza della maggior parte dell’opinione pubblica.

Praticare la lettura con consapevolezza e attenzione è l’unica strada possibile per tenere in vita la letteratura: poco importa quanti romanzi pubblicheranno i tronisti e quanto continueranno a vendere, perché anche chi si ricorda che i libri esistono solo in queste occasioni sta contribuendo al fenomeno che ha tanta urgenza di disprezzare.

Loreta Minutilli

7 Comments

  1. Bellissimo articolo. Che poi alle regole del mercato dell’editoria piegano il capo tutti, anche autori super blasonati che talvolta pubblicano libri non assolutamente all’altezza della loro fama (vedi Murakami e lo stesso King). E poi infastidisce davvero molto che si improvvisino tutti esperti lettori e magari leggono in libro all’anno.

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  2. Un articolo che ho apprezzato per intero, complimenti! Se posso sottolineare un aspetto che mi preme, ritengo che il genere dell’autrice abbia avuto un ruolo centrale nello scatenare le polemiche, non pervenute in passato su altri casi, ricordavi giustamente quello di Totti.

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  3. Di sicuro non è la prima volta che personaggi simili utilizzino il mezzo della scrittura per far pubblicità, è vero; ma ritengo che la polemica nata dopo la pubblicazione del libro sia giusta. Le voci che si sono alzate manifestano l’esistenza di una cultura basilare ancora esistente nel nostro Paese; quando questi librucoli saranno pubblicati senza proteste, potremo preoccuparci sulla situazione culturale media in Italia. Solleverei un altro problema; i libretti inutili come questo sono sempre esistiti. Il problema della nostra società è il non distinguere più tra Letteratura e libretti per passare il tempo; chi compra questa spazzatura deve comprendere che non sta leggendo Dante, né tanto meno Bembo o Foscolo.

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