Heimat: novecento radici di un albero genealogico

Heimat, Nora Krug
(Einaudi, 2019 – trad. Giovanna Granato)

978880622440HIG

Nora Krug è un’autrice e illustratrice nata in Germania nel 1977, più di tre decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del regime nazista. Fin da piccola si rende conto di quanto la Storia recente graviti attorno alla sua famiglia e alla sua vita. Lo spettro della Guerra è una presenza fissa, enorme, silenziosa, inquietante, che, agli occhi della bambina, si manifesta proprio attraverso ciò che gli adulti non vogliono dire, o ciò che si vergognano ad ammettere, in un certo senso. Era chiaro, poco tempo prima doveva essere successo qualcosa di atroce.

Anno dopo anno, lentamente, il mistero viene svelato. Nora Krug cresce e conosce così gli anni della follia hitleriana, la Guerra, l’Olocausto. Gli orrori della prima metà del ‘900 rappresentano per lei un marchio indelebile e confuso, un peccato comunitario apparentemente condiviso con tutta la nazione. Un senso di colpa che lei si porta dietro ovunque vada, che sia il Regno Unito, o il Giappone, o gli USA (dove l’autrice attualmente vive): le sue origini la mettono a disagio, ma ancor di più la consapevolezza di non conoscere a fondo la sua famiglia e il rapporto che questa ha avuto con il nazismo. «Come fai a sapere chi sei se non capisci da dove vieni?», si chiede Nora Krug. Proprio questa domanda fa scaturire in lei il desiderio e la determinazione di affrontare la Storia in maniera diretta, per comprendere meglio il passato della sua nazione e della sua famiglia; dunque, per comprendere meglio se stessa.

La casa sul confine della sera
oscura e silenziosa se ne sta,

respiri un’aria limpida e leggera
e senti voci – forse – di altra età

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai,
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai.

Queste sono le prime due strofe di Radici, canzone del cantautore Francesco Guccini tratta dall’omonimo album: l’intero brano si destreggia sul rapporto biunivoco tra l’uomo e la propria casa, un’antica casa familiare che ha ospitato numerose generazioni, diventata così custode di un’intima memoria antica. La casa non è solamente un luogo fisico, un tetto sotto cui vivere: ogni mattone è una vita precedente e nel complesso ci si trova di fronte a un’intersezione di destini che arrivano, in ultima istanza, a definire i discendenti.

Tutta questa introduzione serve (a parer mio) a comprendere al meglio il titolo del fumetto nelle sue versioni non anglofone. Se l’editore statunitense ha scelto, per questioni di marketing*, la parola inglese Belonging, la pubblicazione estera ha preferito il termine tedesco Heimat. L’autrice stessa, all’interno del volume, ci aiuta nella comprensione della parola riportando la definizione dell’enciclopedia universale tedesca Brockhaus**:

HEIMAT [‘haima:t] f (difettivo del plurale): una zona (nazione, regione o luogo generico) parzialmente immaginata e parzialmente reale che suscita un immediato senso di familiarità costitutivo dell’identità di un individuo in virtù delle sue origini o a causa di simili sentimenti “primitivi” di affinità.

Sull’intraducibilità della parola heimat si è discusso ampiamente: i termini italiani “casa”, o “patria”, o “luogo natio” appaiono insufficienti nel ricreare e trasmettere lo spettro semantico e funzionale contenuto nelle sei lettere in lingua tedesca; qualunque traduzione risulta difettiva di significati sottintesi e sembra escludere qualche sfumatura emotiva. La forza di heimat sta proprio nella sua definizione nebulosa (o nella sua mancanza di una vera definizione): la vaghezza che porta con sé consente diverse letture e fa sì che il termine risulti anche appetibile per numerose appropriazioni propagandistiche**. La storia tedesca è satura della parola heimat, utilizzata sempre più a partire dall’inizio del XX secolo: ad esempio, durante il nazismo la parola è stata assorbita e deviata dalla narrativa di regime, sminuita dalla fusione con il motto blut und boden, al fine di sottolineare l’identità tedesca e il senso di appartenenza al Terzo Reich.

Anche in tempi recenti frange nazionaliste hanno iniziato a riappropriarsi della parola heimat e, stando a quanto raccontato da Nora Krug, è proprio per “strappare” il termine a tali letture (o riletture) politiche che l’editore tedesco ha approvato proprio questo titolo per il fumetto*. Dunque, heimat è una parola complessa, che può forse essere tradotta, nella sua complessità e nelle sue sfumature sentimentali più limpide e visibili, dalla parola italiana radici, ammesso, però, che sia accompagnata dalle musiche struggenti di Guccini (la si potrebbe dire una traduzione che necessita di una componente acustica).

Proprio per immergersi a fondo nella propria heimat e per comprenderla, Nora Krug ha deciso di ritornare in Germania per ritrovare le sue radici, per seguire le orme dei suoi antenati prossimi e investigare così i loro rapporti con il nazismo. L’autrice, narratrice e protagonista Nora Krug si getta a capofitto in un’analisi storica a diversi ingrandimenti: dalla storia della Germania nazionalsocialista si riduce la visuale e si racconta la storia dei paesi di origine dei suoi genitori e, ancora oltre, le storie dei genitori stessi, dei loro padri e delle loro madri. È in questo punto che l’occhio curioso e critico di Nora Krug si concentra su due figure particolari, che diventano presenze ossessive nel racconto: lo zio paterno Franz-Karl Krug e il nonno materno Willi Rock.

Tuttavia, Nora Krug si trova di fronte al muro dell’oblio della memoria. Non può fare come Art Spiegelman che dialoga con il padre Vladek nel celebre Maus, facendogli le più svariate domande sull’Olocausto; non ha modo di ottenere un resoconto in prima persona da parte dei parenti di cui si interessa, perché sono entrambi morti. Inizia così a ricercare testimonianze scritte, lettere, quaderni, documenti ufficiali, fotografie, resoconti orali da parte di parenti o sconosciuti. È questo il punto di forza principale dell’intero fumetto: il dialogo silenzioso e postumo che si instaura tra Nora e lo zio Franz-Karl e tra Nora e il nonno Willi. Pagina dopo pagina, man mano che prosegue la ricerca dell’autrice, emergono nuovi dettagli e appaiono sempre più lucide le storie della vita dei due parenti, la loro psicologia e la loro personalità.

La narrazione procede alternata in diversi capitoli che si concentrano ora su Franz-Karl, ora su Willi. Si scopre che Franz-Karl era un ragazzo energico, vitale, amato da tutti i familiari, ma che era anche fortemente indottrinato e deviato dalla propaganda nazista, rimasto ucciso in Italia nel 1944. Si scopre che Willi era una persona tranquilla, cordiale e amico di molti ebrei, ma che era anche debole a tal punto da iscriversi al NSDAP per evitare ritorsioni cercando di nascondere, una volta finita la guerra, la vita durante gli anni del Reich. L’abilità di Nora Krug sta proprio nel saper mostrare entrambe le facce della medaglia, nel ricostruire in maniera rigorosa e senza pregiudizi di alcun tipo gli effetti della seconda guerra mondiale e del nazismo sulla sua famiglia.

Quella dell’autrice è una ricerca compulsiva di foto di famiglia, scritti, cimeli; in poche parole, di ricordi. Ogni elemento serve a creare un rapporto con i due familiari scomparsi, serve a conoscere e comprendere le loro scelte (sia chiaro: comprendere, non condividere, ovviamente): attraverso le sue ultime lettere lo zio morto a 18 anni in Italia si mostra con tutte le sue paure e con tutta la sua convinzione; attraverso i documenti ufficiali, il nonno rivela il suo essere gregario. Dunque, la narratrice non è solamente Nora Krug, ma, silenziosamente (attraverso la documentazione raccolta), lo sono anche Franz-Karl e Willi, pur non sapendo di esserlo. Non solo, assieme a loro, si scoprono anche i luoghi, i paesi di origine dei genitori dell’autrice: Karlsruhe, dove è nata sua madre, e Külsheim, dove è nato suo padre.

Heimat è un profluvio di ricordi, di briciole di storia: foto, documenti, lettere, oggetti della seconda guerra mondiale comprati ai mercatini dell’usato e oggetti della cultura tedesca riempiono le pagine, alternandosi al corposo apparato testuale e grafico a corredo dell’opera. Ciò che alle volte sembra un diario di ricordi o una raccolta di foto incollate sulla carta si trasforma, girando pagina, in un fumetto nella sua forma più classica, con la tipica scansione in vignette; proseguendo la lettura ci ritroviamo immersi in fiumi di parole che descrivono un racconto dal flusso turbolento, di tanto in tanto incerto: se si dovesse individuare una debolezza nell’opera, allora questa sarebbe proprio rappresentata da certe sezioni di testo che appesantiscono il flusso della lettura.

Heimat, come sottolineato dal sottotitolo dell’opera, è lalbum di una famiglia tedesca. Al di là delle classificazioni più o meno calzanti di graphic novel o di graphic memoir – che, a parer mio, lasciano il tempo che trovano -, quello che ci si trova fra le mani è un volume in cui la narrazione visiva e testuale vengono esplorate in direzioni non certo ignote, ma sicuramente apprezzabili, in grado di valorizzare al meglio la ricerca di Nora Krug e di esplorare le diverse sfumature delle tematiche trattate per mezzo dell’alternanza di foto, vignette e testi.

Ciascuno di questi elementi ha un proprio, profondo, valore narrativo. Le foto sono utili a raccontare una verità effettiva, a conoscere i personaggi per come erano durante gli anni della dittatura nazista, mostrando un passato concreto e non più nascosto dietro le nebbie del mistero. Laddove non arrivano le foto, le tavole a fumetti completano e amplificano l’approfondimento storico e psicologico operato dall’autrice, che, contemporaneamente, esprime i suoi pensieri e le sue riflessioni tramite il testo come se si trattasse di un diario. È un equilibrio prezioso di elementi narrativi che risuonano assieme e si fondono in un corpo unico di grande valore.

Per mezzo di una narrazione frammentaria (ma non per questo disarticolata), Nora Krug opera invece un processo antitetico di unione; Heimat è infatti un libro agrodolce fatto di contrasti e di emozioni opposte, volto alla ricerca della comprensione dell’incomprensibile. Si tratta di un volume carico di potenza emotiva e dalla grande complessità: attraverso le 288 pagine che lo compongono emerge una ricerca scrupolosa di un passato angosciante, affiancata e promossa dal tentativo (a volte affannato) di rincollare i frammenti di una famiglia frantumata dalla seconda guerra mondiale, pur con la consapevolezza ultima che, per quanto una colla possa essere forte, certe crepe non possono essere nascoste.

La casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza.

 

Francesco Biagioli


 

* https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/mag/21455663.html

** Jens Jäger, Heimat (english version), Version: 1.0, in: Docupedia-Zeitgeschichte, 13.8.2018, URL: http://docupedia.de/zg/Jaeger_heimat_v1_en_2018?oldid=132143 Versions: 1.0 1.0

 

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