Le distese interiori del cosmo. La metafora nel mito e nella religione, Joseph Campbell
(Nottetempo, 2020)
Oltre a essere stato professore universitario, saggista e antropologo, Joseph Campbell (1904-1987) fu un importantissimo storico delle religioni, certamente uno dei (se non il) più autorevoli del secolo passato. I suoi scritti riguardano principalmente la sfera mitico-religiosa dell’esistenza umana dai suoi albori fino al presente, ed esercitano ancora oggi un certo fascino e una ricca curiosità sia nell’accademia sia presso il pubblico non specializzato. Pensate, inoltre, che persino George Lucas, il regista di Star Wars, deve una parte della propria ispirazione all’opera di Campbell.
Le distese interiori del cosmo. La metafora nel mito e nella religione è un libro nato raccogliendo alcune conferenze che Campbell tenne a San Francisco tra il 1981 e il 1984. Diviso in tre capitoli, il discorso di Campbell vuole introdurre il lettore a un momento irripetibile e fondamentale per la cultura umana globale, ovvero l’attimo in cui quell’essere fatto di carne e umori che è classificato come Homo sapiens rielabora intellettualmente e spiritualmente i suoi impulsi e le sue percezioni del mondo esterno, arrivando così a creare una sfera che ne guiderà e influenzerà in modo irreversibile l’esistenza: il mito, e con esso la religione.
Come nasce il mito? Quale significato ha presso la quotidiana vita di ogni secolo della nostra storia? Cosa ci può dire riguardo al rapporto che una certa cultura – che sia quella dell’antica Grecia, quella europea dell’Illuminismo, quella indo-araba del V secolo Avanti Cristo… – instaura con la realtà delle cose? Soprattutto, quanto possono essere validi, utili, ancora oggi, antichi invenzioni fantasiose come personaggi e racconti mitici, in una società che sembra star abbandonando ogni mitologia, ogni religione? Campbell racchiude l’intera, complessa faccenda in una risposta magistrale: «Il compito primo ed essenziale di una mitologia consiste nell’aprire le menti e i cuori all’assoluta meraviglia di tutto ciò che esiste». Uomo e mito sono, pertanto, inestricabilmente implicati a vicenda: l’essere umano del XXI secolo non sta abbandonando il mito, ma ne sta cercando di nuovi, attendendo quell’attimo di rivelazione che fu lo stesso, secoli fa, in cui un tuono esplose sotto gli occhi del cavernicolo, il quale, basito e affascinato, si spiegò l’evento con il mito.
Certo, presto in Le distese interiori del cosmo il discorso si fa più complesso e sfaccettato. Il fine primo di Campbell, infatti, è svelare le meccaniche del racconto mitico, smontare l’ingranaggio per studiarne tutti i fattori psicologici, metaforici e artistici che l’uomo deposita in esso. Il mito è il luogo in cui l’occhio esteriore (il mondo esterno) e l’occhio interiore (la sensibilità umana) si incontrano: è l’attimo propiziatorio in cui l’io tenta il recupero di un Originale, un significato del vivere che esiste oltre e unisce il soggetto e il fenomeno. Ancora, e soprattutto, il mito è anche rappresentazione psicologicamente simbolica: è metafora, allegoria, rielaborazione sia intellettuale, sia artistica. L’attività artistica, che sia quella della scrittura, della pittura o della musica, è il mezzo attraverso il quale essere umano fa un doppio movimento che coinvolge il sublime, il trascendente, l’Oltre: si erge verso esso, per poi trascinare un baluginio all’interno dell’esperienza comune, racchiudendolo nell’arte. In un discorso che parte dal capolavoro di James Joyce Ritratto dell’artista da giovane e passa per Virgilio, Buddha, i miti della religione indiana e lo stemma nazionale degli Stati Uniti d’America, Campbell delinea la complessa natura del rapporto uomo-mito-arte con una brillantezza ed un’esaustività proprie dei massimi intellettuali
Le distese interiori del cosmo, quindi, è un ottimo passaggio d’accesso per gli studi di questo campo e, soprattutto, per le maggiori opere di Campbell (la più celebrata, influente e corposa è, per esempio, La maschera di Dio). Più che una raccolta di conferenze di stampo saggistico, questo libro si dipana come un racconto: una novella ricca di curiosità, divertimenti, esempi, riflessioni e protagonisti diversi, provenienti da ogni parte del mondo e ogni tempo della storia umana; una storia raccontata dalla voce entusiasta ed entusiasmante di Jonathan Campbell, il quale aveva una capacità sublime di saper rispondere a enormi quesiti in modo approfondito ed esaustivo e, al contempo, suscitare un forte interesse nel suo uditore/lettore, catturandolo dalla prima all’ultima parola, dall’inizio fino alla fine del libro, ininterrottamente.
Michele Maestroni
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