Letture per viaggiare in tempi di peste

Quando arriva l’estate, mi piace dedicarmi a due letture in particolare: i classici e i libri di viaggio. Quest’anno poi viaggiare è meno semplice del solito, molti hanno dovuto rinunciare alle vacanze, e allora dei buoni libri, insieme a una certa capacità di immedesimazione, possono aiutare a visitare comunque posti lontani, a calarsi in atmosfere esotiche. Questo articolo ha dunque la semplice, banale intenzione di dare qualche consiglio di lettura, tra quei libri che in questa e nelle precedenti estati ho letto (e apprezzato) per viaggiare. C’è un po’ di tutto: libri di viaggio (veri e falsi), ma anche romanzi d’avventura, reportage, saggi.

Una, due, cento Asie

L’Asia è la meta verso la quale mi metto in viaggio con maggiore frequenza. Attraverso i libri, s’intende. Probabilmente il Giappone, la Cina, l’India letterarie sono le destinazioni più note e le più facili da raggiungere. A me personalmente affascina anche un’altra Asia: quella più ignota, mortificata e abbacinante che dal Mediterraneo s’estende per le antichissime terre di Babilonia e di Persia, ricchissime di storia e di arte, culle della civiltà, oggi impossibili da visitare in piena sicurezza. Un Grand Tour d’Oriente resta tra i miei sogni più impraticabili, ma due libri che ho avuto modo di scoprire tra i tascabili Adelphi mi hanno permesso di compiere quel viaggio dal balcone di casa.

Il primo è La via per l’Oxiana di Robert Byron (1937), libro amatissimo da Bruce Chatwin che lo lesse a quindici anni e lo definì un capolavoro della letteratura di viaggio. Queste pagine sono il diario del lungo viaggio di Byron dall’Inghilterra fino all’India. Passando per Venezia e per l’Isola di Cipro, Byron raggiunge l’Asia approdando in Palestina. Per mesi attraversa il Medio Oriente, e città che il solo nome evoca atmosfere seducenti: Damasco, Beirut, Bagdad, Teheran, Persepoli, Kabul.

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Un itinerario simile è quello che racconta lo scrittore statunitense Frederic Prokosch con Gli asiatici (1935). Si tratta di un romanzo d’avventura strutturato come un falso (immaginario dunque) racconto di viaggio, e che per questo risulta più facilmente leggibile dell’opera di Byron. Si parte da Beirut, si passa da Aleppo e Damasco, e poi dritto per gli attuali territori dell’Iraq, dell’Iran, dell’Afghanistan, fino al Siam, ad Hanoi. Come ebbe a scrivere Goffredo Parise: «C’è quel nescio quid, quel qualche cosa di morbido, di incosciente, di vizioso e di oppiaceo, di aromatico e di inebriante che parve entusiasmare lettori come Gide, Malraux e Camus … quell’aria da narghilè, da oppio e da vizi segreti gira a spirale intorno a tutto il libro».

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Dal Caucaso alla Siberia, lungo la Via della Seta

Ma c’è ancora un’altra Asia: quella remota e desolata del Turkestan e del Caucaso, crocevia tra la cultura turca, russa, asiatica e mediorientale. Terre che dal Mar Nero si estendono fino alla Cina, alla Siberia, alla Mongolia, lungo quella che un tempo era la Via della Seta. Tiziano Terzani si trovò a compiere un viaggio per queste regioni di periferia dell’Unione Sovietica tra l’agosto e l’ottobre del 1991, esattamente quando l’Unione Sovietica smetteva di esistere. Il diario di quell’esperienza fu pubblicato un anno più tardi col titolo di Buonanotte, Signor Lenin, opera che è insieme diario di viaggio, reportage giornalistico, descrizione etnologica di un mondo affascinante e sconosciuto, proprio nel momento in cui era attraversato dai venti della Storia. Terzani viaggia, osserva, fotografa, incontra e parla con persone del luogo, e arriva a costruire così un quadro interessantissimo – culturale, sociale, antropologico – della dissoluzione dell’URSS.

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In Antartide, all’estremo sud della pianeta

Tra il 1910 e il 1913 avvenne una corsa per la conquista del Polo Sud che vide protagonisti la Norvegia di Roald Amundsen e l’Impero Britannico di Robert Scott, e che ricorda quella che tempo più tardi sarebbe avvenuta per la luna: una corsa che è anche una sfida umana e politica, un omerico viaggio per la conoscenza, attraverso nuove Colonne d’Ercole, al costo della vita. La storia ci dice che Amundsen vinse tutto: fu il primo uomo a raggiungere il Polo Sud e poté far ritorno a casa. Scott, invece, fallì la missione e mancò l’obiettivo per il quale era rimasto per quasi tre anni lontano dalla sua famiglia e dalla sua patria, e perse con i suoi uomini più fidati la vita.  Il racconto della spedizione Terra Nova di Robert Scott è l’oggetto di un notevole romanzo italiano, Ultimo parallelo (2009) di Filippo Tuena. L’autore, con lo studio di una vasta bibliografia, ricostruisce fedelmente il loro viaggio per le impervie terre antartiche, e rende, attraverso il dramma umano degli esploratori, quello che sarebbe un consueto romanzo d’avventura qualcosa di più: una tragedia epica, un’Odissea dei vinti.

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L’America di Montezuma e la fine di un mondo

Risaliamo verso Nord-Ovest, fino al Messico. Mi accingo qui a parlare de L’erede di Montezuma (1964), romanzo di un grande autore rimosso del Novecento italiano: Carlo Coccioli. In realtà non ho ancora letto questo romanzo, che tra storia, epica e antropologia narra la fine della civiltà Azteca, ma vorrei tanto farlo dopo aver letto la recensione che Ignazio Caruso ha pubblicato per noi. Cito direttamente le sue parole: «Un mondo per certi aspetti edenico, arcaico, puro, quello creato da Coccioli nelle prime pagine, ma sempre e comunque lontano dal mito del buon selvaggio, dalla fruizione esotica e folkloristica di una cultura. […] si assiste al racconto di una storia di una cultura remota, ambientata in un tempo e in un luogo remoti anch’essi, e tutto questo senza avere mai la sensazione che gli avvenimenti narrati non descrivano altro che l’uomo e la sua vita nella sua più limpida essenza». Un’opera, dunque, attraverso la quale viaggiare nello spazio e nel tempo, per visitare un intero mondo ormai estinto.

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Il mistero africano

Dall’America ripercorriamo a ritroso l’Oceano Atlantico per arrivare in Africa. Possiamo scendere in uno dei grandi porti del Golfo di Guinea, oltrepassare il corso del Niger, attraversare il Sahel e raggiungere il Sudan. Qui è ambientato il romanzo che più ho amato della letteratura africana, ed è questa, banalmente, la ragione per cui ne parlo. Non un reportage, dunque, neppure un romanzo d’avventura. La stagione della migrazione a Nord è un’opera particolarissima e davvero affascinante, scritta da Tayeb Salih nel 1966 e inserita nella lista dei 100 migliori libri di sempre secondo il Norwegian Book Club, stilata da 100 grandi scrittori provenienti da 54 diversi paesi (c’erano Kundera, Barnes, Gordimer, Grossman, Pamuk, Tabucchi, solo per citarne alcuni). La stagione della migrazione a Nord traspone sulle sponde del Nilo un’atmosfera un po’ kafkiana un po’ borgesiana, dominata da mistero, conturbamento, fascino, con uno stile ora spietato ora elegantissimo, e un doppio narratore che, attraverso un meccanismo narrativo di scatole cinesi, instaura un gioco di specchi sull’identità, l’inganno e la menzogna. 4

Tornando a casa… osservare l’Europa dall’acqua

L’Antico Continente attraverso l’elemento originario e primordiale; tre opere per vedere dall’acqua tre volti dell’Europa. Si parte dal Mare Nostrum, eternamente solcato da rotte e da popoli, i fenici e i greci, i punici e i romani, per conquistare, fare guerre, mercanteggiare, esplorare. Lì dove tutto ebbe inizio, anche la nostra letteratura, con il legno d’Ulisse deviato dai venti e le tempeste affinché non facesse ritorno alla sua Itaca. Il Mediterraneo si può raccontare attraverso innumerevoli opere, a partire proprio dalla letteratura greca, con Omero o Apollonio Rodio, fino ai giorni nostri. Il mio suggerimento però è un saggio curato dal celebre storico Fernand Braudel, Il Mediterraneo appunto: una raccolta di contributi di storici, archeologi, antropologi, storici delle religioni, per comporre il mosaico della nostra civiltà.

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Dal Mediterraneo saliamo verso la Mitteleuropa e seguiamo Claudio Magris lungo il corso del Danubio, dalla Germania alla Slovacchia, da Vienna a Budapest, fino in Bulgaria e Transilvania. Danubio (1986) non è semplicemente una raccolta di racconti di viaggio. Tra narrativa, saggio e reportage, Magris dipinge un affresco storico, letterario, culturale e politico, sulle orme di personaggi celebri dell’Europa centrale. Ma lasciamo il Danubio per andare più a nord, solcando un altro fiume, il Tamigi. Tre uomini in barca (per non parlare del cane) (1889) di Jerome K. Jerome è il romanzo umoristico e d’avventura di un viaggio che tre amici e un cane (l’indimenticabile Montmorency) fanno a bordo di una piccola barchetta attraverso la campagna inglese seguendo il corso del Tamigi. In questo classico della letteratura inglese si ride e si viaggia, e si guarda un altro volto della nostra Europa. È la nostra ultima tappa prima di rincasare, disfare le valige e deporre i souvenirs in bella mostra.

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Ritorno (e di nuovo partire)

Ma viaggiare è più che un desiderio: può essere un bisogno, può farsi “malattia”. E la fine di ogni viaggio instilla sempre il desiderio di un successivo. Rimettersi in viaggio, come scrive Terzani, è l’occasione «per riprovare quella gioia unica che solo i drogati di partenze capiscono, quel senso di libertà che prende nell’arrivare in posti dove non si conosce nessuno, di cui si è solo letto nei libri altrui, quell’impareggiabile piacere nel cercare di conoscere in prima persona e di capire».

Giuseppe Rizzi

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