Immaginando un mare di blatte. L’arte di Landolfi e Scòzzari

Flippo Scòzzari ha iniziato la sua carriera nel mondo del fumetto e della narrativa intorno agli anni Settanta, poco prima che Tommaso Landolfi, uno dei vanti della letteratura italiana del Novecento, morisse di enfisema polmonare. Il loro (metaforico) incontro è avvenuto nell’inverno del 1983, quando Scòzzari è entrato casualmente in contatto con una vecchia raccolta delle opere di Landolfi. Forse non fu amore a prima vista, o quantomeno non inaugurò un sodalizio spirituale tra le arti dei due autori, ma Scòzzari rimase comunque stregato da uno dei titoli del volume: Il Mar delle Blatte, tra i più celebri racconti di Landolfi, pubblicato la prima volta nel 1939 insieme ad altre sei storie.

Tra gennaio e aprile ha lavorato alla sua trasposizione in fumetto, per pubblicarla prima in quattro puntate sulla sua rivista Frigidaire, e poi in un volume unico uscito in Francia con il titolo Un Amant pour Lucrezia (1985). Il resto delle vicende che coinvolgono le sue 38 tavole non brilla certo per fortuna: Scòzzari doveva portarle da Roma a Bologna per esporle in una mostra, ma le ha dimenticate sul tetto dell’auto prima di partire. Oggi si presume che quei preziosi fogli abbiano contribuito, nel loro piccolo, a inquinare le acque del Tevere.

Tutto questo fortunatamente Scòzzari ha avuto poi modo di raccontarlo nella prefazione della sua recente pubblicazione integrale, edita dalla Coconico Press (2021). Anche se le tavole originali sono andate perdute, è stato possibile recuperare l’opera scansionando le pagine di Frigidaire e di Un Amant pour Lucrezia, poi adeguatamente ritoccate dall’autore. Nasce così la prima versione cartonata italiana di Il Mar delle Blatte, la fedelissima trasposizione a fumetti del racconto di Landolfi.

Sempre all’interno della sua ricca prefazione, Scòzzari descrive in questi termini l’infatuazione con il racconto originario: «Mi stangò dalle prime righe e non mi mollò più: era stato scritto per me, pensando a me, invocando me. Era mio». Come dargli torto? Non solo Il Mar delle Blatte, ma pressoché l’intera produzione landolfiana —  o quantomeno le opere fantastiche tipiche del “primo” Landolfi — potrebbe sposarsi alla perfezione con la matita di Scòzzari. Attraverso linguaggi artistici differenti, entrambi hanno costruito intorno al surreale, al comico e al grottesco la loro cifra stilistica.

Lo stesso Mar delle blatte è un racconto ai limiti del nonsense: ambientato su un vascello, la storia parla del triangolo amoroso tra l’Alto Variago Roberto Coracaglina, la bella Lucrezia e un vermiciattolo azzurro. Il mare di blatte cui allude il titolo è una distesa di viscidi scarafaggi, potenzialmente letali, che ostacola l’accesso a un’isola «su un mare azzurro, sotto un cielo azzurro», dove è diretta la nave. Nel mentre succedono una serie di divertenti assurdità, impossibili da riassumere senza togliere il piacere della lettura a chi la volesse recuperare.

Tra il racconto di Landolfi e l’interpretazione di Scòzzari le differenze sono minime, tutte relative a quel non-detto della versione originaria che il fumettista ha poi arricchito in fase di trasposizione. A questo si aggiunge l’originalità del comparto grafico, caratterizzato dal tratto deforme e quasi caricaturale che accompagna l’intera produzione di Scòzzari. I colori variopinti ma acidi danno tridimensionalità a personaggi disegnati con capigliature estreme, tratti somatici molto marcati e corpi possenti, sia al maschile sia al femminile. Nel racconto originale, al lettore vengono offerti pochi spunti visivi per immaginarsi le figure umane, ma l’interpretazione eccentrica di Scòzzari ne richiama le stesse atmosfere grottesche, inquietanti e irriverenti. Il risultato è un prodotto che porta la cifra stilistica di entrambi gli autori.

Se si vuole trovare una differenza tra l’approccio di Landolfi e Scòzzari al surreale, questa è probabilmente legata alla raffinatezza del linguaggio. Landolfi tende infatti a usare una lingua elegante, a tratti così articolata da diventare quasi lirica, mentre Scòzzari preferisce un tono più grezzo, talvolta persino volgare. Ne Il Mar delle Blatte, Landolfi ha adottato una lingua più piana e lineare di quella che caratterizza altre sue opere, adatta a essere ripresa parola per parola nella sua trasposizione fumettistica; Scòzzari di contro non ha tradito il suo stile sul piano grafico, per adattarsi però senza nessuna variazione al linguaggio di Landolfi, trovando così il giusto equilibrio tra le due impronte autoriali.  

È proprio questa differenza nei toni e nella raffinatezza della lingua che potrebbe scoraggiare un possibile futuro tentativo di ripetere l’esperimento, nonostante ci siano diversi brevi romanzi o racconti di Landolfi che mettono in scena un immaginario “alla Scòzzari”, eccentrico e spregiudicato. Talvolta infatti l’uso di un linguaggio alto contribuisce a dare forma a narrazioni, anche assurde, fondate sul dialogo, che in forma illustrata rischiano di perdere parte della loro naturale incisività.

Landolfi e Scòzzari hanno anche un diverso modo di introdurre il lettore nei contesti surreali delle loro storie: se il primo spesso cerca di prendere tempo, cominciando da scenari plausibili per poi scivolare lentamente nell’eccesso, Scòzzari preferisce andare dritto al punto, con incipit spietati e disturbanti. In parte questa tendenza è dovuta anche all’estrema brevità dei suoi fumetti, molti dei quali sono stati pubblicati, almeno in un primo momento, su riviste specializzate – è il caso di diverse testate simbolo del fumetto underground italiano, come Cannibale, Il Male e Frigidaire. D’altro canto, anche i suoi esperimenti con la letteratura spesso hanno dato vita a storie molto brevi, caratterizzate da incipit d’impatto e da un linguaggio sporco.

Il Mar delle Blatte sembra quindi ancora una volta trovare il giusto compromesso tra le due attitudini: la narrazione entra infatti quasi subito nel pieno del nonsense senza lasciare tempo e spazio al lettore per trovare dei punti fermi cui aggrapparsi, per proseguire poi attraverso colpi di scena, svolte ed epifanie dalla forte matrice visiva, poco orientate al dialogo. La trasposizione fumettistica non fa che accentuare un dinamismo già presente nella versione letteraria, assecondandone il climax ascendente fino all’apice esplosivo del finale, l’atto della rivelazione. Il comparto grafico permette di creare uno scatto visivo immediato tra il corpo del testo e il suo epilogo, passaggio che sfuma in maniera meno diretta nel racconto di Landolfi. È in questi sottili pertugi lasciati scoperti dal racconto originario che s’inserisce la mano di Scòzzari, imponendo la sua firma.  

Tra le due versioni de Il mar delle Blatte passano circa quarant’anni. Landolfi è ricordato oggi per le sue sperimentazioni con la lingua (quella italiana, ma anche altre di sua invenzione), per l’ironia con cui è stato in grado di trattare argomenti alti come la fede e la scienza, per l’inventiva canzonatoria che traspare da molte sue storie. È interessante pensare che forse, in futuro, Scòzzari potrebbe essere ricordato per gli stessi motivi, nonostante il suo sperimentalismo si giochi su altri toni. Negli anni Settanta e Ottanta è stato uno dei nomi più incisivi nel panorama fumettistico underground italiano, per poi dedicarsi, in tempi più recenti, prevalentemente a opere di narrativa. Chissà che la ripubblicazione del suo capolavoro perduto non sia una piccola spinta per produrre anche qualcosa di nuovo, illustrato con il suo tratto sporco, violento ed eccentrico al punto giusto.

Anja Boato

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