La vita adulta, Andrea Inglese
(Ponte alle Grazie, 2021)
C’è un momento, nella rappresentazione delle cose di cui è composta la nostra vita, in cui le stesse cose che avevamo fra le mani un secondo prima, sono mutate. È difficilissimo, direi impossibile, cogliere l’attimo in cui una cosa cambia fisionomia; mentre è usuale rendersi conto che quello su cui poggiavamo prima è diverso, che “qualcosa è cambiato”. Ciò accade non solo con le cose che popolano le nostre vite, ma anche con le nostre vite stesse. Di questo passaggio – o forse, meglio, di questa consapevolezza evoluzionistica – Andrea Inglese ha provato a dare conto nel suo La vita adulta (Ponte alle Grazie), attraverso la storia parallela di Tommaso e Nina ma soprattutto grazie alla descrizione dell’universo personale di ciascuno dei due.
Da una iniziale costellazione di personaggi che impedisce di cogliere immediatamente il fuoco della narrazione, i due corni del racconto si concentrano su Tommaso e Nina appunto, infine convergendovi. Tommaso ha quarant’anni ed è critico d’arte, abita a Milano con sua moglie Sara e la piccola Camilla. Nonostante la sua vita professionale rimanga sul filo (in Tommaso è presente quell’insofferenza ineliminabile di chi sente sempre di dover stare un passo indietro rispetto agli altri), la coppia acquista una nuova casa a Sesto San Giovanni, in una tranquilla zona residenziale. L’acquisto della nuova casa per Tommaso rappresenta un nuovo punto fermo, la presa di coscienza che la sua vita ha imboccato una via inedita, si è inserita in una nuova regione temporale nella quale i rapporti con gli altri – compresi i suoi storici amici – sono variati. Non è un caso se le rimpatriate che organizzano hanno quell’odore stanco delle cose fuori luogo, oramai passate, improponibili.
Nina invece – di qualche anno più giovane – è un’artista, abita a Berlino e molti anni prima è scappata dalla sua giovinezza milanese che l’aveva mal etichettata e resa più sola di quello che già non fosse. Ha avuto un inizio di carriera importante, grazie al sostegno di un gallerista newyorkese col quale è nata una storia d’amore malata e inconsistente. Ciononostante Nina non è capace di identificarsi se non per sottrazione, per differenza rispetto agli altri. Siccome non sa descriversi chiede agli altri – guardandoli, scrutandone la bellezza e la singolarità – di darle una mano a definire i confini di sé.
Com’è possibile, si dice Nina, guardandosi intorno allibita, che siamo divenuti di colpo tutti così belli? In che maniera il mondo, con tutte le nefandezze che lo attraversano giornalmente, con tutte le tribù di brutti, sporchi e cattivi che lo percorrono, si affratella con questa bellezza sparata in fila, con questa serialità di facce e figure accattivanti, radunate lì intorno a lei, in un vecchio cantiere navale di Amsterdam affacciato sul mare? E lei, come c’è finita dentro un simile popolo?
Questo “farsi definire dagli altri” è però rischioso, perché quello che gli altri ti restituiscono è sempre il frutto di una loro scelta, mai di una tua autodeterminazione. Dentro questa contraddizione Nina naviga a vista nella speranza che arrivi qualcosa a far deflagrare tutto il non-detto, tutto quello che anche nelle sue performance artistiche non riesce a far trasparire per intero.
Tommaso, nel frattempo, è stretto fra quello che non è riuscito ad essere e quello che invece è. Un uomo intelligente che ha procrastinato, ha allungato i termini delle sue consegne, ha pensato che il tempo fosse dalla sua parte. Un po’ per colpa sua, un po’ perché l’incertezza e l’indeterminazione è una costante di chi si percepisce precario sotto tutti i punti di vista.
Come tutti, Tommaso aveva cominciato in giovane età a riempire le sue libreria, discoteca e videoteca di merci culturali sofisticate, convinto a ogni occasione che dopo, che più tardi, che domenica pomeriggio, che durante le vacanze avrebbe trovato il tempo, la tranquillità, la concentrazione per iniziare la lettura del nuovo libro o completare l’ascolto del nuovo disco, ma di fronte alla quantità crescente di letture, ascolti e visioni inevase, si era infine detto che sarebbe venuto un giorno, in cui tutto il tempo mancante della giovinezza e della prima maturità gli sarebbe stato rimesso, e proprio per permettere a lui, consumatore culturale d’eccellenza, di trovare in età avanzata, ma non troppo avanzata, il ritmo giusto per completare tardivamente la sua Bildung.
Inaspettatamente, però, Tommaso viene coinvolto in un progetto che ha lo scopo di far interagire arte e moda, o forse meglio: slancio artistico e mondanità. Per Tommaso è un’occasione che non si può sprecare. Ed infatti non la spreca. L’evento è un successo e questo gli dona un credito per future collaborazioni con Bravermann, il direttore creativo della nuova agenzia dove lavora sua moglie Sara.
La bolla preziosa e fragile che Tommaso si ritrova fra le mani ha bisogno di ossigeno e lui, che da sempre «si preoccupava molto di più di essere amato, che di amare», ha il potere di farla esplodere. In questo momento le vite di Tommaso e Nina si incrociano: il primo coinvolge la seconda in un altro progetto faraonico che potrebbe consacrare entrambi al grande pubblico e, soprattutto, davanti al tribunale privatissimo di sé stessi. Tutto quello che accade dopo, fino all’epilogo, è una diretta conseguenza di quanto i due hanno seminato nel corso degli anni: un misto di paura e incapacità di guardare chiaramente al domani. Per Nina, Tommaso è il «classico intellettuale che passa la vita a leggere, a studiare, a sforzarsi di capire come vanno per davvero le cose»; per Tommaso, Nina è l’emblema di chi fugge da sé e si ritrova sempre a combattere contro gli stessi fantasmi.
La vita adulta è un racconto sul passaggio e sulla debolezza di chi si è trovato perlopiù ad essere scelto, meno nella posizione di poter scegliere. Una storia ricca di personaggi che aiutano il lettore a ritrovare i rivoli dentro i quali si diffonde la vita di Tommaso e di Nina. L’alternarsi dei punti di vista è spesso sottolineato da cambi repentini, secchi. Ciò rende la lettura dinamica e gradevole. I dubbi che Tommaso e Nina si trascinano addosso, però, sono condivisibili, affezioni umane che colpiscono chiunque, nelle quali ci si riconosce, soprattutto se ci si affaccia all’età adulta con un po’ di timore nei confronti del futuro. Questa oggettività è ben calata nel mondo dell’arte e dello spettacolo che Inglese sceglie di prendere in esame, emblema di una certa e riconosciuta fragilità. La precarietà, non solo professionale, ma umana, che Tommaso e Nina incarnano, è amplificata dalle difficoltà che i due hanno nel relazionarsi da pari agli altri attori. Sembra questo il nodo davvero comune fra Tommaso e Nina.
A questa storia di quotidianità complessa, fanno da sfondo i primi anni ’10 del Duemila, Milano e tutto ciò che le ruota intorno (lo sfarzo e la periferia infinita, la retorica e la velocità con cui le cose succedono e si dimenticano), ma anche Berlino, Amsterdam, Parigi e New York. Eppure – senza voler svelare l’onda conclusiva del romanzo – tutte le contraddizioni di Tommaso e pure quelle di Nina, si manifestano apertamente in una casa in campagna dove i due vengono spinti a preparare un nuovo (risolutivo?) progetto artistico. Lì, separati da tutto ciò che li ha sempre definiti, i due si ritrovano a percepirsi diversi, cambiati, cresciuti: è finalmente arrivata la vita adulta.
Saverio Mariani