Sacrifici umani, María Fernanda Ampuero
(gran vía edizioni, 2022– trad. Francesca Lazzarato)
Una delle cose che amo di più dei racconti è che spesso hanno un’intensità maggiore rispetto ai romanzi. Lo scrittore di racconti, forzato dalla brevità della forma, è costretto a catturare subito l’attenzione del lettore, e a tenerla alta per tutta la durata della narrazione. Ogni frase, ogni parola, deve essere precisa, niente può essere lasciato al caso, perché in poche pagine tutto deve funzionare perfettamente. In questo senso, María Fernanda Ampuero – autrice della raccolta di racconti Sacrifici umani, edita da gran vía edizioni – sa benissimo quello che fa: non c’è nulla di superfluo nella sua prosa, ogni storia che compone il libro è un pugno allo stomaco che ti tiene incollato alla pagina dall’inizio alla fine.
I protagonisti di questi dodici racconti sono tutte vittime sacrificali, come lascia ben intendere il titolo. Nella maggior parte dei casi sono le donne a ritrovarsi in situazioni pericolose, come succede per esempio in “Biografia”, che apre la raccolta, dove una donna immigrata e in difficoltà economiche trova nella scrittura una possibile fonte di salvezza. Attraverso un annuncio su un giornale, si offre come scrittrice su commissione, ma quella che sembra essere una via di uscita, si rivela una trappola: a rispondere al suo annuncio – inviandole immediatamente dei soldi – è Alberto, un uomo disturbato che ben presto trascinerà la protagonista in un incubo ad occhi aperti. Questo racconto – uno tra i più intensi, anche a livello di stile –può quasi essere considerato come il manifesto dell’intero libro. Nelle poche pagine che lo compongono emergono tutti i temi che ricorreranno nei racconti a seguire, tra cui soprattutto la violenza ai danni delle donne immigrate («Noi donne disperate siamo carne per il macinato. Noi immigrate, poi, siamo l’osso che si tritura per nutrire gli animali», p.12-13).
Lo stesso argomento ricorre infatti anche in “Lorena”, in cui una donna latina sembra aver trovato il l’uomo dei suoi sogni in un gringo («Somiglia al principe delle fiabe: ha i capelli castani, è bianco, alto, ed è proprio ben messo» p.136) che si trasformerà invece nel suo aguzzino. L’aspetto più inquietante di questi racconti è la normalizzazione della violenza: le vittime stesse sembrano quasi accettare il loro destino, e anzi, sembrano voler sempre mantenere un certo contegno di fronte alle atrocità subite.
«Guardatemi, guardatemi: conservo le mie buone maniere davanti alle fauci spalancate della bestia, cado nell’abisso con grazia da principessa, ingoio il vomito nero per dire, ah ecco, volevo solo avvertire che va tutto bene.» (p. 18)
Ma il focus della raccolta non è unicamente quello della violenza di genere: anche il mondo crudele dell’infanzia e dell’adolescenza è largamente rappresentato. In particolare, i racconti “Credenti” e “Sorellina” mostrano non solo i traumi che gli adulti possono causare ai più piccoli («Sai che rumore fanno i crani dei gattini appena nati sotto lo scarpone di tua nonna? No? Be’, io sì» .39), ma anche le vessazioni che i bambini si infliggono a vicenda.
Per quanto riguarda lo stile, la raccolta ha una certa uniformità che risulta però ben calibrata, tanto che i primi tre racconti potrebbero essere facilmente tre capitoli di uno stesso romanzo. In generale, l’intera raccolta ha qualcosa di ancestrale, che rimanda alle leggende e alle favole macabre che si raccontavano ai bambini. Anche in questo caso, sono le donne a essere il tramite, la voce narrante che si prende l’onere di aprire gli occhi ai più piccoli sulla crudeltà del mondo. Questo aspetto è presente soprattutto in “Fischia”, in cui una madre cerca di consolare sua figlia raccontandogli una storia dai contorni tutt’altro che rassicuranti («La storia sarebbe dovuta finire lì, ma mia madre continuò», p.53)
L’unica eccezione a questa uniformità di stile e di atmosfere è forse il racconto intitolato “Sacrifici”, che è sviluppato sotto forma di dialogo tra due protagonisti e che è pervaso da una certa aurea di surrealismo, che comunque si sposa bene con il resto della raccolta. Si tratta in questo caso di una giovane coppia intrappolata in un parcheggio sotterraneo: la ricerca disperata della propria auto si trasforma in un litigio che lascia intravedere le crepe della coppia, mentre attorno a loro l’ambiente sembra cambiare continuamente, fino a che non emerge dal buio una figura oscura e inquietante non bene identificata. Questa atmosfera sovrannaturale – che ricorda vagamente Cortázar – è presente anche nel racconto “Freak”, che è forse l’unico con un finale positivo. In questa storia, un ragazzino tormentato dai bulli perché “finocchio” decide di salvare un bambino deforme, costretto a fenomeno da baraccone in un circo di paese. Alla fine, i due fuggono gettandosi in mare e, sembra che si trasformino in una creatura marina («Gettarsi in mare. Sentire come nella caduta le gambe si uniscono in una sole e, rapida e violenta, cresce una coda che colpendo l’acqua solleva una schiuma iridescente, così bella da abbagliare» p.146).
Sacrifici umani è una lettura che non si dimentica facilmente, e che fa sicuramente leva su una certa curiosità morbosa che forse tutti abbiamo rispetto. Così, anche se ogni pagina ci fa rabbrividire, non riusciamo a distogliere lo sguardo, e in questo modo siamo costretti a conoscere – e a riflettere – sulle vittime che da sempre offrono la loro vita in sacrificio, a volte in nome di qualcosa di più grande, a volte perché, semplicemente, non possono fare altro.
Francesca Rossi
Immagine in evidenza: Foto di Maria Orlova: https://www.pexels.com/it-it/foto/pianta-verde-su-una-superficie-di-vetro-irregolare-4916276/