Pensiero stupendo: per un’esegesi del tradimento

Pensiero stupendo, Luca Starita
(effequ, 2023)

Anna lo fa gettandosi sotto un treno, Emma ingoia dell’arsenico, Madame de Renal contrae il vaiolo: sembrano tutti destini crudelmente segnati, punizioni divine dettate dal fato, mentre in realtà hanno ben poco di universale e tutto di umano. In letteratura (quantomeno quella del canone occidentale), il tradimento si punisce con la morte. La società deve liberarsi dell’elemento che non si conforma alle aspettative delle monogamia, della nuclearità della famiglia, dell’esclusività dell’affetto, che non sono leggi “naturali”, ma automatismi che hanno un’origine sociale. Infatti, come scrive Luca Starita, l’automatismo è

quell’atteggiamento che rende scontata una serie di comportamenti all’interno della relazione amorosa, tra cui la fedeltà – ovvero l’esclusività –, l’eternità, o ancora l’idea che l’amore possa esistere solo tra due persone, non di più. […] Con il matrimonio vogliamo porre una sorta di timbro di autenticità al nostro rapporto amoroso, imponendoci un limite che potrebbe non esistere.

L’analisi di Starita, di fatto, prende la mosse dalla incomparabile capacità che la letteratura ha di costruire mondi alternativi. Per essere diversi da quello presente, questi mondi non devono per forza avere delle caratteristiche bizzarre: a renderli alternativi basta una lievissima flessione delle norme di comportamento accettate, della morale generale della società, o basta costruire il personaggio giusto che abbia la capacità di leggere la vita come una dimensione solo sua.

Anna Karenina, Emma Bovary e Madame de Renal sono solo le prime tre maschere a cui Starita ricorre per decostruire il senso e l’interpretazione collettiva del tradimento. A ogni tappa del percorso che lo porta a indagare il significato profondo e insieme razionale dell’atto del tradire corrisponde un romanzo diverso, spaziando da Tolstoj a Murakami, da Ferrante a Stendhal: questo perché

la scrittura e la letteratura [sono] gli ambienti più fecondi per ipotizzare, costruire, idealizzare un mondo nuovo: nelle pagine, l’Altro non ha voce, nelle pagine, non esiste nient’altro che l’individualità, il libero arbitrio, la regola personale, la relazione con la propria mente.

Ci sono diversi tipi di amore, e tutti sono stati rappresentati nella letteratura. Il desiderio è un bisogno fisiologico, le affinità elettive ci accomunano alle particelle elementari della materia e sta solo a noi decidere se assecondare le spinte oppure no: il primo inganno non è forse (e non è tanto) quello che operiamo quando spezziamo la monogamia, in qualsiasi forma questo avvenga – le convenzioni sociali sull’esclusività dell’affetto vengono fatte passare per inevitabili, quando in realtà sono anch’esse frutto di una scelta; la prima onestà con se stessƏ, dunque, è ammettere la presenza di desiderio che non sempre si esaurisce nell’esclusività, che necessita di sfogarsi altrove, senza per questo svilire l’affetto preesistente.

Nelle pagine in cui fa riferimento all’Autobiografia di H.G. Wells, Starita scrive che quando l’autore parla del suo libero amore «spicca […] non solo l’onestà nei confronti delle altre persone, ma soprattutto nei confronti di se stesso». E poco dopo, di nuovo, ricorda che «quello che è possibile riscontrare nella storia non solo privata di Wells è la sua dedizione alla possibilità di creare un mondo alternativo, basato anche e soprattutto sull’individualità di avere una mente libera».

Si ricongiungono dunque alcuni importanti punti del discorso di Starita: contemplare la possibilità di un mondo alternativo e mettere in discussione gli automatismi che derivano dalle pressioni della società significa avere una mente libera. Una mente libera lascia fluire i propri pensieri e, soprattutto, i propri desideri: non permette che i desideri che trascendono l’esclusività amorosa restino nell’iperuranio, ma li accoglie nella loro interezza.

Particolarmente interessante è poi il parallelismo che Starita opera tra la cultura queer odierna e quella del “libertinaggio” risalente al Settecento: l’esempio è calzante, e contribuisce a ricordare al lettore che, ancora una volta, non si è sempre fatto così, e c’è sempre stato un piccolo gruppo di persone che agiva secondo un senso critico nei confronti degli automatismi dettati dalla società.

Il tradimento è, effettivamente, un tema che la cultura queer ancora non ha indagato così approfonditamente come altri: esiste certo il discorso sul poliamore (Starita stesso cita il testo di Vasallo) e sulla non monogamia delle relazioni, ma manca forse un corpus di testi più organico sull’atto del tradimento in sé. Starita ha il merito di gettare luce su un lato sociale delle relazioni amorose che è sempre stato considerato problematico di per sé, per la sua stessa natura; tuttavia, dal saggio di Starita non riceviamo un vero chiarimento sulla natura del tradimento, quanto più delle indicazioni precise su quali siano le domande che ci si deve porre.

A lungo ci si è interrogatƏ (e ancora oggi ci si interroga) su quali siano le caratteristiche di una relazione “sana”, su quali siano i comportamenti corretti da assumere verso lƏ partner, e via dicendo – ma non ci si è mai resƏ conto che anche i presupposti a monte, da sempre considerati inviolabili, andrebbero messi in discussione.

Per Starita, dunque, non ha più senso che i bisogni che in una relazione unica e monogama non vengono soddisfatti restino, appunto, solo pensieri stupendi. La sua analisi, tuttavia, rimane paradossalmente molto confinata al mondo delle idee, finendo per propendere maggiormente verso il lato letterario che verso quello pratico. Anche così, però, gli spunti offerti sono estremamente lucidi, anche perché rispondono alla funzione fondamentale che ogni saggio sulla società dovrebbe avere: sollevano dubbi. Ed è proprio dai dubbi che poi scaturiscono le riflessioni.

Emma Cori

Lascia un commento