Donne che diventano piante: “La foresta trabocca”

La foresta trabocca, di Ayase Maru
(add editore, 2023 – trad. Asuka Ozumi)

Nel primo saggio contenuto nella raccolta Narrazioni dell’estinzione (add editore), Elvia Wilk analizza alcuni racconti scritti da autrici accomunati dal tema della donna pianta. Partendo da Morte per paesaggio di Margaret Atwood, Elvia Wilk osserva l’uso di questa idea di metamorfosi in vegetale usata per allargare la psicologia dei personaggi femminili oltre le maglie del corpo e lavorare sull’identità sotto nuove forme contaminate e post-umane. Come afferma la stessa Wilk in una intervista per Rivista Studio, riferendosi alle donne-pianta:

Il loro non è un atto di passività, di rimozione di sé o di morte, bensì una rivendicazione attiva della vita, solo in una forma diversa che sfida le distinzioni di specie.

In questo canone si colloca anche La foresta trabocca, romanzo di Maru Ayase, edito sempre da add con la traduzione dal giapponese di Asuka Ozumi.

Rui Nowatari è la moglie dello scrittore Tetsuya, diventato famoso anni prima grazie a un romanzo in cui narrava la storia d’amore con lei, descritta negli aspetti più intimi e privati. Stufa di essere ridotta a mera ispirazione artistica per il marito, Rui si ribella divorando una ciotola di semi, i quali germogliano sul suo corpo e la trasformano in una foresta che dalla camera da letto inizierà a invadere le vie attigue alla casa. L’elemento perturbante viene però velocemente assorbito, lasciando spazio al vero fulcro tematico del romanzo: l’immagine della donna e la sua rappresentazione.

La rivolta coniugale di Rui avviene perché si sente ignorata e non rispettata da Tetsuya, ma soprattutto  perché tutti i personaggi di La foresta trabocca osservano la Rui reale solo attraverso la Rui descritta dal marito. Anch’essa però, come la foresta di Ayase, non è altro che una invenzione narrativa. Ognuno dei protagonisti del romanzo sarà coinvolto da questa doppia creazione, tutti loro verranno spinti a mettere in dubbio le convinzioni su chi sono (i personaggi femminili) e sul ruolo delle donne nella coppia (gli uomini).

Sekiguchi, l’editor di Tetsuya e protagonista del primo capitolo, ad esempio, si ritrova a coltivare e annaffiare Rui in al posto del marito. Pur ritenendosi coinvolto in un gioco malato tra i due coniugi, Sekiguchi non saprà parlarne con la propria moglie, Akiko, perché non riesce a vederla oltre il suo ruolo di tutrice dei figli.

Poteva confidarle di aver lasciato che una persona morisse, anzi di averla aiutata a morire, anche se era la moglie di un altro, per il bene di un romanzo? Solo chi si fosse trovato nella sua stessa situazione avrebbe potuto capire ed essere solidale. Akiko lo avrebbe guardato come si guarda un insetto di cui avere paura, terrore, orrore.

Yuko, invece, è una casalinga che accetta di buon grado la sua posizione sociale in quanto è sempre stata educata a cercare la stabilità. Poi conosce in un corso di scrittura Tetsuya, e per lui accantona i ruoli di moglie e madre per indossare i panni dell’amante. La passione la rende libera e sconsiderata, ma è un’altra gabbia; il suo ruolo diventa quello di assecondare ogni strana fantasia erotica dello scrittore e diventarne una nuova, momentanea, musa.

Attraverso una scrittura semplice, ben ritmata e ricca di riflessioni e domande, Maru Ayase analizza i ruoli di marito e moglie così come vengono imposte da tradizioni e consuetudini sociali. Con il terzo capitolo, La foresta trabocca allarga il discorso al rapporto dei personaggi non più con lo scrittore ma con la sua creazione artistica: in particolare il conflitto tra ciò che una donna è e il modo in cui viene raccontata. A esplorare questa dicotomia è Kanon, la nuova editor di Tetsuya, ritornato al successo degli esordi grazie a un racconto su una donna diventata foresta. Oltre a declinare liberamente il myse en abyme, Ayase ironizza sulla figura dello scrittore, visto come parassita delle vite degli altri, e prende di mira i meccanismi consolidati dei lettori di cercare un’adesione tra persona e personaggio.

Se i ruoli dei coniugi Nowatari fossero stati invertiti, se a scrivere fosse stata la moglie e quello a essere rappresentato il marito, probabilmente il suo giudizio sarebbe stato più deciso: «Possibile che quest’uomo non abbia niente da ridire nel vedersi ritratto così?» Invece, nei confronti della moglie di Nowatari, a guidarla era stato il pregiudizio che lei fosse una donna, senza la minima ombra di malizia, e non si era posta troppe domande.

La foresta, da elemento influente ma sullo sfondo, ritorna in primo piano nel finale del romanzo, facendo esplodere tutte le suggestioni seminate in precedenza con colori e deliri new weird. Lo fa diventando il luogo in cui si affrontano Rui e Tetsuya, costretti in una terapia d’urto di coppia che scava nel passato e nei bisogni di entrambi. La foresta assume forme inconsuete, permette viaggi nella memoria, diventa uno spazio esterno alla realtà, al di fuori delle strutture sociali e delle leggi del mondo ordinario, in cui i corpi mutano per liberarsi delle gabbie di genere e permettere un confronto tra i coniugi Nowatari. Solo in un mondo fuori dalla realtà, come sembra suggerirci con tocco satirico l’autrice, un marito e una moglie giapponesi potrebbero parlarsi a cuore aperto.

Come un bosco che si articola in diverse specie vegetali, La foresta trabocca è un romanzo profondo e al tempo stesso fantasioso, a più tonalità di verde. Confermando le suggestioni del saggio di Elvia Wilk, la donna pianta di Maru Ayase si fa metafora di un ritorno alla vita e di libertà dalle etichette sociali. Al tempo stesso, La foresta trabocca aggiunge un’articolata riflessione sul senso della scrittura e sul concetto di ispirazione, che nel finale smette di essere un atto di prosciugamento, dalla mentalità maschilista, ma la risposta a una metamorfosi dell’animo.

Stiven Zaka Cobani

In copertina: foto di Sebastian Unrau su Unsplash

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